IRAN-IRAQ-SIRIA-USA…..: TEATRI DI GUERRA VISTI DIRETTAMENTE DAL POSTO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A ERBIL

Dunque e secondo copione, una reazione da parte dell’Iran c’è stata e, all’apparenza, abbastanza massiccia. La notte scorsa una quindicina di missili balistici hanno sorvolato i cieli iraqeni e si sono fiondati sui loro obiettivi. O quasi. Sì, perchè la maggior parte dei razzi non pare essere riuscita a centrare il bersaglio; uno, sparato verso Erbil, capoluogo del semindipendente Kurdistan iraqeno, si è arenato senza esplodere a circa cinque km dall’aeroporto; un altro sempre in Kurdistan, è esploso, ma in una zona fuori dall’abitato e molto distante da Erbil. Gli altri, tutti diretti verso la base aerea di Ain al Asad, nell’Anbar a maggioranza sunnita, hanno grosso modo raggiunto la meta, ma contrariamente a quanto riferito in pompa magna dalla Guida Spirituale Khatami, non ha provocato vittime. Sicuramente qualche danno alle infrastrutture, ma poco altro.
Ora, ci si comincia a chiedere quale sia stato il reale senso di una reazione del genere che, a primo acchito, pareva aver scatenato la guerra totale, mentre a mente lucida e in seguito ad un’analisi più dettagliata dei fatti, ha provocato più chiasso che altro. Che l’Iran dovesse reagire in qualche modo e anche in tempi brevi, a me pare fuori discussione, se non altro per tenere sotto controllo la situazione interna; basti pensare che ai funerali di Soleimani sono morte una cinquantina almeno di persone a causa della calca. Anche dal punto di vista dell’immagine esterna, una vendetta immediata era (dal loro punto di vista) doverosa. Oggi ero ad Erbil e la situazione in città non appariva diversa rispetto al solito; anche negli uffici istituzionali non sembrava ci fosse traccia di panico. Lungo la strada, nemmeno un check point in più.
Ciò che però appare sempre più chiaro, è che tutto ‘sto bordello sia più funzionale all’immagine che alla sostanza. Un po’ di teatro insomma. Una qualsiasi altra azione in questo momento, avrebbe probabilmente portato ad una situazione fuori controllo ed a pericoli eccessivi per l’interesse di tutti, sia degli attori protagonisti, che di quelli in secondo piano ma con altrettanto peso. La vera vendetta, che probabilmente ci sarà, verrà studiata più attentamente e con grande cautela. Non è nemmeno detto che sarà una vendetta cruenta. Ci sono altri metodi altrettanto efficaci e meno diretti ma che possono portare a risultati ben più importanti e meno rischiosi.
Il governo iraqeno ha votato a grande maggioranza, con l’esclusione dei kurdi e dei sunniti (guarda caso dove sono stati lanciati i missili) l’espulsione delle truppe Usa dal territorio. La risposta dei generali a stelle e strisce è stata a dir poco comica. Al governo locale è arrivata una lettera da parte del comandante delle truppe Usa in Iraq che diceva che con i tempi necessari, i soldati si sarebbero ritirati obbedendo alla decisione del parlamento. Dopo poco, da Washington è arrivata la smentita sostenendo che la lettera era solo una bozza che non si capisce bene come sia arrivata al ministro iraqeno. In seguito, le dichiarazioni del solito cow boy biondo che minacciava strali e richiedeva indennizzi (sigh!) nel caso Baghdad mantenesse l’ordine di esplulsione. Forse ci vorrebbe un sistema tipo il VAR come nel calcio per capirci meglio, chissà. In parole povere, anche qui un piccolo mistero.
In mezzo a tutto ciò, sarebbe il caso di capire come veramente si sia arrivati a questo punto. Per sintetizzare, faremo un piccolo riassunto. Tutto pare essere partito da un paio di razzi sparati non si sa bene da chi, ma secondo gli Usa dalle milizie sciite iraqene, verso una base Usa. Per ritorsione, l’aviazione statunitense ha bombardato quelle truppe lasciandosi dietro 25 cadaveri. A quel punto c’e’ stato il tentativo (anche quello poco più che altro teatrale) di assalto all’ambasciata Usa a Baghdad in seguito alla quale Trump in persona ha dato l’ordine di eliminare il generale Soleimani che, sempre secondo il biondo, stava preparando non si sa bene quale attacco alle truppe Usa. Naturalmente non possiamo dimenticare che sono stati gli Usa a stracciare unilateralmente il Piano d'azione congiunto globale del 2015 (PACG) (su pressione di Israele e Arabia Saudita) creando in questo modo il pretesto di provocare il pasticcio con cui ora abbiamo a che fare.
Detto ciò, che i razzi che hanno dato avvio a tutta la catena di eventi, li abbiano davvero sparati i miliziani di Khaitab Hezbollah (sciiti iraqeni, il, cui capo Muhandis è stato assassinato assieme a Soleimani) è tutto da verificare. Nella zona e negli ultimi tempi infatti, c’è una recrudescenza di attività dell’Isis (che Khaitab Hezbollah sta attivamente combattendo) e non è affatto escluso che siano stati proprio i seguaci dell’ex califfo a portare quegli attacchi. Soleimani, in realtà, stava lavorando ai fianchi il parlamento iraqeno affinchè prendesse la decisione di espellere le truppe Usa che, checche’ ne dica Trump, hanno ancora parecchi interessi da difendere nell’area. Non ultimo il fatto che i soldati Usa in Iraq sono indispensabili a garantire il sostegno ai loro colleghi al di là del confine e impegnati nel controllo dei pozzi petroliferi siriani. Se si dovessero ritirare e l’Isis riprendere forza, salterebbe di fatto il motivo ufficiale della presenza Usa nella zona: la lotta all’Isis che è già stata decretata come vinta. Nell’anno delle elezioni… ecco perchè Trump è andato su tutte le furie minacciando sanzioni all’Iraq nel caso la decisione di espellere i suoi soldati venga portata avanti.
Insomma, come al solito, ciò che appare in superficie non sempre corrisponde alla realtà. In ogni caso, vediamo se i nostri "eroi" si daranno temporaneamente una calmata; in caso contrario tutto è ancora possibile.

Docbrino -- corrispondenza da Erbil