Figli della noia divina

KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERAChi è ottimista è considerato cretino o ingenuo; chi è fiducioso, un bigotto. Ma detto tra noi: chi ha più ragione? Il pastore errante dell'Asia, o l'uomo vittoriano?
La misura del fallimento e del dolore, nel piano del tempo, supera il successo e la gioia? E se la maggior parte degli uomini fosse incline all'ottimismo, il progresso sarebbe meno disastroso? O il disastro è iniziato proprio per un eccesso di fiducia nel progresso? E perché il progresso a cui tendiamo è viatico di una cultura che ci porta irrimediabilmente alla noia, all'angoscia per la scoperta vacuità della vita e il conseguente dolore?
Insomma, senza voler essere pessimisti, è inevitabile sospettare che l'uomo sia predestinato a invalidare la sua esistenza.
L'uomo sembra davvero l'essere vivente più infelice, e forse proprio perché è consapevole della sua infelicità; Maledetta coscienza! Che sia forse una patologia? Una malformazione genetica? E se così fosse, perché secondo le leggi darwiniane non ci siamo istinti prima?
Ma questi sono questi che Tolstoj avrebbe chiamato “i maledetti problemi”.
E così, rassegnato a non avere risposte, afflitto dal tedio della vita, da una totale insoddisfazione, l'uomo vive in un mondo scolorito, meschino e insignificante per il suo interiore bisogno di assoluto e d'infinito.
E così nasce la metafora tipo dell'esistenza, la più ricorrente in ogni letteratura e cultura, dove “la vita umana è una corsa affannosa verso la morte e verso il nulla”.
Gli aspetti più drammatici di questa condizione, hanno trovato in Charles Baudelaire un mirabile cantore.
Così la noia, l'angoscia, la rassegnazione, assumono nel poeta francese un'intonazione di desolata disperazione, che in forme metaforiche e simboliche traspare nella natura stessa, chiusa, opprimente, uggiosa.

Munch. Melanconia

Munch. Melanconia

Lo stato d'animo attediato, tipicamente romantico si esaspera nello spleen, in un gusto introspettivo che affonda il suo sottile scandaglio fino nelle zone più inconsce e limacciose della psiche. Insomma, in uno stato di depressione cupa, angosciosa, dal quale è impossibile sfuggire.
Ma la melanconia ha tradizione millenaria, è nata con l'uomo e attraversa la storia, l'arte, l'etica e le religioni.
In “Nati sotto saturno”, ad esempio, Rudolf e Margot Wittkower approfondirono il nesso tra la melanconia e il Genio, erede di quella “bile nera” che sola può portare l'uomo a dare i suoi massimi frutti creativi.
«Perché - si interrogava Aristotele - gli uomini che si sono distinti nella filosofia, nella vita pubblica, nella poesia e nelle arti sono melanconici, e alcuni al punto da soffrire dei morbi che vengono dalla bile nera?».
L'Umanesimo stesso nasce saturnino (da Saturno, l’architetto del mondo), basta ripensare a Michelangelo e Dürer. «Kant  - come ci insegna Pietro Citati in "Melanconia, il vero carcere dell'anima" - aggiunge che soltanto la melanconia è sublime. Spesso, si tratta di una condizione terribile. Mentre gli altri uomini sono protetti da una specie di equilibrio, il melanconico conosce ogni istante l’ alternanza, la contraddizione, la dismisura, lo squilibrio, la rottura, l’eccesso: dolore interminabile, sovrumana felicità, disperato gelo, totale tenebra, totale luce».

E che dire della "Selva oscura" in cui Dante si ritrovò? 1Nelmezzo

Ma citare tutti i poeti, pittori e filosofi contagiati da questo morbo è impresa giurassica, tutti i loro nomi appaiono nelle pinacoteche, nei musei e nelle biblioteche del mondo. Insomma, la depressione, così devastante sul piano psichico, per gli uomini particolarmente intelligenti si trasforma in stimolo per la creazione e per il pensiero illuminato. Anzi, sembra la depressione stessa portare all'intelligenza e alla comprensione di verità nascoste.
E visto che le religioni ci insegnano a interpretare i segni, riconoscendo le verità dentro di noi, a questo punto è inevitabile domandarsi se l'uomo fu creato da Dio, a sua immagine e somiglianza, in un momento di devastante spleen divino.
Perché se così fosse, rassegnamoci a questo viaggio come pastori erranti, ma senza più il tormento di svelare il Mistero.

Clemente Tafuri. Melanconia

Clemente Tafuri. Melanconia