Piano europeo sull’immigrazione presentato oggi all’Onu. Ma sulla redistribuzione dei migranti la Commissione europea porrà delle condizioni all’Italia

La notizia di giorni fa del cambio di rotta dell'unione europea relativamente alla accoglienza di profughi allentando la morsa dei protocolli di Dublino nascondeva delle insidie, delle condizioni. Questo era palese più nelle cose non dette, negli atteggiamenti, che in quanto scritto nei documenti. Oggi la situazione appare più chiara. In sostanza c'è una sorta di clausola che l’Italia dovrà accettare prima del via libera alla distribuzione dei profughi in tutti gli Stati europei, una condizione che dimostra quanto poco si fidi in realtà l'Europa del nostro Paese. Si prevede in sostanza l’invio in Italia di commissioni internazionali che controllino o gestiscano il foto segnalamento e la gestione delle impronte digitali degli stranieri e la creazione sul nostro territorio di centri di smistamento dove i migranti dovranno rimanere fino al completamento della procedura per l’accertamento dell’identità.
Il non detto è che nel nord europa si sospetta che in passato l'Italia, che continuava a lamentarsi di essere sola a gestire traffici migratori enormi, avesse lasciato maglie larghe, anzi larghissime nella gestione degli immigrati non provvedendo con la necessaria celerità e puntualità alla identificazione dei migranti per poi lasciarseli sfuggire consentendo loro di passare oltre confine, scaricando insomma il problema ad altri Paesi. Un accusa probabilmente infondata dal punto di vista della pianificazione a tavolino di una simile strategia da parte delle autorità italiane ma che trova un fondo di verità nei numeri. Troppi gli immigrati “spariti” dopo il loro arrivo nel nostro Paese per non sospettare che qualcosa che non funzioni nel sistema vi è davvero. Comunque pare che senza garanzia, una sorta di commissariamento delle procedure di identificazione, il progetto di redistribuzione dei migranti nei 28 paesi comunitari non avrà luogo. Insomma solo se l'Italia accetterà questa “collaborazione” forzosa verrà avviato l’esame della proposta per far diventare obbligatoria e non volontaria l’accoglienza da parte dei 28 Paesi e di fatto per una revisione del Trattato di Dublino.
Di questo si discuterà mercoledì giorno nel quale la Commissione Ue deciderà, si spera, la “svolta” nella strategia europea sull'immigrazione, ma intanto l'Alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini la anticiperà oggi nella prima riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, allo scopo di sensibilizzare i membri permanenti non europei in vista dell'altra partita decisiva che si giocherà al Palazzo di Vetro, cioè la discussione sul mandato della missione nelle acque libiche per combattere contro i trafficanti e - possibilmente - anche distruggere i barconi "prima che siano usati", come indicato nel vertice europeo straordinario.
I punti chiave su cui si fonda la strategia Ue sarebbero quattro: aiuto ai Paesi di origine e transito dei migranti, controllo delle frontiere a sud della Libia e nei Paesi limitrofi, missioni di sicurezza e difesa contro trafficanti e scafisti e infine, il più controverso, l'obbligatorietà della suddivisione dei profughi in base ad un meccanismo di quote.
Per gli aiuti ai Paesi terzi e per il controllo delle frontiere, con interventi sulle infrastrutture per metterle in sicurezza, "non ci sono problemi di soldi", spiegano da Bruxelles visto che l'Europa è il primo donatore mondiale e può attingere ad un budget di circa 20 miliardi per cooperazione e sviluppo. Per quanto riguarda invece la missione nell'ambito della politica di sicurezza e difesa, tutto è legato all'Onu e ai tempi per l'approvazione della risoluzione preparata dall'Italia e presentata dalla Gran Bretagna. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha parlato di una decina di giorni per capire se, oltre all'appoggio che già c'è di Francia, Gran Bretagna, Spagna e Lituania, si possa contare anche su quello degli altri undici membri. Ma sulla strada della approvazione vi sono anche altri ostacoli, la Russia, innanzitutto che per ora, non ha vincolato il suo sì alla questione delle sanzioni, lasciando aperta la strada dell'ottimismo, anche se il fatto che le diplomazie europee abbaino di fatto disertato i festeggiamenti per il 70° anniversario della vittoria sul nazi-fascismo in Piazza Rossa non aiuterà il dialogo. Il punto più controverso della strategia, come spiegato in apertura, resta la redistribuzione dei migranti, con quote obbligatorie da stabilire in base alla ricchezza del Paese, al tasso di disoccupazione, ai numeri degli asili già concessi. La Commissione ha deciso, per aggirare certe resistenze nazionali, di invocare l'articolo 78.3 del Trattato di Lisbona, finora mai applicato: "Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati", recita il testo. Grazie ad esso, la Commissione potrà mettere la questione delle quote su una 'corsia preferenziale', e il Consiglio dovrà approvarla a maggioranza, quindi il veto di alcuni non basterà, almeno in teoria, a bloccare il provvedimento fortemente voluto dal presidente Jean laude Juncker. Secondo Bruxelles, la valutazione d'emergenza già esiste, "perché sono i numeri a dirlo". Centinaia di migliaia di richieste (130mila sbarchi in Italia nell'ultimo anno e oltre 200mila richieste di asilo previste in Europa) sono "sicuramente un'emergenza", secondo l'esecutivo Ue. I numeri Nella bozza che circola, i numeri dei rifugiati da ricollocare non sono ancora specificati.