Gli scranni di Scelta civica diventano renziani

fabio folisiMorto definitivamente o in procinto di risorgere il patto del Nazzareno prosegue nei suoi effetti. Non solo la situazione di caos interno a Forza Italia che non trova pace ed equilibrio con la sua dirigenza tormentata da una crisi che se fosse un partito normale lo avrebbe portato già da tempo all'eutanasia. La vera novità è invece l'aria di mercato che si si respira oramai in maniera palapabile al Senato. Il post patto del Nazzareno per diventare pietra tombale definitiva necessita che la maggioranza renziana trovi nuovi numeri a Palazzo madama in sostituzione all'appoggio del cavaliere. Ed ecco arrivare l'improvvisa ma non del tutto disattesa adesione di Scelta Civica al Pd. Per alcuni, come figliol prodigo, è in realtà un ritorno alla casa del padre ( Renzi ndr) per altri è il naturale approdo ad una poltrona più sicura rispetto a quella procurata a suo tempo dall'ormai esausto movimento fondato da Mario Monti. Già Mario Monti che oggi non trova neppure un gruppo consiliare che lo accolga volentieri, un Mario Monti che resterà famoso nella storia italica grazie o meglio per colpa del suo ministro Fornero e che ora si è esodato da solo con il rimpianto di aver buttato alle ortiche una facile elezioni a Presidente della repubblica. Ed invece preferì la discesa nell'agorà dei partiti, “discesa” non salita come aveva teorizzato all'indomani della sua nomina a premier nell'ormai politicamnte lontanissimo 2011. Insomma pensando di aver fatto bene come premier, inebriato dall'idea di aver salvato il Paese dal baratro, non si è reso conto che dopo il governo Berlusconi e le vicende dello “spred”, chiunque agli occhi della gente era meglio. Ora il partito dei montiani, si è a suo volta esodato. Ma contrariamente ai poveri “non” pensionati che ha prodotto la politica del suo leader, i senatori e deputati che hanno fatto il cambio di casacca rimangono ben stretti alle loro poltrone di raso rosso e alle corpose prebende che le accompagnano. Così, cinque senatori, due deputati e un viceministro di Scelta civica sono passati ieri il Partito democratico. Tutti tranne il sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova e lo stesso Mario Monti, che invece voci di stampa dicono aver provato a unirsi al Gruppo per le autonomie (dove è entrato l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) ma contrariamente a questi è stato respinto. Arruolati nelle schiere renziane dove diventeranno certamente dei fedeli pasdaran sono il ministro dell’Istruzione e senatrice Stefania Giannini, il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda, i senatori Pietro Ichino, Linda Lanzilllotta, Gianluca Susta e il friulano Alessandro Maran, le deputate Ilaria Borletti Buitoni e Irene Tinagli. “E’ il momento dell’aggregazione di tutti i riformisti”, ha commentato la Giannini. “Il grande progetto di Monti ha avuto un grande senso, ora ha esaurito la sua funzione”. Il gruppo di parlamentari va così a rafforzare il governo a Palazzo Madama. Matteo Renzi nell’ultima puntata di Porta a Porta aveva commentato ironicamente il potere di veto dei piccoli partiti: “Se c’è da chiarirsi”, aveva detto, “ci si chiude in una stanza, ma con gli italiani si parla di cose concrete non della corrente interna a Pd, Ncd o Scelta civica, se esiste ancora“. Profeta o informato sui fatti? Così oggi il segretario Pd ringrazia per le nuove adesioni. Di certo potranno essergli utili in vista delle prossime votazioni in programma a Palazzo Madama: “Ho molto apprezzato”, ha detto il premier nella sua veste di segretario democratico Matteo Renzi, “il contributo leale arrivato dai senatori di Scelta civica sia sul cammino delle riforme istituzionali ed economiche sia in occasione della elezione del capo dello Stato. La condivisione può individuare un approdo comune e un comune cammino per il cambiamento dell’Italia”. Ma non tutti in quello che resta di Scelta civica sono contenti, qualcuno “resiste” anche se sembra farne solo una questione di metodo: “Renzi dovrebbe scusarsi”, ha detto il deputato Enrico Zanetti che non ha ancora deciso il salto nel Pd, “faremo il nostro congresso e se magari Renzi fa un salto riesce pure a spiegarci di quali approdi comuni parla e scusarsi con i nostri parlamentari. Trovarsi dentro ad un Pd guidato in questo modo deve essere difficile, entrarci su chiamata, demenziale. Poi ognuno faccia quel che crede”.