Putin come Berlusconi: nessun erede politico

La stampa russa parla di “maggio radioso” per Putin. E non ha torto. Nel giro di pochi giorni ha celebrato la vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Sulla Piazza Rossa, accanto ai leader di Cina e India, i nuovi amici che l’infelice diserzione occidentale gli ha messo al fianco suo malgrado. Poi ha visto sfilare con le foto dei parenti morti nella lotta al nazismo 500 mila moscoviti nella “marcia degli immortali”, imitati da oltre 10 milioni di persone in tutta la Russia.
Il giorno dopo ha accolto la Merkel che ha reso omaggio alle vittime russe del Terzo Reich. Ma la sua più grande vittoria personale lo ‘Zar del Cremlino’ l’ha colta tre giorni dopo a Soci, sul Mar Nero, ricevendo John Kerry, segretario di Stato Usa. In poche ore si è sciolto il ghiaccio nei rapporti con Washington, congelati oltre un anno fa sull’onda della crisi ucraina, culminata con l’annessione della Crimea.
Dopo aver cercato di punire e isolare Putin escludendolo dal G8, mettendo al bando i suoi oligarchi, assistendo Kiev sul piano economico e militare e imponendo dure sanzioni a Mosca, la Casa Bianca ha dovuto prendere atto che la sua politica verso la Russia non ha prodotto gli effetti sperati.
Ma dietro la facciata del “maggio radioso” e della sua popolarità (il 70% dei connazionali sostiene che ha ridato al Paese il rango che aveva ai tempi di Pietro il Grande) c’è il rebus del “dopo”, quando l’età lo costringerà al ritiro. Lui, come il suo amico Berlusconi, non ha saputo “creare” un delfino.
Non lo è Medvedev, che pur l’aveva sostituito sia alla Presidenza che alla guida del Governo: poco amato dalla gente. E così lui, come Luigi 13° in Francia e Tito a Belgrado può esser costretto a dire “Dopo di me che avverrà?”.
L’intelligentsia di Mosca indica nell’assenza di un’idea per il Paese di domani il principale problema di Putin il quale, nella dostojevskiana divisione dei russi tra scacchisti e giocatori d’azzardo, è più vicino alla seconda indole. Non ha problemi a breve termine in quanto nel 2018 sarà certamente rieletto. La sfida in cui dovrà misurarsi è quella di creare il ‘paesaggio politico’ per favorire la transizione. In prospettiva è un Giano bifronte, dimezzato. Ma se non conquisterà la metà che gli manca, rischia di perdere tutte e due.
Lui ha saputo sfruttare ad arte il passato sovietico come fonte di legittimazione (ma questa non è una ricetta valida per il futuro senza di lui). Vuole costruire una religione civile intorno al potere. Ma non sa come trasferire il carisma da sé alle istituzioni senza che si incrini tutto.

Augusto Dell’Angelo
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