“Grexit” invece un secolo fa conti taroccati anche allora

 

A differenza di un secolo fa, niente 'grexit' stavolta. Compromesso in extremis dopo 16 ore di negoziati a Bruxelles. Per Atene ancora lacrime e sangue.
I greci sono un popolo levantino e talvolta inaffidabile. Falsifica i conti e non mantiene le promesse. Wolfgang Schauble non si fida e da ministro delle Finanze tedesco diventa “il signor no” come il russo Nikita Kruscev all'Onu. Più duro della Merkel, che deve fare i conti con le pressioni di Obama.
E poi Schauble conosce la storia: anche 100 anni fa la Grecia fu sbattuta fuori da una comunità europea. Si chiamava Unione Latina, promossa da Napoleone III. Comprendeva anche Francia, Italia, Svizzera, Belgio e Spagna. Si accorsero (eppure allora non c'erano i tedeschi…) che Atene falsificava i conti. Un ricorso storico che fa riflettere.
La passerella della vanità, le Olimpiadi ottenute da Atene nel 2004, fatte passare per vittoria dell'orgoglio nazionale, con le annesse spese ciclopiche, è una delle cause primarie che hanno spinto la Grecia verso il disastroso precipizio. Vendetta per lo sgarro dello scippo dei Giochi del centenario (1996), assegnati ad Atlanta per la sponsorizzazione della Coca Cola. Ora quelle faraoniche opere sono diventate cattedrali nel deserto.
Nessuno, allora, voleva ascoltare la voce di qualche saggia Cassandra. L'entusiasmo e l'ebbrezza erano tali che non si badò alle spese. Avrebbero messo a terra chiunque, figurarsi un piccolo Paese come la Repubblica ellenica. L'orgoglio nazionale vinse su tutto, anche sul controllo dei conti.
A volte ci si mette anche il destino. In quel 2004 due fatti incredibili fecero illudere che tutto andava nel verso giusto. A sorpresa la Nazionale di calcio vinse in Portogallo il campionato europeo e in pochi giorni, come neve al sole, si sgretolò il gruppo terroristico “17 novembre” che in un quarto di secolo nessun Governo era riuscito a scalfire.
La Grecia cresceva a ritmi inspiegabili. Anche l'Europa comunitaria la vezzeggiava, la definiva “culla della democrazia” anche se già Platone e Aristotele parlavano di “dittatura della maggioranza”.
E così l'ingresso nell'euro non fu traumatico. Quelli erano gli anni in cui il Paese si cullava nel denaro facile con volteggi finanziari a iosa.
L'abbandono della dracma, la moneta cui i greci sembravano tanto legati, rescisse sì il cordone ombelicale col passato monetario, ma diede modo agli ellenici di dare sfogo al loro solito orgoglio, suffragato da un passato remoto esaltante. “Viva l'Europa, che è nostra”, dissero. Ad Atene rabbrividiscono a risentire ora quel proclama. Ma era vero: Europa era realmente greca: una deliziosa fanciulla rapita da Giove. Infatti anche adesso compare nel retro della prima moneta greca da due euro.
Dopo le assurde spese, la crescita in parte inspiegabile, i conti taroccati, sono arrivate le zone d'ombra e recentemente il buio totale. Il turismo, fonte primaria di ricchezza, è dimezzato, la disoccupazione è arrivata al 26%, il livello più alto nell'Ue. Gli equilibrismi di Tsipras a Bruxelles sono la conseguenza di troppi errori.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it