Ocse: povertà e precariato dominano tra i giovani

Secondo l'ultima indagine dell'Ocse (Organizzazione per la cooperazione economica europea), in Italia l'1% della popolazione concentra su di se il 14,3% della ricchezza totale. A titolo di paragone, il 40% della popolazione più povera detiene meno di un terzo della ricchezza (4,9%). Si tratta di differenze abissali, accresciute negli ultimi anni per effetto della crisi.

Secondo le analisi della organizzazione parigina, tra il 2007 e il 2011 la perdita di reddito disponibile è stata più alta (-4%) per il 10% della popolazione più povera rispetto al 10% della popolazione più ricca (-1%). In altre parole: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono ancora più ricchi.

Ancora più squilibrata la distribuzione della ricchezza, concentrata nelle fasce più ricche e residuale in quelle più povere. Il rapporto conferma che in Italia: "la povertà è aumentata in modo marcato durante la crisi, in particolare per giovani e giovanissimi". L'aumento del cosiddetto tasso di povertà ancorata (che fissa la soglia rispetto all'anno precedente) è stato di 3 punti tra il 2007 e il 2011, il quinto più elevato. La fascia con il maggior tasso di povertà sono gli under 18, con il 17%, 4 punti percentuali in più della media Ocse, seguita dalla fascia 18-25, con il 14,7%, 0,9 punti sopra la media.

Pessime notizie anche per quanto riguarda l'evoluzione del mercato nostrano: l'occupazione è cresciuta solo grazie ai posti "atipici", cioè quelli precari, autonomi e part time. Negli anni della crisi, inoltre, il calo dell'occupazione è stato concentrato in gran parte sui posti fissi, mentre il lavoro atipico è stato stabile o in lieve aumento. Il tasso di povertà tra le famiglie italiane di lavoratori "non-standard" è al 26,6%, contro il 5,4% per quelle di lavoratori stabili, e il 38,6% per quelle di disoccupati. Il rapporto dell'Ocse rileva come la diffusione del lavoro precario abbia amplificato queste differenze. In particolare, se si fissa a 100 il guadagno medio dei lavoratori con posto fisso, quello degli atipici si ferma a 57, con grosse disparità tra le varie categorie (72 per un lavoratore autonomo, 55 per un lavoratore con contratto a termine full time, 33 per un lavoratore con un contratto a termine part time). A questo si aggiunge la sempre maggiore difficoltà a passare da un'occupazione precaria a una fissa: sempre secondo i dati Ocse, tra le persone che nel 2008 avevano un lavoro a tempo determinato, cinque anni dopo solo il 26% era riuscito ad ottenere un posto a tempo indeterminato.