Rei di una afasica soccombenza

paese-balocchiQuando sosteniamo che gli esseri umani sono rimasti senza futuro, naturalmente non intendiamo dire che il futuro manca del tutto, che la terra imploderà, o che l’inquinamento farà incenerire il pianeta, sempre che non lo faccia prima un conflitto mondiale. Non intendiamo dire che la massa degli uomini perirà per fame e malattia, a vantaggio di pochi e ricchi sopravvissuti (anche se lo scenario non ci appare così fantascientifico), intendiamo dire che il futuro c’è, esiste, ed è già nelle mani dei giovanissimi di adesso. Il futuro che manca, invece, è quello di una generazione di genitori, nonni e zii che, da troppo tempo ne hanno perso la percezione. E da troppo tempo si sono arresi a quelle forze sconosciute e sorde a ogni dolore, ad ogni grido di ribellione, che sembrano governare il mondo.
Essersi arresi a ciò che ci è sembrato ineluttabile, l’essere caduti in questa perversa trappola tesa dalle logiche dei mercati, di fatto ha polverizzato davanti di noi la proiezione del futuro, cancellando ogni promessa, ogni crescita e progresso. Cancellando, in definitiva, il senso della nostra esistenza.
E ce ne restiamo qui, disillusi, cinici e silenziosi. Senza esser più in grado di proferir parola, insicuri e spaventati. Ma questa soccombenza afasica, è il suicidio che ci siamo scelti. Perché la parola e il dialogo, volenti o nolenti, è la sola speranza che abbiamo per ridare forma al nostro futuro.
E’ vero che siamo confusi in questo presente che non sappiamo comprendere, un presente che a inficiato ogni nostro valore di fondo, ma è anche vero che ce ne siamo resi via via responsabili, sedotti da un paese dei balocchi che, alla fine, è soltanto servito a renderci complici di un complotto del silenzio, e di muta accettazione; trasformandoci in pelle buona da far tamburi.
Gridare ora la nostra ribellione, sarebbe come gridarla al vento; è questo che crediamo, purtroppo. Perché sappiamo che non si può convincere un’astrazione, o persuadere al bene un’ideologia del terrore. Chi non si può convincere, inoltre, ci spaventa a morte. Ma se gli uomini riuscissero a prendere coraggio e recuperassero il dialogo fra loro, se riuscissero a riconquistare la fiducia nell’uomo stesso, nel linguaggio dell’umanità che ha sempre portato a grandi cambiamenti, allora ci sarebbe la speranza di restituire all’uomo ciò che ha colpevolmente invalidato: il suo futuro.
La storia ci ha insegnato che c’è una forza che nessuna spada può distruggere, ed è la forza della parola. Poiché in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Credenti o no, mai sottovalutare i suggerimenti degli antichi padri. In principio, dunque, c’era colui che è la Parola, la Parola di vita.
Se vogliamo davvero cambiare qualcosa in questo presente che ci fa sentire stranieri in perpetua transumanza e senza terra promessa, dobbiamo resuscitare la nostra lingua morta per opporre senza posa il nostro dissenso, i nostri valori, le nostre volontà, i nostri desideri e le nostre idee. Bisogna uscire dall’apatia e fare come un tempo sapevamo fare: usare la parola, il grido per restituirci una ragione di speranza.
Non tutto è perduto per fortuna. Ci sono uomini che non si rassegnano al silenzio, e continuano a gridare, a resistere. Sono uomini che non sanno vivere al di fuori del dialogo e del confronto. Se fossimo tutti così, la vita non ci apparirebbe più come una spaventevole astrazione.
Perché se imparassimo davvero a leggere tra le righe degli antichi saggi, capiremo che la fine del mondo, è proprio l’assenza di parola. E il mondo imploderà, in silenzio.