Draghi loda la sua Bce e descrive i punti critici del “sistema Paese”

Mario Draghi, presidente della Bce, in audizione dinanzi alle commissioni riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato a Montecitorio, ha confermato che il Qe potrebbe spingere il Pil italiano a crescere dell'1%. «Al momento la congiuntura economica è più favorevole che negli ultimi mesi - ha aggiunto il presidente della Bce - e tra i principali motivi ci sono gli effetti positivi del crollo dei prezzi dei prodotto energetici, la politica monetaria espansiva e le riforme strutturali varate in diversi paesi dell'area che cominciano a fare sentire i propri effetti». In termini più pratici, Draghi ha sottolineato che anche l'inflazione tornerà «a valori prossimi al 2%».

Le riforme strutturali sono più difficili e complicate da atturare in un contesto sfavorevole, da questo punto di vista l'obiettivo principale del Qe è proprio quello di creare un clima adatto alla realizzazione delle riforme. Draghi è convinto che il programma di acquisto di titoli da lui varato non disincentiva i vari paesi a fare i cambiamenti necessari, anzi: "Il calo dei tassi di interesse a lungo termine e il deprezzamento dell'euro, in conseguenza al Qe,  dovrebbero spingere la crescita italiana di un punto percentuale entro il 2016. Intendiamo continuare con questi acquisti fino alla fine di settembre del 2016 o fino a quando l'inflazione non si avvicina durevolmente ai nostri obiettivi - ha aggiunto Draghi - le misure fino ad ora adottate si sono dimostrate efficaci». Draghi ha concluso il suo intervento dinanzi ai parlamentari riuniti nella sala del Mappamondo dichiarando che la Bce conta « di raggiungere i 60 miliardi di euro per il mese di marzo anche se gli acquisti sono iniziati solo il 9 marzo. Non ci sono segnali di scarsità di titoli di stato, questa non è una prospettiva realistica».

A margine di tali dichiarazioni, che nulla o quasi aggiungono a quanto già si sapeva, il n° 1 dell'Eurotower si è spinto facendo delle osservazioni specificatamente rivolte al sistema produttivo italiano: "In Italia vi è un'alta concentrazione di micro-imprese a produttività inferiore alla media, con una regolamentazione che le incentiva a rimanere piccole. Dimezzando i procedimenti civili aumenterebbe le dimensioni fra l'8 e il 12%". Draghi, infatti, ha certicato l'esistenza di un nesso causale diretto tra i tempi dei processi (biblici) e la volontà di erogazione del credito alle aziende. Un sistema produttivo come quello italiano, basato su aziende di dimensioni ridotte, richiede un sistema creditizio basato sulle banche. Unendo a questa osservazione il fatto che in media in Italia una causa richiede 5 anni, mentre in Germania, Francia e Spagna ne basta 1... appare evidente e giustificabile (almeno in parte) la ritrosia delle banche verso le aziende troppo piccole ed economicamente fragili.

Le opzioni, evidentemente, sono due: un incremento dimensionale delle imprese e l'utilizzo di canali di finanziamento alternativi a quello tradizionale bancario. Le due cose non si escludono a vicenda, ma producono il loro massimo effetto se realizzate insieme.

Più facile a dirsi che a farsi, anche se il miglioramento del contesto globale, come ha spiegato bene Draghi, rende tutto meno difficile. Anche l'impossibile. (G.S.)