La Rai che verrà, ma per ora Renzi partorisce un topolino ammaestrato e si gioca il colpaccio elettorale della “fine” del canone tv

E' stato approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge sulla Rai. Il testo che pare sia stato scritto quasi di pugno da Matteo Renzi, prevede la nascita di un amministratore delegato con poteri rafforzati rispetto ad oggi e un consiglio di amministrazione di sette membri, quattro votati dalle Camere, uno dai lavoratori e due dal Tesoro di cui uno diverrebbe ad, ed è questo il punto considerato più critico della riforma, perché molti sostengono che il legame tra l'esecutivo e l'azienda Rai continuerebbe ad essere troppo diretto. Ovviamente la questione della governance della Rai sta particolarmente a cuore alla politica, dalla forma che verrà data al vertice dell’azienda infatti dipendono i giochi di potere dei partiti che, da sempre, si spartiscono uomini e poltrone nella televisione pubblica. Così anche se il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, va dicendo da sempre che la politica deve uscire dalla tv di Stato, è del tutto chiaro che la navigazione intrapresa dal premier nelle perigliose acque mediatiche, sembra andare in altra direzione, anche perchè le segreterie dei partiti si stanno già organizzando per rientrare dalla finestra se buttati fuori dalla porta. L’ altro punto previsto in questa fase “transitoria” prima di una riforma più organica è il rinnovo della concessione che scadrà nel 2016, mentre la commissione parlamentare di Vigilanza rimarrebbe al suo posto, ma solo con compiti di controllo. Come dire sforbiciamo per rendere la macchina più snella, ma nulla di eclatante in attesa della grande rivoluzione. Insomma ancora una volta l'annuncio e poi... si partorisce un topolino, dato che il vero cambiamento “copernicano” avverrà, ma molto più avanti nel tempo, con la stesura di un disegno di legge che toccherà tutti i punti dell’universo Rai.
Nel frattempo, ed è questo ciò che realmente interessa al premier, il governo potrebbe giocarsi la carta del nuovo canone, con la quale affrontare la campagna elettorale delle Regionali. Del resto non a caso molti considerano Renzi un "cromosoma specchio" di Berlusconi, anche lui come l'ex cavaliere usa l'annucio a sorpresa in prossimità delle elezioni per mettere, più o meno formalmente, del denaro in tasca agli elettori. Qualcuno lo chiama voto di scambio, altri solo una furbata di un politico scafato. Fatto sta che l'approssimarsi delle elezioni da una ragione in più per cambiare le regole proponendo l'abolizione, vedremo in futuro quanto reale, di quella che viene considerata la tassa più odiata dagli italiani. Insomma, come per gli 80 euro, Renzi potrebbe far girare la campagna elettorale per le Regionali attorno alla notizia che quella appena passata sarà l’ultima stagione del canone Tv così come lo conosciamo. Secondo i piani svelati da tempo, dagli attuali 113 euro si passerebbe a una somma che va dai 35 agli 80 euro, con la cifra che varierebbe in base alla dichiarazione dei redditi Isee. Ma la novità circa il canone non è solo riguardante il prezzo: la riforma della tassa prevede che il canone non venga più pagato separatamente, ma sia incluso nella bolletta dell’energia elettrica o, altra ipotesi in campo, in allegato alla dichiarazione dei redditi, con dubbi relativi alla fascia di popolazione che la dichiarazione non la fa proprio. In questa maniera si limiterebbe anche l’evasione, ormai stabilmente sopra il 30%. Nel frattempo in viale Mazzini, dove tutti i dirigenti e i direttori stanno a guardare, si discute ancora del piano di riforma dell’informazione presentato dal direttore generale Luigi Gubitosi. Ma soprattutto si discute, all’indomani della vittoria dei sì (81,69%, con 1.031 voti) della “controriforma” dell’informazione Rai proposta dal referendum Usigrai sulla proposta sindacale sulla quale il segretario del sindacato dei giornalisti, Vittorio Di Trapani, ha inoltrato la richiesta ai piani alti di Viale Mazzini per l’apertura di un tavolo.
Ma cosa prevede la riforma che vorrebbero i giornalisti: innanzitutto viene istituito il Newsgathering unico: una grande struttura orizzontale, sul modello BBC, con a capo un direttore delle news scelto con una selezione pubblica. La newsroom unica viene suddivisa nelle redazioni tematiche tradizionali, una struttura Speciali e Documentari, una struttura Programmi, un desk inviati, un desk giornalisti per immagini, il Media Management e il Web/Social Media. Poi i corrispondenti (che rispondono direttamente al direttore delle news) “per riaffermare che la presenza all’estero va rafforzata – sottolinea la riforma Usigrai - per non dipendere dalle grandi agenzie internazionali”. Un altro caposaldo della controriforma Usigrai riguarda le Testate. “Per garantirne l’autonomia, l’identità e le missioni servirà – precisa il testo - un responsabile editoriale per ciascuna struttura. A lui sarà affidata la responsabilità non solo dei Tg, ma anche dell’intera informazione di rete”. Sì, perché per l’Usigrai le Testate “devono riappropriarsi degli spazi di informazione di Rete”. Guardando alle singole mission, poi, al Tg1 rimane quella “generalista”, al Tg2 quella di “sperimentare” e di produrre “rubriche che non possono essere mortificate in orari per nottambuli”. Il Tg3 sarà “luogo dell’analisi” e delle “slow news”: “Inchiesta, approfondimento con impegno contro le mafie, i conflitti dimenticati, i diritti umani”. A RaiNews24 spettano “flusso, immediatezza e tempestività della notizia”. Rai Parlamento, naturalmente, farà l’informazione istituzionale ma “che non sia al servizio delle istituzioni”. La TgR, infine, avrà la mission dell’informazione “da e per il territorio”, “con nuovi mezzi e nuove risorse per competere con una agguerrita concorrenza locale”. Una TgR che deve essere anche, però, “punto di riferimento sul territorio dell’informazione nazionale”.