Scambio di accuse fra Erdogan e Putin, gli Usa si schierano con l’alleato Nato a prescindere. La Ue che tace “acconsente”. Insomma è saga di novelli Pinocchi

Dire tensione alle stelle tra Russia e Turchia è poco, perchè questa volta i rischi per gli equilibri mondiali sono davvero pesanti.  Lo scontro fra i due Paesi infatti è ormai non solo fra Stati, fra diplomazie, ma anche fra due personalità forti quanto complesse e, temiamo, troppo arroganti per poter solo pensare di piegarsi davanti all'altro anche solo un poco. Da una parte Vladimir Putin, ex colonnello del Kgb, che in quanto tale non è certo uno stinco di santo, dall'altra Recep Tayyip Erdogan, islamista convinto che sta lentamente, ma inesorabilmente, facendo scivolare il suo Paese, storicamente laico, nel baratro di una concezione coranica dello Stato che difficilmente può essere poi aggettivato con la parola "diritto" come ben sanno i giornalisti in carcere e quelli indagati. In questo i due si somigliano molto.  La questione non è insomma più solamente geopolitica o militare, ora sono in gioco fattori umani che rendono la vicenda ancora più pericolosa, anche per l'incapacità occidentale e soprattutto degli Usa, di accettare almeno parzialmente  le ragioni della Russia. Se aggiungiamo a questo la disarmate accondiscendenza europea acritica alla politica dello "zio Sam" il quadro è completo perchè quella  Ue  è prona anche quando gli interessi americani non coincidono con quelli generali del vecchio continente. Così dopo un Vladimir Putin che nel suo discorso alla nazione usa termini forti, perfino minacciosi, nei confronti di Ankara, si assiste ad un presidente turco,  rispondere ad accuse con altre accuse: "Non siamo noi ma la Russia ad essere coinvolta nel traffico di petrolio con l'Isis - dice -, abbiamo le prove". Una situazione che rischia di minuto in minuto di diventare esplosiva tanto che Ankara, per evitare guai, sta tenendo a terra i propri caccia, almeno lungo il confine con la Siria. Per il presidente russo la leadership turca è responsabile per la morte dei suoi aviatori in Siria e l'idea di vendicarsi non è certo un eventualità che Putin non sta valutando, anzi lo dichiara apertamente: "Se qualcuno pensa che la reazioni della Russia saranno limitate alle sanzioni commerciali, si sbaglia di grosso". "Non dimentichiamo, se ne pentiranno", minaccia. E rilancia le sue accuse alla Turchia di complicità con l'Isis. Per Putin è tutto chiaro e documentato, sono tre le rotte del petrolio che dal califfato raggiungono la Turchia. "Non dimenticheremo l'abbattimento del jet russo", aggiunge. E in un crescendo di accuse: "La Turchia si pentirà più di una volta di quello che ha fatto", dice Putin aggiungendo che Mosca non ignorerà che Ankara "sta aiutando i terroristi". E ancora: "Qualsiasi business criminale sanguinario, è inammissibile". Poi però il presidente russo precisa  che la Russia non "brandirà le armi" contro la Turchia se non provocata, lascia intendere, "ma non si limiterà" all'embargo alimentare. Putin ha iniziato il discorso con il silenzio in memoria del pilota russo Oleg Peshkov, 45 anni , ucciso e ribadisce "gli hanno sparato nella schiena". Poi  le condoglianze in ditta Tv  alla vedova e ai suoi familiari. "Non abbiamo intenzione di lanciarci in un tintinnare militare di spade" con la Turchia, "ma se qualcuno pensa di cavarsela,  per avere commesso questo terribile crimine di guerra, l'omicidio della nostra gente,  con qualche misura che riguarda i pomodori o qualche limite su costruzione e altri settori, si sbaglia di grosso". Facendo riferimento sempre  all'abbattimento del Su-24, il numero uno del Cremlino commenta: "Forse solo Allah sa perché l'hanno fatto e probabilmente Allah ha deciso di punire la cricca turca facendole perdere il senno". Ma Erdogan non ci sta ed è passato al contrattacco, verbale, per fortuna: In un discorso trasmesso alla televisione ad Ankara, Erdogan ha assicurato che la Turchia ha le prove del coinvolgimento russo nel commercio del petrolio dei jihadisti. "Abbiamo in mano delle prove, cominceremo a rivelarle al mondo", ha detto Erdogan, citando in particolare il presunto ruolo nel traffico di petrolio con il Califfato dell'imprenditore siriano George Haswani, "titolare di un passaporto russo". Il presidente turco ha definito "immorali" le accuse della Russia di un coinvolgimento della sua famiglia. La tesi turca è probabilmente, non legata ad un commercio diretto della Russia con L'Isis che sarebbe geograficamente fantasioso,  ma a dei presunti traffici di Assad con i jihadisti, ed essendo Assad protetto dai russi la conseguenza per Erdogan è chiara, Assan è eguale a Putin. Ora considerando la magmatica situazione siriana tutto è possibile, ma le prove per ora fanno pendere la realtà verso quella raccontata da Putin. Del resto anche gli Usa hanno parlato di convogli di cisterne che entrerebbero in Turchia, ma di soppiatto, di nascosto ad Erdogan. Una tesi bizzarra visto che si parla di migliaia di autobotti che fanno la spola facilmente individuabili   e non della tanichetta da 10 litri nascosta sotto il sedile. Considerando poi che parliamo di un Paese che in questo momento ha l'esercito mobilitato ai confini lìidea che colonne di camion si possano celare è ipotesi neppure letteraria o favolistica. Certo i turchi sono impegnati a “pestare” i curdi più che l'Isis, ma al pentagono questo evidentemente importa poco, del resto non c'è più ceco di chi non vuol vedere. Nel Risiko della geopolitica a stelle e strisce, la Turchia è amica,  un alleato Nato in quanto tale non può coprirsi di nefandezze come il contrabbando di petrolio con i tagliagola, soprattutto se ad accusarla è l'antico nemico di una vita, quella Russia erede dell'Urss e del Patto di Varsavia che evidentemente resta, vivido incubo, nel sonno di molti strateghi Usa. Al massimo i traffici di frontiera fra Isis e faccendieri del petrolio avvengono  a “sua insaputa”, ma state tranquilli in questo caso Scajola non c'entra. Così il Pentagono interviene comunque, a prescindere,  in difesa di Ankara: "Rifiutiamo categoricamente l'idea che la Turchia stia lavorando con l'Isis. E' totalmente assurdo". A parlare è il portavoce del Pentagono Steve Warren che reagisce con veemenza alle accuse di Mosca, secondo cui Erdogan "e la sua famiglia" sono coinvolti "nel traffico illecito di petrolio" con l'Isis. "La Turchia partecipa attivamente ai raid della coalizione contro i jihadisti", ha detto Warren, che evidentemente non deve aver letto il libro di Collodi. Ma si sa, in politica estera, una spuntatina ai nasi, prima o poi la fanno tutti.

Fabio Folisi