50 anni dalle prime elezioni regionali: dichiarazione del Presidente Mattarella sull’autonomia, luci e ombre del titolo V

Questa mattina il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato una dichiarazione sull'autonomia regionale commemorando il 50esimo anniversario delle prime elezioni delle regioni a statuto ordinario. «Cinquant’anni or sono, ha detto Mattarella, i cittadini delle Regioni a statuto ordinario vennero chiamati per la prima volta alle urne per eleggere i loro rappresentanti nei Consigli regionali. Si completava così il disegno dei Costituenti e la democrazia nel nostro Paese compiva un ulteriore, significativo passo in avanti, ampliando le sue basi e rafforzando il carattere pluralista delle sue istituzioni. La Repubblica nasce nel rifiuto del carattere autoritario e centralista dello Stato, inasprito dal regime fascista, contro la tradizione dei liberi Comuni e delle identità dei territori, ricchezza della civiltà dell’Italia. Il principio di autonomia, delle Regioni e degli enti locali, è alle fondamenta della costruzione democratica, perché appartiene al campo indivisibile delle libertà e costituisce un regolatore dell’equilibrio costituzionale. L’esperienza delle Regioni ha attraversato diverse stagioni, è stata oggetto di confronti molto intensi, e di riforme che hanno modificato non solo il profilo legislativo e amministrativo degli enti, ma anche il funzionamento complessivo dei poteri democratici della Repubblica. Dopo mezzo secolo di esperienza la riflessione è ancora aperta, e la stessa lotta alla pandemia ci ha posto di fronte a nuovi interrogativi su come rendere migliore il servizio ai cittadini ed evitare che conflitti e sovrapposizioni tra istituzioni possano creare inefficienze paralizzanti o aprire pericolose fratture nella società. La libertà dei territori e l’autonomia delle comunità sono un contributo all’unità nazionale, nel quadro di una leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali. Le intese tra Stato, Regioni, Comuni, Province sono parte qualificante dell’azione di governo. Le diversità – se non utilizzate in modo improprio – sono un moltiplicatore di crescita civile, economica, culturale. L’Europa stessa è chiamata a valorizzare la dimensione regionale, come vettore di integrazione.

Affinché il pluralismo e la sussidiarietà assumano il valore che è loro proprio, è necessario che questi concorrano alla realizzazione dei principi fondamentali di solidarietà e di uguaglianza sanciti dalla Costituzione. Le Regioni e le autonomie degli enti locali accresceranno le opportunità del Paese, anche in questa stagione di ripartenza, se sapranno contribuire a garantire e rendere effettivo il carattere universale dei diritti sociali e di cittadinanza del popolo italiano, al cui servizio tutte le istituzioni democratiche sono poste. Siamo chiamati a una prova impegnativa: l’Italia ha le carte in regola per superare la sfida. Non vincerà da solo un territorio contro un altro, non prevarrà una istituzione a scapito di un’altra, ma solo la Repubblica, nella sua unità. Decisiva sarà la capacità di tenere insieme pluralità e vincolo unitari». Fin qui le dichiarazioni del Presidente evidentemente preoccupato che la realtà del covid abbia messo in luce alcune pesanti storture del sistema soprattutto in merito alle questioni sanitarie. Appare evidente che la richiesta di revisione del titolo V della costituzione è urgente come sarebbe urgente l'autocritica del centrosinistra che le modifiche attuò nel 2001 non per convinzione ma per miope strategia relativa ad arginare elettoralmente la deriva "federalista" che la Lega Nord di Bossi stava imponendo al Paese. Un errore che a ben vedere, ad essere maligni, è alla base come conseguenza a lungo termine di buona parte dei 35.ooo morti del Covid-19. Per non parlare della proliferazione di poltrone che ne è derivata, ad esempio nella sanità. L'autonomia indifferenziata, non legata a specifiche condizioni, storico, territoriali o linguistiche, come quella delle "speciali" alla fine non solo non rende più efficente la gestione della cosa pubblica ma nel tempo provoca disomogeneità amministrativa che nel paese della burocrazia perniciosa moltiplica il problema in maniera esponenziale. Bene che Mattarella abbia posto il problema, a modo suo ovviamente, di più dal presidente non si poteva pretendere.