E’ così che si fa, di necessità virtù

Immagine dall'Huffington Post

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Ascoltando i commenti da bar, inevitabile cogliere critiche lanciate da destra e da manca nei confronti della Germania. Motivo? L’accoglienza esemplare dei profughi, naturalmente, azione umanitaria che sembrava organizzata a tavolino, come fosse un Expo. Militari sorridenti e buoni, vecchie signore commosse e pronte a dare ospitalità in mezzo alla loro argenteria, e una colonna sonora perfetta, l’inno dell’Europa, l’Inno alla Gioia di Beethoven, per dare voce all’anima libertaria, pacifica e solidale della Comunità.
Insomma: una festa così, come quella di ieri a Monaco, non l’avevamo mai vista in Germania da quando crollò il famigerato muro. E sembrava addirittura di rivedere i cortei della nostra Liberazione, soltanto che al posto delle sigarette e delle calze di nylon, venivano distribuiti peluche, zainetti e quaderni ai bambini. Sì è vero che tutto è sembrato fin troppo esemplare. E che le critiche nei bar oggi si orientano contro una Germania che, per sua triste vocazione, desidera l’egemonia su tutto. Anche sulla morale. Ed è vero che tutto è forse accaduto ob torto collo. Ma sapete una cosa? Chi se ne frega! Per come la penso io, ci sono problemi così gravi e urgenti, che il fine giustifica i mezzi. E un inizio, sebbene zoppicante, è pur sempre un inizio.
Ben venga, allora, che la Germania voglia recuperare credibilità in Europa e nel mondo, dando per prima esempio di virtù e lotta contro la xenofobia, o che la “Cancelliera” voglia salvare, ad ogni costo, la faccia (specie dopo la figuraccia con la bimba in lacrime); ben venga sul serio se aiuta a salvare migliaia di vite umane, dando futuro a centinaia di bambini. merkel-bambina-palestinese-1030x615
Preferisco chi salva una vita pur non avendo un cuore puro, a chi professa come un pastore, ma non muove un dito.
Sarò sincera: leggendo le cronache di ieri mi sono commossa. Per un attimo ho avuto la sensazione che qualcosa stia davvero cambiando, in bene. Spero con tutto il cuore che il 5 settembre del 2015, possa un giorno essere ricordato come la grande e simbolica apertura dell’Europa ai popoli in cerca di salvezza. E che non resti un sogno. Un'azione fine a sè stessa.
Guardando le immagini sui giornali che hanno immortalato l’accoglienza a Monaco, mi sono domandata dove fossero nascosti, fino all’altro giorno, tutti quei tedeschi festanti e prosperi di abbracci nei confronti dei nuovi arrivati. “Benvenuti amici europei!” salutavano, sottolineando che, al di là della burocrazia, nel loro cuore i “fratelli” in fuga erano già europei a buon diritto. Diritti umani, infatti.
Davvero: dov’era fino all’altro giorno tutta questa brava gente?
La risposta è semplice: è sempre stata lì, indignata giorno per giorno dalle atrocità lette sui giornali. E’ sempre stata lì, pronta a dare il suo aiuto, pronta a dire basta alla follia del rifiuto. Soltanto che non faceva notizia. O darle voce non era “conveniente”.
E quella gente, a mio avviso, è ovunque. Anche qui in Italia. E’ la grande massa di persone che, per fortuna, al contrario di quanto ha scritto il premio Pulitzer, Nicholas Kristof (figlio di un rifugiato in fuga dalla Romania, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale) possiede ancora una forte “memoria empatica”; ricordando non soltanto un passato di emigrazione, ma anche di emarginazione. Sono i figli e i nipoti di coloro che, bene o male, sono riusciti a trasmettere quei valori che hanno reso possibile la Resistenza.
E allora la cosa che adesso mi aspetto, è di vedere saltar fuori dal cilindro magico delle redazioni, tutta questa brava gente che, di sicuro, vuole dire la sua. Vuole esserci, vuole aiutare e dare un disegno al futuro. Basta con le notizie sugli orrori, che certamente sono servite a scuotere le coscienze, ma è ora di passare alla fase successiva: dare il buon esempio. Dare voce alla parte migliore della società. L’opinione pubblica ha la forza di cento tsunami. La voce del popolo si può anche ammutolire con violenza, o censurare con furbizia, ma basta che si sollevi una volta soltanto, e niente più sarà come prima.
E’ tempo di dare fiducia agli europei, alla gente comune che sa cosa vuol dire farsi un mazzo. Che magari protesta e s’incazza, ma che davanti a una vita umana non si tira certo indietro. Basta amplificare la voce della minoranza maledettamente xenofoba, sterile per sua natura, uguale a sé stessa da millenni. D’ora in avanti vogliamo leggere di opere di bene, di accoglienza di profughi nelle case, di lavori assegnati, di Paesi Europei che, sulla scia della Germania, aprono le porte e organizzano identiche accoglienze. Vogliamo leggere di azioni violente in esigua minoranza rispetto a quelle solidali. Vogliamo andare avanti.
Insomma, chissenefrega se la Germania vuole la sua egemonia morale sull’Europa; ieri mi ha ridato fiducia, mi ha fatto credere che forse il cambiamento è ancora possibile e che non tutto è perduto. E che anche la rivoluzione culturale necessaria sia ancora possibile.
Sì perché le azioni buone, a differenza di quelle cattive, hanno il potere di trascinare le masse. Un po’ come l’Inno alla Gioia.