Il tempo contratto di Geda Jacolutti

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I libri di documenti, soprattutto se curati come quello che qui vogliamo presentare, non invecchiano mai, e rimangono, quindi, come fonti perenni (a disposizione di quanti vorranno attingere la loro acqua).
Al genere documentale appartengono non soltanto i libri composti con “atti”, statistiche, bibliografie, serie meteorologiche, indici e schede di collezioni chiuse, ma anche quelli che raccolgono tutti gli scritti di e su una persona: nel nostro caso di e su Geda Jacolutti, poetessa udinese morta nel 1989, naturalmente sconosciuta ai più, ma non dimenticata da quanti ebbero la fortuna di conoscerla.
Alta, bella, riservata, aristocratica nel portamento e nei modi, imbevuta di cultura classica ma criticamente attenta alla contemporaneità, ha lasciato numerose raccolte di versi deliziosi, un buon numero di poesie sparse e numerose traduzioni da Marco Valerio Marziale, Biagio Marin e Pietro Zorutti.
Ecco, per incominciare, un'immagine di Udine, “L'angelo segnavento”:

“Se da secoli ruoto sulla cima
del campanile e docile acconsento
al soffio più impetuoso della rosa
dei venti, non mi dolgo:
è il respiro del cielo che mi gira,
non un moto meccanico.”

Tutte le sue poesie e le traduzioni sono state raccolte, trascritte e commentate da Margherita Piva e Pier Cesare Joly Zorattini nel libro “...il tempo contratto nel volume di un giorno eterno ...”, per Raffaelli Editore in Rimini, presentato e diffuso in Udine ai primi del corrente mese di marzo 2015.
Il volume, intitolato con parole tratte dalla raccolta “Il passo degli dèi” (Cassandra: Vedo il tempo contratto nel volume di un giorno eterno …), oltre che per l'elegante impaginazione e per il nitore editoriale, si raccomanda a quanti amano la poesia e la letteratura anche per gli “apparati”, cioè per la lucida presentazione di Margherita Piva, per la Nota al testo di Lisa Cadamuro, per l'elenco completo delle pubblicazioni in prosa apparse su vari giornali e riviste, e per la Bibliografia critica sulla produzione della Poetessa.
Geda risplende da queste pagine non soltanto per la sua produzione in versi e in prosa, ma anche per quanto ha seminato come insegnante di Storia dell'arte all'Educandato Uccellis, e per la straordinaria rubrica “Pagine provinciali” su “La Panarie”, attorno alla quale riuscì a formare un autentico cenacolo di poeti e traduttori di poesia, e anche di artisti, perché quasi sempre accoppiava i testi letterari con immagini create ad hoc.
Chi troverà il tempo di soffermarsi sulle pagine del “Tempo contratto” potrà imbattersi anche in straordinarie traduzioni, come la seguente, da Marco Valerio Marziale:

Gloria del Circo fragoroso, applauso,
e tua breve delizia, o Roma, io sono
il grande Scorpo che la Parca uccise
a ventisette anni, per invidia.
Stava contando assorta i miei trofei
e mi credette vecchio.

Geda, di certo consapevole del suo alto livello culturale, non temeva di essere “provinciale”, e con queste parole introdusse la sua rubrica su “La Panarie”:
“Alberto Moravia il 29 dicembre 1977 (…) poneva come distinzione tra la metropoli e la provincia il fatto che la prima inventa, la seconda imita. A voler accettare questa definizione tra le infinite che intendono precisare la differenza tra provincia e metropoli, e a volerla applicare alla poesia, si avverte invece, e neppure con sorpresa, che assai spesso creativa è la provincia, provinciale la città”.
La Poetessa si identificava spesso nella rosa,
come si comprende leggendo i suoi versi, ma a noi in questo libro riappare nella luce dorata dell'ape prigioniera dell'ambra (Marziale, IV, 32):

L'ape racchiusa nella goccia d'ambra
dorata
e come imprigionata nel suo miele,
è nascosta e risplende.
Forse da sé si è scelta la sua morte
un premio alle fatiche.

Geda fu una riservata protagonista della cultura friulana nella seconda metà del Novecento, e la pubblicazione di questo volume era necessaria per ricollocarla al suo posto, ponendo in tal modo rimedio alla smemoratezza dei contemporanei.
Ci sono altre pagine da sfogliare, tuttavia, inedite, in due romanzi che, ci auguriamo vivamente, potranno trovare fra non molto un editore.

Gianfranco Ellero