Siria, Eritrea, Afghanistan, Sudan …Da dove fuggono i migranti e richiedenti asilo

In queste ultime settimane la questione dei profughi, giunti a migliaia in Europa attraverso le rotte balcaniche, ha riscaldato gli animi e i cuori della politica e ha esasperato quanti vedono nella migrazione un’invasione da parte degli stranieri. Negli ultimi due anni la questione è stata sottovalutata e lasciata sulle spalle dei paesi con le frontiere verso sud: sono state 280.000 le persone illegalmente entrate nell'Unione europea nel 2014, ed oltre 365.000 sono quelle che hanno fatto lo stesso percorso nei primi otto mesi di questo 2015. L’aumento esponenziale della cifra è dovuto principalmente alla guerra in corso in Siria.

Nel 2014 i siriani rappresentavano infatti il 27,9% delle persone in entrata (79.000), seguiti da eritrei (34.500 persone ossia il 12,2%), afghani e kosovari (22.000 a testa, 7,8%). L'anno scorso quasi la metà dei migranti proveniva da tre paesi: Siria, Eritrea ed Afghanistan, tutti e tre in guerra o sotto feroce dittatura. Nel 2015, a fine agosto, i siriani sono il 30,9% degli arrivi "illegali" (87.500), seguiti di nuovo da afghani (39.000 persone, 13,8%), kosovari ed eritrei (24.000 per ciascuna nazionalità pari all’8,5%).

Ma perché fuggono queste persone ? Per comprendere meglio le ragioni di queste persone che chiedono protezione e asilo, rivediamo la situazione nei principali paesi di origine.

Siria, la guerra totale

Attualmente c'è una terribile guerra civile che è iniziata nel 2011, dopochè le manifestazioni contro uno stato di emergenza (in vigore dal 1963) non più sopportabile dalla stragrande maggioranza della popolazione, erano state sanguinosamente represse dall'esercito di Bashar al-Assad. Oggi il conflitto è diventato "plurale": in Siria ci sono varie lotte che rendono la situazione complessa. L'esercito regolare siriano, a volte sostenuto dai libanesi Hezbollah, combatte i i ribelli. Questi ultimi, divisi in varie fazioni, combattono tra di loro (la Free Syrian Army, legata al Consiglio nazionale siriano, i jihadisti dello stato islamico o Al-Nosra, fronte legato ad Al Qaeda), poi ci sono scontri tra i curdi e lo stato islamico etc. etc.

La guerra, che inizialmente risparmiava aree come quella della capitale Damasco, è ora completa: ha causato la morte di oltre 240.000 persone con quasi 12 milioni di persone sfollate. Il paese, dove ormai nessuna attività normale funziona, si trova in una situazione umanitaria ed economica terribile e sempre più sono quelli che, dopo quattro anni di guerra, decidono di lasciare il territorio. La situazione è così grave che l'agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR) concede adesso automaticamente lo status di "rifugiato" a chiunque sia in fuga dalla Siria a prescindere dalla sua etnia, religione e opinione politica.

Il regime totalitario dell'Eritrea

La situazione in essere in Eritrea è la meno conosciuta. Questo non è solo un paese in via di sviluppo dove la gente del posto potrebbe "semplicemente” cercare una vita migliore: il Pil eritreo si classifica 168° su 220 paesi. L'Eritrea è soprattutto la peggiore dittatura del continente africano, con un regime totalitario che ha sviluppato una sorveglianza di massa e la sistematica repressione di tutte le eventuali contestazioni al potere. Non a caso è considerata la Corea del Nord africana, guidata da un ex-eroe della guerra di indipendenza contro l’Etiopia (1993). Le migliaia di eritrei che riescono a fuggire dal paese devono affrontare molti pericoli a partire dalla polizia che ha come ordine sia quello di “sparare per uccidere” chiunque tenti di varcare il confine sia quello di punire severamente le famiglie di coloro che hanno questo coraggio.

Afghanistan, una guerra civile senza fine

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, dopochè la maggior parte delle forze NATO hanno definitivamente lasciato il territorio (nel 2013 le truppe da combattimento francesi, alla fine del 2014 inglesi e statunitensi), il paese non è ora più sicuro. Al contrario. Gli scontri tra gruppi ribelli e l'esercito si sono intensificati e moltiplicati, provocando un aumento significativo del numero di vittime civili. Nel primo semestre del 2015, "l'aumento del numero di donne e bambini uccisi è particolarmente allarmante", ha detto Danielle Bell, direttore dei Diritti Umani della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA). Quest'incremento della violenza è probabilmente la causa della ripresa della migrazione afghana verso l’Europa. Nel 2014 erano, secondo i dati di Frontex, 22.132 gli afghani in fuga contro i 9.949 dell'anno precedente.

