Con il caso Quarto il M5s ha perso la verginità e scoperto che l’inesperienza in politica non è un valore

Era una questione di tempo, ma era nell'ordine delle cose che il Movimento 5 Stelle perdesse la sua verginità morale. Un brusco risveglio previsto e prevedibile, non solo perchè a scendere in politica, ad uscire dalla logica protestataria cercando di governare, ci si sporca a meno di non avere grande esperienza, ma perchè i metodi di reclutamento dei candidati pentastellati fanno acqua da tutte le parti. Nessuna selezione reale della classe dirigente, spesso, per non dire sempre, i candidati sono catapultati nelle liste elettorali con una manciata di preferenze di amici e parenti, così nella migliore delle ipotesi si raccatta di tutto, molte brave persone, ma anche  degli incapaci, dei visionari e purtroppo anche alcuni potenziali manigoldi, forse non di più, ma di certo come negli altri partiti. La prova cristallina è nelle carte dell’inchiesta campana sul Comune di Quarto, le intercettazioni dei camorristi parlano chiaro: “Comincia a chiamarlo. Ha preso 890 voti, è il primo degli eletti, si sente nelle registrazioni. Noi ci siamo messi con chi vince, capito?” Quando nel Comune di Quarto si stava per votare al secondo turno delle comunali. “L’imprenditore legato al clan camorrista dei Polverino, Alfonso Cesarano dava indicazioni di appoggiare al ballottaggio il candidato a sindaco dei Cinque Stelle, Rosa Capuozzo”. Nelle intercettazioni si sente: “Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant’anni. Si devono portare là sopra, e devono mettere la X sul Movimento 5 Stelle”. Poi aggiunge: “L’assessorato glielo diamo noi praticamente. E lui ci deve dare quello che noi abbiamo detto che ci deve dare. Ha preso accordi con noi. Dopo, così come lo abbiamo fatto salire così lo facciamo cadere”. Poi la chiusura lapidaria: “Hanno vinto, ora rispettino gli impegni”. Una storia che, se confermata in sede giudicante, getterebbe più di un’ombra sulla presunta purezza dei grillini rivendicata sempre da tutti, dai parlamentari agli attivisti come elemento distintivo dagli altri partiti. Tuttavia oggi sarebbe sbagliato accanirsi, non perchè, come fanno i dirigenti dei 5 Stelle, un caso sarebbe l'eccezione che conferma la regola, ma perchè ad essere sotto accusa dovrebbe essere il sistema Italia. Quel caso, di Quarto così crudo, è facile pensare verrà replicato, magari non in salsa camorristica, magari con semplici accettazioni di “favori”, ma verrà replicato di certo, perchè il movimento di Grillo e Casaleggio ha un peccato originale difficile da esorcizzare, esattamente come avvenne alla Lega Nord della prima ora, passare dalla protesta, dall'opposizione, alla gestione della cosa pubblica è un salto enorme che si può compiere solo a patto di costruire un sistema di autocontrollo e di distribuzione della conoscenza e questo non può essere fatto via Internet. Bisogna sempre ricordarlo il web è solo uno strumento, non è certo la macchina della verità. Partiti con ben altra ossatura ideologica e storica passati dall'opposizione al governo, hanno generato mostruosità corruttive, non si vede perchè dovrebbe essere diverso per i 5 Stelle. Professarsi onesti non vuol dire che non si possa diventare disonesti, del resto il detto popolare “l'occasione fa l'uomo ladro” non nasce per caso. Ben altri devono essere gli anticorpi di cui necessità la politica italiana alle prese, più di qualsiasi altro Paese democratico del mondo, con reti corruttive e criminali imponenti che spesso permeano il tessuto sociale ed economico in maniera così profonda da rendere complicatissimo governare senza subire ricatti. Ora l'hanno scoperto anche i Grillini, un bagno di umiltà doloroso ma necessario che dovrebbe consigliargli di abbassare i toni, di smetterla di santificare la propria rettitudine per iniziare a mettere al servizio del Paese la loro forza e le loro idee. Basta con la solita presunzione di essere gli unici detentori della verità e dell'onesta, di essere vergini in lupanare. Prima o poi qualcuno finisce nell'ammaliante talamo della corruzione e del mercimonio. Anche quando questo non è avvenuto l'inesperienza è la rigidità “morale” da valore positivo è diventata ostacolo al cambiamento del Paese per la paura di “sporcarsi”. Così i pentastellati hanno finito per favorire, con la loro intransigenza, non solo la nascita di una maggioranza di governo contronatura, ma l'ascesa ai vertici del Paese di virtuosi della mediazione che sono in realtà funamboli della manipolazione mediatica e che non disdegnerebbero, pur di governare, di fare il patto con il diavolo. Così dopo aver gettato alle ortiche la possibilità di contare per davvero autorelegandosi alla opposizione di vicinanza ai comignoli, hanno finito per sporcarsi comunque in un piccolo Comune della Campania. Un vero peccato che il M5 stelle stia sprecando l'originalità del proprio messaggio originario, la potenzialità della propria spinta propulsiva al cambiamento, solo perchè incapaci di immaginare una mediazione che possa accontentarsi di portare nelle case degli italiani parti qualificanti delle loro proposte, risultati concreti e non solo strilli e sceneggiate nelle aule parlamentari. Una politica attuata simile al  "celodurismo" bossiano che alla fine non paga, come hanno scoperto i militanti del Carroccio che hanno dovuto attendere il miracolo mediatico Salvini per risorgere dalle ceneri e dal fango nel quale erano finiti fra sprechi e ruberie varie.  Del resto Stefano Rodotà, non certo un nemico dei grillini, l'aveva in parte predetto in tempi non sospetti. Intervistato dal Corriere della Sera sul risultato del Movimento 5 Stelle alle elezioni amministrative, Rodotà, che era stato il candidato del M5S all’elezione del Presidente della Repubblica, aveva parlato di un risultato sotto alle aspettative, dando la colpa, tra le altre cose, anche alle polemiche e difficoltà interne al movimento. Rodotà rispondendo a una domanda sulle “verginità” politica implicita nel personale del M5S perchè giovane e selezionato al di fuori dal mondo della politica tradizionale aveva detto: “Non ho mai creduto al valore dell’inesperienza, che rivendicano come verginità dalle compromissioni. Io ci misi molti mesi a imparare. Il Parlamento richiede competenza...”. E come si vede non solo il Parlamento richiede competenza e capacità di giudizio, in poche parole esperienza, quella che probabilmente è mancata alla giovane sindaco di Quarto dinnanzi ai presunti ricatti del suo assessore in odore di Camorra.