Delenda Carthago

cartagine374L'attentato al Museo del Bardo a Tunisi ha un significato preciso, non solo perché in Tunisia è nata la Primavera araba, ma perché il Pese è stato l'unico a non averne tradito le sue promesse.
E quando si vuole distruggere direttamente l'anima di un popolo e dei suoi valori, lo si fa puntando il mirino contro la sua storia e la sua cultura. Il museo del Bardo, dunque, sede della memoria e dell'identità, è stato attaccato con lo stesso principio che fece distruggere gli idoli in Siria e i resti archeologici dell’antica città di Hatra a nord dell'Iraq. L'obiettivo di distruggere la bellezza e la sacralità nell’evoluzione della storia dei popoli è dunque, come l'ha definita l'Unesco, una sorta di “pulizia culturale”.
Ma tornando alla Tunisia, paese “dei gelsomini”, è inevitabile pensare che la sua laicità e il suo modello di tradizione democratica, sia una vocazione che si rinnova e spaventi fin dai tempi di Cartagine.
Prima di essere conquistata da Roma, infatti, Cartagine era la più prospera città del mondo conosciuto. Prospera nel commercio e nell'agricoltura. La popolazione della città era ricca perché non aveva obblighi militari e aveva attirato a sé l'attenzione di Aristotele per la sua stabilità.
«Se Roma cominciava appena a essere Roma, - disse lo scrittore e giornalista Gianni Granzotto - Cartagine era già qualcosa di simile a Londra, con il prestigio e le pompe di una grande capitale del mondo».
Ma al contrario di Londra, la forma monarchica, la più abituale in Oriente, a Cartagine non era mai stata adottata, perché la città aveva iniziato la sua esistenza come colonia. Insomma, molto ricca e organizzata da diventare un grande impero, rappresentava una vera minaccia di supremazia nell'Adriatico, tanto che Roma fu costretta a tessere rapporti “amichevoli” per regolare le reciproche convenienze. Ma come la storia ci ha insegnato, questo gigante al tempo modello e sinonimo di “città nuova” non poteva essere tollerato a lungo, e fu distrutta dall'Impero romano nel 146 a.C.
Scrisse Flaubert: «Il sole calava dietro i flutti; i suoi raggi arrivavano come lunghe frecce su quel cuore rosseggiante. Via via che i battiti scemavano l'astro s'immergeva; all'ultimo palpito sparì.
Allora dal golfo alla laguna e dall'istmo al faro, per tutte le strade, su tutte le case e in cima a tutti i templi fu un grido solo; cessava, ripigliava; gli edifici ne tremavano; Cartagine pareva presa da un convulso: nello spasimo d'una gioia titanica, nel delirio d'una speranza senza limiti».
Una speranza senza limiti, dunque. Una speranza che ha resistito nel tempo fino ad oggi, e che forse ancora resisterà. Sappiamo delle ulteriori minacce dell'Is contro i turisti e i luoghi della cultura. E sappiamo dell'invito di molti intellettuali tunisini a combattere il terrorismo continuando a frequentare i luoghi della cultura, dell'arte e della memoria. Senza piegarsi alla paura. Già, più facile a dirsi che a farsi. Eppure la Tunisia conserva nel suo sottosuolo una resistenza fuori dal comune, una forza laica che, forse, non permetterà “alla faccia di Cartagine e di tutti i cartaginesi” che si cancelli dalla storia quella promessa di primavera che, prima o poi, tornerà a fare sbocciare i gelsomini.