La Fed stoppa il rialzo dei tassi: i mercati “sbracano” comunque

La Fed mantiene i tassi di interesse ai minimi storici fra lo zero e lo 0,25%, rimandando ancora una volta la prima stretta dal 29 giugno 2006. I timori sull'economia mondiale dopo la decisione della Fed di confermare i tassi e il rafforzamento dell'euro affossano le Borse europee. Seduta ampiamente negativa per le Borse europee: a Milano l'indice Ftse Mib ha chiuso in perdita del 2,65% a 21.514 punti. Dopo aver temuto per mesi che tale rialzo si verificasse, scatenando pesanti perdite solo al minimo accenno di possibile aumento, anche se oggi l'evento non si è verificato, le Borse hanno "sbracato" ugualmente. Viene da chiedersi come avrebbero agito nel caso in cui la Yellen avesse preso la temuta decisione...

Prima del tonfo dell'economia cinese, l'opinione prevalente era che la Fed optasse per un rialzo dei tassi di interesse, in virtù di una consolidata ripresa della economia degli Usa. Tra le righe del comunicato in cui si annuncia la decisione di rinviare ancora l'aumento dei tassi, è stato interpretato come un palese timore da parte dei banchieri per potenziali contraccolpi alla ripresa degli Usa causati dalla "recalcitrante" Cina e da altri mercati emergenti.

Questa implicita ammissione di vulnerabilità verso l'esterno della ripresa Usa ha scatenato la corsa alle vendite sui mercati europei. A questo si aggiunge l'effetto relativo al prolungamento della incertezza sui tempi di un ritorno ad una politica monetaria ordinaria.

L'andamento dei listini della Borse è risultato inversamente proporzionale all'andamento del cambio euro-dollaro: se l'euro si rafforza sul dollaro le borse scendono e viceversa. In sintesi quando le borse crollano, cala anche la moneta americana rispetto all'euro.

Discorso diametralmente opposto per il mercato obbligazionario, che ha tutto l'interesse al mantenimento di bassi tassi di interesse. In questo caso l'andamento dei due indici è proporzionale: se le borse calano, i rendimenti delle obbligazioni registrano ribassi per cui aumentano le vendite dei titoli.

Gli unici a tirare un sospiro di sollievo sono stati i mercati emergenti, quelli più esposti ad un eccessivo apprezzamento del dollaro, visto l'enorme debito in valuta accumultato.