Marijuana free anche occasione occupazionale, già quella “farmaceutica” potrà generare 10mila posti di lavoro

La notizia che il ddl sulla liberalizzazione della cannabis è stato depositato e il suo iter parlamentare ha preso ufficialmente il via, ha fatto brevemente capolino nelle cronache giornalistiche per poi essere sopraffatta o meglio oscurata dalle vicende del voto su Assollini e la vicenda della riforma Rai. Comunque è chiaro che il dibattito sulla legalizzazione della cannabis in Italia si è aperto e rischia di diventare uno scontro ideologico soprattutto fra i partiti, anche se in realtà secondo studi statistici, da prendere sempre con le pinze, buona parte della popolazione del nostro Paese sembrerebbe essere favorevole.
L'iter parlamentare è iniziato sostenuto da duecentoventi firme di parlamentari in calce alla proposta di legge presentata dall'intergruppo presieduto dal senatore Benedetto Della Vedova: un progetto bipartisan che potrebbe rivoluzionare il consumo di droghe leggere in Italia. Ora depurate questioni “morali” ed indeologiche, che da sempre sono i contraddizione ad esempio con la questione alcool e tabacco, se una dorma di liberalizzazione andasse in porto non solo si spezzerebbe il monopolio delal malvita sui traffici di droghe “leggere” liberando anche forze di polizia impegnate pesantemente nel contrasto dei traffici, ma a beneficiarne sarebbero anche le casse dello Stato. Una liberalizzazione del mercato, infatti, determinerebbe vantaggi non soltanto per l'aumento del gettito fiscale, ma pure perché queste attività entrerebbero a far parte del Prodotto interno lordo (Pil), contribuendo a migliorare gli indicatori di stabilità del nostro Paese. Ma non solo questi effetti economici sarebbero legati all'emersione del “nero” legato alla compravendita che sfugge ovviamente ad ogni imposizione fiscale, ma vi sarebbero, secondo Coldiretti, degli importanti effetti a livello occupazionale. Secondo l'associazione dei coltivatori infatti già il primo raccolto della "cannabis di stato" a fini terapeutici (quella già consentita per produrre farmaci) conferma una grande opportunità per il Made in Italy poichè la coltivazione, la trasformazione e il commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti in Italia e all'estero può generare da subito un business di 1,4 miliardi e garantire almeno 10mila posti di lavoro dai campi al flacone. Questo è quanto afferma la Coldiretti nel commentare i risultati sorprendentemente positivi del primo raccolto di cannabis terapeutica "di Stato", prodotta nello stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, incaricato per la prima volta dai ministeri della Salute e della Difesa lo scorso anno di dare vita a una coltivazione di piante di marijuana destinato all'uso terapeutico, soprattutto per contrastare il dolore nei malati terminali.
E se solo con i raccolti a scopo farmaceutico i risultati sono questi figurarsi cosa non si potrebbe generare dalla liberalizzazione della marijuana a scopo “ludico”. Ma tornando alla cannabis terapeutica, il fatto che, spiega coldiretti, che con il raccolto di 80 piante si sia riusciti a ottenere 130 grammi di principio attivo contro i 30 grammi delle normali coltivazioni è la dimostrazione dello stato avanzato della ricerca in Italia. Si tratta del risultato della firma del protocollo lo scorso anno per l'avvio della produzione di cannabis terapeutica che - precisa la Coldiretti - risponde ai bisogni di pazienti con patologie gravi come Sla, la sindrome di Tourette, l'Alzheimer, il Parkinson e diversi tipi di sclerosi come la sclerosi multipla, contro le quali farmaci con il principio attivo della cannabis si sono dimostrati utili. La cannabis ottenuta - continua la Coldiretti - una volta ricevute le autorizzazioni, potrà essere consumata come decotto in barattoli da 5 mg, da sciogliere in acqua e assumere come fosse un thé ma non si esclude che vengano preparati farmaci con principio attivo della cannabis. Secondo lo studio della Coldiretti solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell'ortofloricoltura, la campagna italiana - sottolinea la Coldiretti - può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Si tratta di ambienti al chiuso dove - precisa la Coldiretti - più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell'autorità preposte per evitare il rischio di abusi. Il calcolo per difetto tiene conto della disponibilità di circa 1000 ettari di terreno, della produzione di sostanza secca di infiorescenze e foglie sommitali, del numero di cicli di coltivazione possibili all'anno e della resa in principio attivo che, secondo il Ministero della Sanità, viene attualmente importato con un costo di circa 15 euro al grammo. Una opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall'estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100 per cento che unisce l'agricoltura all'industria farmaceutica. "L'agricoltura italiana è oggi pronta a recepire le disposizioni emanate dal Governo e a collaborare per la creazione di una filiera controllata capace di far fronte a una precisa richiesta di prodotti per la cura delle persone affette da malattia, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che "si tratta anche di un progetto innovativo che potrebbe vedere il nostro Paese all'avanguardia nel mondo".
E' chiaro quindi che la posizione di Coldiretti si è per ora limitata alla questione deklle prodizioni per uso farmaceutico, ma è altrettanto chiaro che una produzione ancora più allargata da una liberalizzazione ingenerebbe ancora maggiori potenzialità per il comparto agricolo che non naviga oggi in buone acqua. Anche questo fattttore potrebbe e dovrebbe pesare nel dibattito sulla marijuana free.