Democrazia, che fare?

Tzvetan Todorov

Tzvetan Todorov

Ezio Mauro

Ezio Mauro

La Democrazia è stata al centro del dibattito avvenuto oggi tra
lo storico e filosofo bulgaro, Tzvetan Todorov e il direttore di Repubblica, Ezio Mauro. Il confronto è avvenuto nell'ambito dei convegni organizzati dal quotidiano nazionale a Udine e dal titolo: “La libertà di tutti”, una riflessione urgente in un presente e in un futuro sempre più minacciati dal terrorismo.

«Tenere alta la guardia contro le derive della nostra democrazia – è uno dei concetti sottolineati da Mauro che, prendendo ad esempio l'emblematico attentato dell'11 settembre, ha sottolineato come l'attacco sia stato «un attacco non solo agli Stati Uniti ma a tutto l'Occidente e che ha posto le democrazie occidentali di fronte alla necessità di "cambiare restando se stesse».
E a proposito di libertà e diritti, il Todorov ha poi sottolineato come «La sorveglianza per la prevenzione degli attacchi va portata avanti ma non deve essere diffusa su tutta la popolazione».
E non poteva mancare la riflessione di sempre: quanto sia giusto da parte del mondo occidentale esportare a tutti i costi la democrazia. Secondo Todorov, infatti, «il militarismo democratico è una delle tentazioni più pericolose nei nostri Paesi», forse una presunzione di superiorità e verità che, secondo lo storico, ha scatenato l'effetto contrario con una violenza inaudita, generando regimi tutt'altro che democratici, come nei casi di Libia e Iraq.
Anche la democrazia, dunque, si deve interrogare sul senso di libertà e sui limiti, perché, come ha detto Todorov, il suo «messianesimo è molto più pericoloso ed estremo della deriva fanatica dell'Is che, per mezzi, siamo comunque in grado di contenere».
Non è mancata poi un'analisi sui populismi in espansione in Europa, «sono partiti che si ispirano sempre alla libertà, come se la libertà fosse solo quella di insultare e calunniare. L'avanzata dei populismi deriva dal crollo delle grandi ideologie e dei sogni salvifici portati avanti dai grandi partiti di massa e dal moltiplicarsi delle fonti di informazione. Non siamo più in grado di operare una distinzione tra affabulazione e verità, cosa che favorisce i populismi».
E ritornando al concetto di Democrazia, si intravedono infatti due grandi minacce: da una parte la crescita esponenziale in Europa di partiti razzisti e anti-democratici, dall'altra la minaccia interna di una democrazia “impreparata e screditata” e di persone sempre più pronte a posizioni estremiste.
«La democrazia è rovinata, superata, inoperante. E' morente la baldracca che ha fatto il suo tempo. - si legge ad esempio in un blog - La sua maschera egualitaria è crollata scoprendo il volto dilaniato dalla sifilide. Ha nutrito grassamente tutto l'esercito di mercenari dei politici e dei corrotti. In questo stato di cose la repubblica agonizza, i finanzieri più scaltri, gli economisti di maggior talento, i giuristi più eminenti non riusciranno a rimettere in piedi la malata. Il male è troppo profondo, è nelle fondamenta».
Ma come fa la Democrazia a fare auto da fè, se Europa e Stati Uniti si ostinano a comportarsi come i vecchi sovrani assoluti? Senza riconoscere autorità alcuna sopra la propria? In un mondo dove l'informazione e la “cultura” è nelle mani di pochi?
In questa apatia in cui è caduta la democrazia, le soluzioni e le vie più corrette da percorrere non sono ben chiare all'orizzonte. Di sicuro serve una lungimiranza perduta da troppo tempo, perché la politica è prigioniera del presente rischiando la necrosi; ed è senza profondità. C'è bisogno di una politica capace di andare oltre l'immediato e c'è tanto bisogno di fare emergere la società civile.