Reale il rischio jihadisti infiltrati sui barconi, intanto a naufragare lentamente è la politica europea

Jihadisti di Isis sono in procinto o addirittura sarebbero già stati fatti arrivare in Europa dagli scafisti. Vi sarebbe stato un accordo economico con i trafficanti di uomini per nascondere sui barconi di migranti che salpano dalle coste libiche, soggetti infiltrati votati alla jihad. E' quanto riferisce da Londra la Bbc anticipando sul proprio sito web estratti dell'intervista concessa da Abdul Basit Haroun, consigliere del governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk. Bisogna dire che questo allarme ritorna periodicamente, ma stavolta sembra meno campato in aria del solito. In passato lo scopo dei governanti libici era ottenere dall'occidente appoggio militare sotto forma di rifornimenti, oggi è probabilmente quello di accelerare le decisioni occidentali.
Comunque secondo la televisione pubblica britannica Haroun avrebbe informazioni precise direttamente da alcuni proprietari dei barconi, che trasportano i disperati, nelle zone del Nord Africa controllate da Isis. Viene il dubbio quindi che gli scafisti siano preoccupati per la sorte delle loro imbarcazioni dopo le voci di imminenti attacchi occidentali, anche se non è chiaro lo scopo delle delazioni. Ma come si sa, in quelle situazioni i confini fra realtà, fantasia ed interessi sono sempre molto labili. I seguaci del sedicente califfo Abu Bakr al Baghdadi in sostanza consentirebbero ai trafficanti di continuare il loro lavoro in cambio della metà dei guadagni e di dare passaggi ai loro uomini. Haroun ha spiegato alla Bbc che Isis usa "i barconi per i suoi uomini che vuole inviare in Europa perchè la polizia europea non può sapere chi è membro di Isis o chi è un normale profugo".  Secondo Haroun l'obiettivo di questi jihadisti inviati in Europa, di bassa manovalanza, che sono votati alla morte e che quindi non hanno certo timore della traversata in mare, sarebbe quello di avere sul posto miliziani utili per effettuare al bisogno attacchi nei Paesi occidentali, attacchi da attuare "non per oggi o per domani, ma in futuro". Come detto non è la prima volta che allarmi di questo tipo vengono lanciati dalla Libia e fino ad oggi si sono dimostrati privi di fondamento, ma non è ovviamente detto che la situazione non evolva proprio in quel senso. Nel mese di febbraio scorso fu Abdullah Al Thani, premier del governo di Tobruk, a lanciare l'allarme: “Le potenze mondiali intervengano o l’Isis arriverà in Italia“ aveva detto il primo ministro libico che aveva aggiunto: “Abbiamo informazioni confermate che Al Qaeda e lo Stato islamico sono a Tripoli e vicino Ben Jawad, chiedo alle potenze mondiali di stare a fianco della Libia e lanciare attacchi militari contro questi gruppi”. Se non ci saranno interventi, aveva aggiunto, “questa minaccia si trasferirà nei Paesi europei, specialmente in Italia“. Insomma un appello decisamente interessato fatto in un momento militarmente delicato per il governo di Tobruk che non riusciva a contrastare i miliziani affiliati al califfato. Oggi l'allarme sembra più consistente perchè vi sarebbero anche ulteriori conferme da informatori dei servizi che operano nell'area sotto il controllo degli scafisti, una parte dei quali non vede favorevolmente il ricatto dell'Isis e non solo per ragioni economiche, il 60% dei proventi del traffico andrebbe infatti agli uomini del califfato, ma anche perchè sanno che se mai ci dovesse essere la prova che un jiadista attivo che ha attraversato il mare Mediterraneo e soprattutto se questo dovesse colpire in una città europea,  per loro diventerebbe molto più complicato agire. Perchè un conto per le capitali europee è palleggiarsi ipocritamente migranti e profughi, un altro sarebbe vedersi qualche attentato in casa.
Domani intanto è previsto a Bruxelles un incontro tra i ministri degli Esteri e della Difesa europei. L’obiettivo, nelle more di una risoluzione dell’Onu ancora nelle sabbie mobili della inefficiente diplomazia del Palazzo di vetro, sarebbe dare il via libera al piano generale della missione contro i trafficanti di esseri umani in Libia, il cosiddetto Crisis Management Concept (Cmc), finalizzato dai diplomatici del Comitato politico e di sicurezza (Cops). Tante belle sigle per un piano che prevede una missione navale europea che l’Italia si è candidata a guidare. Per fare cosa però non è ancora chiaro. L'unica certezza è che al tavolo del Consiglio voluto da Federica Mogherini e Jean Claude Juncker, ci saranno anche Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, che firmerà insieme agli altri ministri della Difesa francese e tedesco l’accordo per avviare la realizzazione di un drone europeo per la felicità dell’industria militare dell’eurozona. Sulla missione navale vera e propria contro i trafficanti sono teoricamente  concordi tutti i Paesi, ma i confini operativi effettivi delle operazioni saranno definiti dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu entro giugno, consentendo così agli scafisti e forse all'Isis di avere tante belle settimane di mare calmo per far arrivare migliaia di disperati e forse qualche terrorista, sulle coste italiane. Il ministro degli Affari esteri Gentiloni ha ribadito che “non ci saranno operazioni di bombardamento da aerei o da navi in mare dei barconi né un intervento di occupazione con boots on the ground“, ovvero con forze militari sul terreno libico. Il mandato del consiglio straordinario di fine aprile indica infatti che i barconi debbano essere distrutti “prima” del loro impiego e il Cmc prevede “operazioni in alto mare, nelle acque territoriali e nelle acque interne o sulla costa”. Ora visto che non si potranno bombardare i barconi nei porti ne in acque libiche e che questi quando prenderanno il mare saranno già pieni di migranti, ogni azione sarà preclusa. Torneremo insomma, come in un tragico gioco dell'oca a Mare Nostrum. Se aggiungiamo il fatto che piovono le defezioni al piano per di quote per distribuire tra i 28 paesi i migranti, la soluzione si delinea in tutta la sua plastica assurdità e stupidità. Un parere negativo è arrivato dal premier francese Valls, che non si è dimostrato propenso verso la suddivisione dei carichi di profughi: “La Francia è contraria a quote di migranti”, Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca si erano smarcati subito e l'intero blocco dei paesi dell'est sarebbe pronto a un perentorio “niet”. Insomma gli egoismi prevalgono e l'Italia rischia nuovamente di rimanere con il cerino in mano, anzi con una miccia pronta ad esplodere se le notizia degli infiltrati dovesse rivelarsi veritiera. Viene da chiedersi per davvero quale sia la funzione dell'Unità Europea, mentre quella dell'Onu è già chiara e storicamente certificata da mille disastri.

Fabio Folisi