Salpata da Augusta l’operazione “Mediterranea”. Vigilerà sui vigilatori “costieri” libici e risponderà alle leggi del mare e non a quelle di Salvini

Un rimorchiatore d'alto mare battente bandiera italiana, il “Mare Ionio” è salpato nella notte di mercoledì scorso dal porto siciliano di Augusta, prua al vento in direzione della costa Libica. Non è una operazione mirata al salvataggio, anche se è pronta a farlo se le condizioni dovessero renderlo necessario, tanto che tra le dotazioni a disposizione del “Mare Ionio” ci sono anche gli equipaggiamenti per il Sar, l’attività di search and rescue. Si tratta invece della prima missione di vigilanza... sui vigilatori in acque internazionali, operazione completamente organizzata in Italia ribattezzata “Mediterranea”.
Il progetto, promosso da varie associazioni (tra cui Arci nazionale, Ya Basta di Bologna, la Ong Sea-Watch, il magazine online I Diavoli e l'impresa sociale Moltivolti di Palermo) è anche sostenuta politicamente e finanziariamente da Nichi Vendola e da tre parlamentari di Leu (Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto e Rossella Muroni). L'idea nata nello scorso luglio si è concretizzata in azione effettiva nei mesi successivi. L’attività del “Mar Ionio” sarà ufficialmente circoscritta di “monitoraggio, testimonianza e denuncia”, anno spiegato gli organizzatori. Fra oggi e domani l’imbarcazione, seguita dalla barca appoggio Burlesque (uno sloop Bavaria 50, barca a vela di una quindicina di metri, battente bandiera spagnola con a bordo giornalisti nazionali e internazionali, attivisti e mediatori culturali), entrerà in azione nella stessa zona in cui da qualche giorno incrocia il veliero Astral dell’ong spagnola Open Arms, più volte definita dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, un “taxi del mare”. Insomma è probabile che si voglia agire e documentare azioni di soccorso: “Non potevamo più stare a guardare – dicono in sostanza gli attivisti - bisognava agire e trovare il modo di contrastare il declino culturale e morale che abbiamo davanti. Quella di Mediterranea è un’azione di disobbedienza morale ed al contempo di obbedienza civile. Disobbediamo al prevalente del discorso pubblico delle destre nazionaliste obbedendo alle leggi del mare, del diritto internazionale e della nostra Costituzione che prevedono l’obbligatorietà del salvataggio di chi si trova in condizioni di pericolo”.
Così a naso sembra che nei prossimi giorni ci sarà di che commentare, difficile credere che Matteo Salvini resterà a guardare azioni border line di chi agisce nel solco di quanto detto oggi dal Sindaco di Riace all'uscita dell'interrogatorio di garanzia: "Mi si accusa di non aver rispettato le regole ma forse la Costituzione italiana la rispetto più io di molti che si nascondono dietro "le regole". La prima regola della Costituzione italiana che nasce dalla Resistenza è il rispetto degli esseri umani. E non hanno colore della pelle o nazionalità". La questione non è di poco conto dato che c'è il rischio che passi invece, come ferrea e monolitica interpretazione delle regole, quel motto “sed lex dura lex” dietro al quale più di qualcuno cerca di omologare come inalienabili anche le nefandezza giuridiche presenti nel nostro ordinamento. Certo è materia da maneggiare con attenzione quella della disubbidienza civile, ma non si può neppure liquidare il problema esemplificando con un motto che nei suoi oltre 2000 anni di vita è stato smentito dalla storia. Proprio in queste ore abbiamo voluto replicare ad un commento sulla pagina Facebook di FriuliSera, commento di una persona che probabilmente in buona fede, lapidariamente aveva bollato e liquidato la questione del sindaco Riace e le considerazioni sul nostro pezzo “Mala tempora currunt” (corrono brutti tempi).. , proprio con il lapidario “dura lex, sed Lex”. Ne è uscita una riflessione basata anche sul ricordo delle lezioni universitarie di Storia del Diritto Romano e Filosofia del Diritto ahimè così lontane nel tempo, che credo però possano avere una certa attinenza con l'avventura navale partita da Augusta e sulla possibile futura “disubbidienza” degli equipaggi. Insomma c'è il rischio che i fautori del dura lex, sed lex pensino di liquidare l'umanità in forza di norme sbagliate sul piano umanitario. In realtà l'idea che "la legge è dura, ma è (sempre) legge" e quindi va rispettata comunque, non solo cozza con il buon senso ma anche con la storia. Insomma è solo una teoria, oggi solo un motto ad effetto. In realtà è un principio che aveva una valenza storica precisa riferita al periodo di introduzione delle leggi scritte nell'antica Roma. Fino ad allora le leggi venivano tramandate per via orale e quindi si prestavano molto alla modifica da parte dei giudici, che si rifacevano a tradizioni orali e quindi introducevano una sorta di arbitrio, perché erano loro i detentori del potere di riferire la tradizione orale. Così il motto significa: sebbene la legge sia dura, è una legge scritta, cioè uguale per tutti. Ma riportata ai tempi nostri è solo un invito teorico d'effetto a rispettare la legge. Dall'epoca romana ad oggi non solo molta acqua è passata sotto i ponti, ma la filosofia del Diritto ha avuto una evoluzione. Per dirne una c'è stata la Rivoluzione Francese, se si fosse ottusamente rispettato il “motto” dura lex, sed lex in Francia e nel resto d'Europa avremmo ancora monarchie assolute e non democrazie. Va aggiunto che in tutti i casi, anche in quelli in cui la norma è più rigida, questa deve basarsi sull'osservanza di principi anche gravosi ma in considerazione del beneficio che questi hanno per la comunità, non solo quella “nazionale” ma quella umana in generale. Ed è qui che casca l'asino, il beneficio per l'umanità che molte leggi, oggi come ieri, non hanno rispettato in quando sono leggi sbagliate ed è doveroso combatterle, anzi sarebbe obbligo farlo. Se poi vogliamo parlare in punta di diritto, vogliamo analizzare che la prima a non essere applicata è la legge delle leggi, la nostra Costituzione che viene violentata da settant'anni. Un esempio fra tutti: l’articolo 41 prescrive che l’iniziativa economica “è libera” ma subito dopo, sottolinea come non possa svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Insomma pur considerando che siamo in un terreno complesso dove filosofia e diritto si intrecciano e che su questo si sono cimentati nei decenni fior di giuristi e filosofi, non si può liquidare le questioni come se codici e leggi rispondano a se stesse, fosse così il pericolo di una involuzione della democrazia sarebbe altissimo e riprenderebbero quota la legge del taglione e il dominio assoluto di giudici in stile “papa re”, giudici magari eletti dalla plebe come qualcuno vorrebbe.