Se l’uomo soffoca nella fede

creazione-di-adamo-giudizio-universale-1Per essere salvi è necessario recuperare i valori laici e universali dell'uomo, il messaggio nel libro del Dalai Lama molto più rivoluzionario di quanto sembri. E Papa Francesco sembra condividerlo.

“Dobbiamo riconoscere due cose. - spiega il Dalai Lama nel suo libro, edito nel 2012, “la felicità al di là della religione” - La prima è che la religione non è l'unico modo per seguire una vita spirituale. Ci sono modi per vivere la vita piena e soddisfacente che tutti desiderano, senza essere credenti. La seconda è che per costruire un mondo ricco di armonia e di pace abbiamo bisogna di qualcosa di più della tolleranza e della comprensione tra religioni. Abbiamo bisogno anche di tolleranza e reciproca comprensione fra credenti e non credenti. Sono convinto che la strada più promettente conduca a un sistema di etica laica radicata in una profonda rivalutazione della nostra comune umanità”.
La portata di ciò che scrisse il monaco buddhista, passato pressoché in sordina, nella sua apparente “semplicità” è straordinaria. Di più, ha in sé il seme della rivoluzione culturale.
In sintesi, il Dalai Lama, in questi tempi che con toni apocalittici potremmo considerare alla “fine della storia”, insiste sull'urgenza e sulla necessità per l'uomo di recuperare i valori fondamentali della sua natura, l'etica impressa sul suo/nostro Dna e che vive in noi a prescindere dalla cultura in cui siamo cresciuti e dalla religione che abbiamo scelto o no di abbracciare.
Il messaggio ci appare straordinario quanto sconvolgente, perché risponde a una domanda fondamentale: possiamo dispensarci dalla fede, ma possiamo dispensarci da Dio? Il monaco, insinua il sì. Ecco allora che si dà valore a un uomo che, per la prima volta dalla sua comparsa sulla terra, può fare a meno di Dio, rinunciando ai suoi “alibi” e alla paura del tempo “finito”; un uomo che recupera la fiducia in sé stesso e nella sua natura dando senso alla sua vita. Quella del Dalai Lama è una provocazione che esorta l'essere umano a recuperare il coraggio di stare “da solo” nella sua “missione umanitaria”, perché non ha bisogno di Dio per essere propositivo. Ma ha bisogno di credere in sé stesso.
Di fronte al male del mondo e alla nostra disperazione, dovremmo smettere di gridare il nostro pianto verso l'Alto dei cieli, trasfigurando le insicurezze in preghiera, in «sospiro della creatura oppressa» come diceva Marx. Basta schizofrenia e dialoghi interiori, monologi fitti con l'Amico immaginario la cui esistenza giustifica e legittima sempre la nostra inettitudine. «Fintanto che nominate Dio – scriveva sempre Cioran - la vostra demenza è ben mascherata, e… tutto vi è permesso. Il vero credente si distingue a malapena dal pazzo; ma la sua follia è legale, ammessa; finirebbe internato se le sue aberrazioni fossero depurate da ogni fede. Ma Dio le copre, le rende legittime».
Fino a quando ci sarà un Dio in piedi, come scrisse Cioran e come abbiamo sempre pensato, il compito dell'uomo non sarà finito. A nostro avviso la rivoluzione del Dalai Lama è sovvertire questa convinzione che ci esime dalla responsabilità nei confronti dell'umanità.
Insomma, è ora che l'uomo si emancipi da Dio.
Lo vediamo come, al culmine della disperazione esistenziale, la nostra vita prende spesso una piega religiosa. E sappiamo bene che ci aggrappiamo al Creatore per terrore di rinunciare all'incanto, per incapacità di accettare la nuda realtà, la vita così com’è. Per paura di non avere un “mondo salvagente”, al di fuori di questo. Ma forse, emancipandoci, potremmo tirar fuori il meglio di noi, la creatività innata riportando il mondo più vicino al paradiso perduto. E' un'ipotesi che ci piace prendere in considerazione, soprattutto oggi, quando le religioni sono ridotte a fenomeni di costume o moventi di orrore.
Ma le parole del Dalai Lama devono essere intese come una provocazione rivolta, soprattutto, ai fedeli. Chi non lo è, invece, e si reputa lontano da ogni dottrina o religione, sa benissimo che significato dare a Dio. E non ha bisogno di rinnegarlo. E quella forza misteriosa e indefinibile che move il sole e l'altre stelle, e che non smetteva di stupire Einstein.
Poi c'è chi rifiuta anche Dio; ma tutti noi, indistintamente, non potremmo sopravvivere in un mondo svuotato d’ogni sentimento. Da quella vibrazione interiore che, chiamala Dio o amore, abita da sempre dentro di noi.
E' su quella che bisogna puntare, senza paure e senza strumentalizzazioni, poiché siamo noi, semplicemente, una forza motrice e creativa che, se la sapessimo gestire, ci terrebbe lontani dalla curiosa vocazione all'autodistruzione.
Ma se il messaggio del Dalai Lama è passato più o meno in sordina, ci rincuora che oggi, fra le righe di quello che dice in giro per il mondo, emerga forte nel “verbo” di papa Francesco. E allora sì che avrà un'onda d'urto dai risvolti interessantissimi ed entusiasmanti.
E poi chissà che, riconoscendosi in valori laici universali, come auspicano il monaco e il Papa, recuperando finalmente la fiducia in sé stesso, alla fine l'uomo riesca ad approdare alla verità, magari raggiungendo Dio dalla strada maestra, ricoperta di petali e gloria, e non dai viottoli e dalle selve oscure imboccate come conigli in fuga, impauriti, insicuri e meschini.
Anche questa inversione di marcia sarebbe una rivoluzione senza precedenti, che manderebbe Dante in visibilio.