Trump e Hillary sbancano il supermartedì

Donald Trump e Hillary Clinton hanno sbancato il supermartedì (“Supertuesday”) delle primarie Usa che hanno chiamato al voto ben 15 Stati (11 per entrambi i partiti, 2 + 2 soltanto per ciascuno dei due). Alle urne, tra gli altri, i 'colossi' Texas, Massachusetts e Georgia, E' vero, ne mancano ancora molti, tra cui i giganteschi New York e California, ma ormai non ci sono più dubbi: loro hanno preso decisamente il largo e quindi saranno loro a presentarsi alle Convenzioni dei due partiti (quella repubblicana dal 18 al 21 luglio a Cleveland e la democratica dal 25 al 28 dello stesso mese).
Sarà l'ultimo atto della lunga corsa prima della sfida diretta per la successione (primo martedì di novembre) a Barack Obama, il cui trasloco dalla Casa Bianca avverrà il 10 gennaio 2017.
Nel 'Supermarted'' quasi 'cappotto' per Trump, la cui corsa non trova ostacoli. Ha infatti lasciato soltanto 2 Stati all'unico rivale rimasto in lizza, Ted Cruz, 'delfino' di Jeb, di cui ha raccolto l'eredità dopo il suo ritiro e infatti ha vinto nel 'feudo' dei Bush. Ormai fuorigioco il moderato Marco Rubio. Meno netta, comunque decisiva, con soli 4 Stati lasciati al rivale socialista Bernie Sanders, la vittoria di Hillary Clinton.
Il magnate delle 'gaffes' e la donna che insegue i primati (prima donna alla Casa Bianca come Obama è stato il primo di colore, prima ex First Lady e ministro degli Esteri). Nuova conferma che negli Usa vincono le 'dinasty': dai Kennedy del Massachusetts ai texani Bush e ora i Clinton dell'Arkansas.
Anche quest'ultima chiamata alle urne ha confermato quanto era già emerso: Trunp è inarrestabile nonostante le ripetute 'gaffes': l'ultima è stata quella di evocare una frase famosa di Mussolini, rivendicandola con orgoglio.
Non l'hanno fermato neppure le parole di Obama (“E' un pericolo per l'America e il mondo”) e la prima, chiassosa, contestazione pubblica che lui ha con disprezzo ha attribuito a profughi messicani.
Sul fronte opposto, Hillary è riuscita a staccare il rivale Bernie Sanders che la insidiava da sinistra: decisivo l'appoggio avuto dagli afro-americani che rappresentano il 12% dell'elettorato degli States. In più due 'aiutini' determinanti.
Il primo è stato l'appoggio del marito Bill, sceso in campo a sostenerla. Lui, nonostante i lontani chi del 'caso Lewinski, è ancora molto popolare negli Usa e la sua presidenza è giudicata assai migliore di quella di Obama.
Il secondo è stato ancor più decisivo: nel partito democratico (e Barack si è ben guardato dal cambiare…) ben il 15% dei 'superdelegati' è sottratto al voto popolare, ma attribuito all'apparato del partito, schierato 'in toto' a favore della Clinton. E questo ha affondato Sanders.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it