In Irak un'altra guerra interminabile

Come in Afghanistan, la partenza degli americani non ha creato quella calma sperata e ricercata dalla popolazione. Il Paese è afflitto da una sanguinosa guerra civile tra sunniti e sciiti sull'orlo di una "catastrofe umanitaria" (secondo l'UNICEF), divisa adesso in due parti dopo la rapida avanzata dello stato islamico dalla metà del 2014. Il gruppo jihadista ha preso il controllo di numerosi punti strategici: pozzi di petrolio, dighe e anche Mosul, la seconda città più grande del paese. Dopo una pausa nel bombardamento della coalizione internazionale, lo Stato islamico ha riacquistato vigore avanzando ulteriormente nel territorio iracheno in direzione di Baghdad, introducendo nelle zone controllate la sharia. Nel 2014 sono morte più di 15.000 persone, il doppio del 2013 (erano state 6.500).

Libia: un paese frantumato

Se la rivoluzione libica del 2011, sostenuta da attacchi aerei internazionali, ha aiutato a far cadere uno dei peggiori dittatori dell'Africa, Muammar Gheddafi, ha però creato un immerso caos che non vede fine. Il territorio è ora diviso tra le varie fazioni, tra cui due governi che si fronteggiano. Da un lato, il Congresso Nazionale Generale (CGN), eletto nelle prime elezioni democratiche del paese nel luglio 2012 e dominato dagli islamisti. Dall'altra parte, la Camera dei Rappresentanti, che avrebbe dovuto sostituire il CGN dopo le elezioni parlamentari del giugno 2014, di cui gli islamisti hanno sfidato la legittimità, rafforzati dalla decisione della Corte Suprema che ha annullato le stesse elezioni del mese giugno.

Questa discordia ha portato ad alimentare i conflitti armati. La capitale, Tripoli, è caduta in mano alle milizie islamiche armate l'anno scorso, costringendo così la Camera dei Rappresentanti, riconosciuta dalla comunità internazionale, a spostarsi verso est (in esilio) in quel di Tobruk. I negoziati sono ancora in corso per trovare un accordo di pace. A questo si aggiungono ora l'influenza dello Stato islamico, che si oppone agli islamisti di CGN, e le mafie e altri numerosi tipi di traffico presenti nel paese ...Questa instabilità ha consentito oggi di fare della Libia una vera e propria 'porta girevole' dell’immigrazione africana verso l’Europa.

Lo stato di povertà e corruzione del Kosovo

La Francia ha da poco inserito il Kosovo tra i Paesi che possono richiedere asilo per i propri cittadini, dopo aver constatato che “l’instabilità del contesto politico e sociale del paese e la violenza che colpisce le categorie vulnerabili della popolazione, allo stato attuale non consente di trovare nelle autorità pubbliche la protezione sufficiente". Dopo un periodo di calma, dal Kosovo l’esodo è ripreso: nei primi tre mesi del 2015 si stima che 130.000 persone (su una popolazione di circa 1,7 milioni di persone), abbiano lasciato il paese, quasi l'8% della popolazione. Il piccolo stato balcanico, indipendente dalla Serbia dal 2008 (dopo una guerra che ha ucciso più di 13.000 persone), è afflitto da fenomeni di corruzione a cui non è sfuggita nemmeno la missione dell’Ue detta EULEX, che dovrebbe aiutare a costruire lo stato di diritto. Disoccupazione (che colpisce il 30% della popolazione attiva) e povertà (il 30% dei residenti vive al di sotto della soglia di povertà - secondo la Banca Mondiale) completano l'opera, spingendo migliaia di persone sulle strade.

Dittatura e guerriglia nella Repubblica Democratica del Congo

I congolesi sono stati i primi tra i richiedenti asilo, nel 2014, in Francia. Il '"Congo-Kinshasa" è regolarmente teatro di massacri, in particolare nella regione del Nord Kivu, nella parte orientale - una zona dove i paesi occidentali "sconsigliano vivamente" ai propri cittadini di mettere piede. L'accordo di pace raggiunto tra il governo e i guerriglieri del Movimento 23 marzo (M23) a fine 2013, ha portato ad una tregua e, quindi, ad una diminuzione del numero di richiedenti asilo nella regione. I combattimenti però continuano, in particolare con le Forze Alleate Democratiche (ADF) ugandesi ribelli e musulmane. Il paese è guidato dal 2001 da Joseph Kabila, di cui le ONG, che si pongono a difesa dei diritti umani, denunciano regolarmente gli attacchi alle libertà fondamentali dei cittadini.

Queste sono alcune delle aree più problematiche quanto a gravi instabilità che, se non verranno in qualche modo risolte, favoriranno ulteriormente gli esodi verso l’Europa. Nel recente rapporto della Caritas italiana (“Cibo di guerra”) si evidenzia come il numero dei conflitti nel mondo sia aumentato del 9%, da 388 a 424: in mancanza di interventi di pace da parte della comunità internazionale e dell'Ue, che potrebbero esercitare ruoli chiave per la risoluzione di alcuni conflitti, non potranno che aumentare le sofferenze, e con esse i costanti flussi migratori verso zone del mondo che, anche se ancora in crisi economica, godono comunque di una situazione di pace e stabilità.