A Conte l’incarico per il governo «Sarò l’avvocato del popolo italiano» ma il rischio è che diventi legale delle cause perse

Qualcuno in 80 giorni fece il giro del Mondo, al presidente Mattarella sono serviti invece per sciogliere i nodi dello psicodramma andato in scena dopo il 4 di marzo e, siamo certi, che l'affaticamento è stato superiore di quello del protagonista Phileas Fogg nel libro di Jules Verne. Così questa sera, dopo due ore di colloquio, il presidente Mattarella ha dato a Giuseppe Conte l'incarico di formare il governo, incarico che il professore-avvocato che presentandosi al microfono non ha resistito nell'annunciare la sua doppia qualifica, come vuole la prassi, si è riservato di accettare. «Sono consapevole della necessità di confermare la collocazione europea dell'Italia», ha detto in conferenza stampa tanto per rassicurare l'Europa che non sarà lui il carnefice della Ue. «Quello che si appresta a nascere sarà il governo del cambiamento», ha aggiunto il premier incaricato, dando, dopo il colpo al cerchio Europa, quello alla botte "cambiamento", per rassicurare l'elettorato di "riferimento”. «Un governo dalla parte dei cittadini, che tuteli i loro interessi» ha aggiunto, «Mi propongo di essere l'avvocato difensore del popolo italiano» non rendendosi conto del rischio concreto, con la maggioranza che si ritrova, di diventare "avvocato delle cause perse". «Se riuscirò a portare a compimento l'incarico, esporrò alle Camere un programma basato sulle intese intercorse tra le forze politiche di maggioranza, poi, nei prossimi giorni tornerò dal presidente della Repubblica per sciogliere la riserva e, in caso di esito positivo, per sottoporgli le proposte sui ministri». Insomma Giuseppe Conte si appresta a diventare il presidente del 65esimo governo della storia repubblicana. Difficile dalle poche frasi pronunciate riuscire ad estrapolare un profilo del Governo che aspetta l'Italia, di certo il cammino non sarà facile per il neo premier che dovrà esse un vero equilibrista. Dovrà camminare sul filo dei possibili veti contrapposti, sull'interpretazione "autentica" dei punti del “contratto Lega-M5s" e con la spada di Damocle del “comitato” che dovrebbe dirimere le eventuali controversie e che odora molto di “governo ombra”. Insomma il neo premier corre il rischio di essere, se non un burattino in mano a Salvini e Di Maio, un notaio non in grado di cambiare nulla. Torna insomma lo spettro già visto molte volte ad ogni svolta "epocale" della gattopardesca logica del “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Certo è, che l'area da “democristiano”, nei toni e negli atteggiamenti presenti e passati, in Conte è palese, Certamente nelle due ore passate con Mattarella il presidente lo deve aver percepito e forse rassicurato. Che tipo di democristiano sarà Giuseppe Conte però lo scopriremo con il tempo, non somiglia a Matteo Renzi, e questo è un bene, ma neppure ad Aldo Moro. Di certo la questione del curriculum non è stato un bel biglietto da visita, ma non per i motivi noti. Infatti è palese che un curriculum di decine di pagine, al di là dei suoi contenuti, non solo è sintomo di incapacità di “sintesi”, ma anche di insicurezza. Poco importa se vi sono delle imprecisioni, più è lungo ed autoreferenziale il curriculum più la persona dimostra di essere diversa da quello che vorrebbe dimostrare di essere. Questo sembra decisamente più grave rispetto alle “imprecisioni” contenute nella sua presentazione al mondo. Del resto quando le ha scritte, il “professore” non prevedeva che ogni frase, ogni parola, venisse spulciata, non da qualche distratto burocrate universitario, ma dai giornalisti di mezzo mondo. Non poteva prevedere di essere il nuovo premier italiano. Come è noto, nel mondo dei media di oggi, si conta molto sul fatto che a buona parte degli italiani piace venire disinformata, del resto il voto del 4 marzo ne è la plastica dimostrazione e questo invece poteva prevederlo. Una volta la manipolazione era affidata al clero, oggi, ahinoi, alla stampa, alla tv e soprattutto ad internet. Non si verifica, non si ragiona, non si leggono i testi o gli approfondimenti, ci si accontenta dei titoli e sottotitoli o dei riassunti in stile tweet. In questo certi giornalisti sono bravissimi, come sono stati bravissimi alla Casaleggio & Associati in questi anni o i leghisti nello