Ai giornali di partito 340 milioni di finanziamento pubblico in due anni, l’80% ha chiuso

746x793xgiornali-di-partito.png.pagespeed.ic.kaoxlhOoBMVerrebbe da dire in stile Razzi by Crozza: “Amico caro, fatti nu partito tutto tuo, anzi fatti nu giornale tutto tuo” . Si, perchè quello dei giornali di partito è ancora un bel business, basti pensare che dal 2003 ad oggi sono stati 340 i milioni di finanziamento pubblico erogati generosamente alla stampa partigiana, un sostegno non certo ben speso, dato che l’80% di quelle pubblicazioni ha chiuso. Basta scorrere l'elenco dell'infografica per averne la conferma e senza neppure andare in edicola. Roba da gridare vendetta per noi e per l'altra stampa nazionale e locale alle prese con bilanci sempre più precari e alla ricerca spasmodica di fonti oneste di finanziamento per tenere in piedi le strutture, dare lavoro ai giornalisti, ma soprattutto cercar di fornire un stampa indipendente e non viziata da interessi di parte.Ma ovviamente questa parte della stampa senza i buoni uffici di qualche papavero è esclusa a priori dalle fonti di finanziamento, l'indipendenza e la libertà si paga in proprio.  I dati dei finanziamnti ai giornali di partito,  sono stati analizzati in una ricerca dell'associazione Openpolis che appunto sottolinea come, nonostante i tempi di spending review, dal 2003 sono stati 340 i milioni di soldi pubblici concessi a 19 giornali e 6 radio, in particolare rispettivamente 252 e 92 milioni.
L’Unità e la Padania sono tra i maggiori percettori di denaro. L’Unità per più di 60 milioni e la Padania per 37 milioni. Ma questi denari non sono bastati dato che la Lega Nord, alla fine ha fatto chiudere i battenti alla Padania nel novembre scorso dopo 17 anni e dopo aver ricevuto 61 milioni di euro di fondi pubblici, infatti se si sposta indietro l'orologio dei finanziamenti fino al 1997, anno della sua nascita, questa è la somma accumulata dal partito oggi di Salvini ieri di Bossi.
La storia dell’Unità è più lunga e tormentata. Il quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha subito nel tempo morti e rinascite, aveva chiuso una prima volta nel 2000, dopo anni di discussa e discutibile proprietà di Alfio Marchini (rampollo della nota famiglia della sinistra romana) e del re della Sanità Angelucci. Il giornale riapre nel 2001 grazie alla Nie (Nuova iniziativa editoriale) ai cui vertici economici si alternano nomi conosciuti, Dalai, Soru e l’imprenditore farmaceutico Mian. Un periodo dal 2001 al 2011 molto tormentato con la direzione della pur brava Concita di Gregorio che non riesce nell'arduo compito di far riprendere il giornale che nel frattempo era sempre di più diventato estraneo alla base del Partito che nel frattempo aveva cambiato più volte vesti fino a diventare Pd. . Così l’ultimo azionista di maggioranza Fago mette in liquidazione la società e nel 2014 l’unità chiude. Ma ecco che, colpo di scena, arriva il salvataggio grazie al gruppo Pessina costruzioni. Sull'operazione in molti hanno adombrato dubbi pesanti, in particolare secondo i più maligni si sarebbe trattato di un operazione “gratitudine” per un mega appalto avuto a La Spezia con i buoni uffici del Pd. Il direttore ora è il renziano D’Angelis. In tutta questa tormentata e lunga vicenda però il giornale incassa quasi 61 milioni di euro di finanziamenti pubblici, sbaragliando in questo, non nelle vendite, la concorrenza e mettendosi in testa ai giornali di partito per quantità di denaro ricevuto.