Le domeniche di carta, presto andranno in cenere

archivio-di-stato-2Archivi e bibolioteche aprono al pubblico, ma i loro giorni sono contati

Anche nel 2015, per l’esattezza l’11 ottobre, si ripropone, miracolosamente, il progetto “Domenica di carta”, ovvero: l’apertura al pubblico degli Archivi di Stato e delle Biblioteche statali. E questo allo scopo di valorizzare i custodi della memoria. L’iniziativa è lodevole ma stupisce il fatto che gli Archivi possano ancora aderire ad iniziative culturali di questo tipo quando, lo diciamo con sincerità, li pensavamo agonizzanti e in fin di vita.
Ad essere onesti, non è al pubblico che spetta la valorizzazione di questi preziosi archivi, magari durante una gita domenicale, ma al Ministero dei Beni Culturali che, dopo una feroce “potatura” alle spese, ha dimezzato i finanziamenti pubblici tranciando così germogli al posto di rami secchi. E la conseguenza è un vivace contributo alla desertificazione del sapere.
E’ stato apprezzato il recente sforzo del ministro Franceschini che, con un ingente contributo, ha permesso una boccata di ossigeno a una ventina di musei italiani in difficoltà, ma prima dei musei riteniamo indispensabile pensare proprio alle biblioteche e agli Archivi di Stato, i templi della nostra storia, delle nostre origini e tradizioni. Essi, infatti, sono alla base di ogni cultura e sapere, aiutano a testimoniare e rafforzare la nostra presenza sul territorio e senza di essi sarebbe vana anche qualsiasi visita ai musei. Prima di correre, infatti, è necessario imparare a camminare.
Secondo alcune stime fatte di recente dagli addetti ai lavori, è risultato che in Italia meno del 35% delle sedi degli Archivi e delle Sovrin¬ten¬denze è dema¬niale. Il resto è in loca¬zione con affitti da capogiro. Facendo quattro conti, dunque, risulterebbe che le casse pubbliche vengono alleggerite di circa 22,5 milioni di euro, pari a 4/5 del bilan¬cio dell’amministrazione archi¬vi¬stica. Ciò che resta, spiccio più spiccio meno, sarebbe il gruzzoletto con il quale gli istituti devono arrangiarsi per le loro attività. A questo spunto c’è poco da stupirsi se moltissimi archivi si presentano privi di attrezzatura per la digitalizzazione, con scaffali ormai in affanno e preziosissimi documenti costretti in scatoloni a rischio di umidità, e sparsi o persi in magazzini di fortuna, come cantine, garage e soffitte.
E sempre facendo i “conti della serva”, non ci vuole molto a capire che, con i milioni spesi per gli affitti, si potrebbero nel giro di pochi anni ristrutturare, o riattare numerose sedi di proprietà pubblica dimenticate o abbandonate al degrado; come le caserme, per esempio, le vecchie cliniche, gli edifici di archeologia industriale e via discorrendo.
Questo è uno sforzo obbligato da parte del Ministero. Perché le domeniche di carta servono a ben poco, basta un acquazzone per scioglierle nel fango, assieme alla nostra memoria.

Lucia Burello