spargere il seme della paura e della xenofobia con la complicità di stampa e Tv che cercavano un personaggio di destra per compensare l'assenza forzata di Silvio Berlusconi. Comunque la pensi Giuseppe Conte deve sapere che si dovrà scontrare con gli stessi metodi e già oggi è per lui un bel problema non essere stato lungimirante. Ma diciamolo chiaro, l'accusa che si muove al neo premier incaricato è per ora davvero poca cosa se paragonata alle vicende di alcuni suoi predecessori a Palazzo Chigi o nei vari ministeri della Repubblica. Il povero Conte è solo accusato di avere millantato studi accademici a New York University non di avere trattato con la mafia. Per comprovare la sua infedeltà alla verità accademica, giornaloni italiani e stranieri, non certo campioni di verità, pubblicano un curriculum di cinque anni fa nel quale la frase maggiormente incriminante sarebbe quella che racconta che "Dall'anno 2008 all'anno 2012 ha soggiornato, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University, per perfezionare e aggiornare i suoi studi". Si parla di “soggiorno” (non del master menzionato dai dispensatori di false verità). In realtà è noto che sono molti gli atenei che come quello di Harvard, concedono a studenti e studiosi stranieri, la possibilità di accedere alle biblioteche e di partecipare ad alcuni eventi che hanno luogo durante la pausa estiva senza che vi siano particolari emissioni di titoli o registrazioni di sorta. Conte insomma non è il Bossi junior alias "trota", non ha mentito sui titoli, ha solo infiorito la sua narrazione autoreferenziale in un delirio narcisistico-culturale. Insomma è questa la sua colpa, ma quello che colpisce è che e bastato questo per avviare una prima macchinazione imponente. Conte dovrà abituarsi, non perchè sta per entrare nella stanza dei bottoni, ma perchè non gli si perdona di essere stato solo un “fiancheggiatore” del establishment, uno che avrebbe certamente voluto entrare nei salotti buoni del potere italiano, ma che è rimasto sempre nell'anticamera strizzando l'occhio a tutti, Boschi a Verdini compresi. Per molti è visto come un pericolo, ad altri la vicenda curriculum lo rende simpatico, come il secondo suo problema che ha fatto gridare allo scandalo i falsi benpensanti. Parliamo del fatto che anche Giuseppe Conte, come la maggioranza degli italiani, è stato vittima di Equitalia. Lo ha “scoperto” Libero che è arrivato a pubblicare il dettaglio degli addebiti che hanno portato ad una ipoteca da 52 mila euro sulla casa romana del professore, ipoteca poi cancellata saldando ogni addebito.
Le carte pubblicate da Libero raccontano una storia di mancati versamenti di contributi previdenziali, di contravvenzioni non pagate al Comune di Roma, di mancati versamenti Irpef, Irap, Iva e addizionali varie, il tutto in un arco di tempo che va dal 1997 al 2008, ma poi tutto sanato, pare, senza condoni di sorta. Insomma Giuseppe Conte è un italiano Doc e tanto basta per renderlo più umano. Certo questo non è sufficiente per dare un giudizio positivo, bisognerà attendere, perchè i suoi compagni di merende non sono certo personaggi che ci fanno stare tranquilli. Anche il famoso “contratto” di governo è una sorta di “Giano bifronte”, a provvedimenti potenzialmente positivi, fanno da contraltare altri sicuramente pericolosi e molto classisti, e poi è noto, il diavolo nei contratti si nasconde nelle clausole, che oggi non sono neppure note forse neppure al premier in pectore. A Giuseppe Conte spetta ora metterci la faccia, anche se siamo certi che nella sua accettazione, la “riserva”, finirà per essere sciolta. Quello che si potrebbe sciogliere però è anche la fiducia di chi ha votato Lega e M5s, perchè sarà difficile che queste forze, cosi eterogenee, possano attuare le promesse smodate fatte in campagna elettorale senza portare l'Italia sull'orlo di un baratro. Non parliamo del baratro dello spread pilotato o quello dei segni negativi in Borsa, ma l'aumento reale delle difficoltà di molti italiani nel mettere insieme il pranzo con la cena, di curarsi con il servizio sanitario nazionale, di avere scuole e servizi all'altezza di un paese civile. Alla fine il rischio è che il “Re resti nudo” è altissimo, bisogna vedere se Giuseppe Conte accetterà di sfilare per conto di Salvini e Di Maio, in ogni caso non sarà un bello spettacolo.

Fabio Folisi