Novecento udinese

novecento udinese copertina I vol

Di recente è apparso nelle librerie “Novecento udinese”, sottotitolato “dalla Belle Epoque alla Seconda Guerra Mondiale”, il primo di due volumi scritti dallo storico Gianfranco Ellero, ben noto ai lettori di questo web, e che fino ad oggi ha riscosso un interesse "confortante".
Doveroso, quindi, da parte nostra rivolgergli alcune domande e qualche anticipazione sul secondo volume.

Ma incominciamo dal primo.
Quando ha avuto l'ispirazione o la tentazione di scriverlo?
Devo ringraziare l'editore Santarossa di Pordenone. Dopo l'uscita della “Storia di Udine” nel 2012, mi invitò a concentrarmi sul Novecento.
L'aggettivo etnico “udinese” sta a significare “diverso da friulano”?
Sì e no. Prima della Grande guerra, il cinema, l'automobile, il gioco del calcio, il Liberty in architettura, ad esempio, erano fenomeni udinesi. Poi soltanto il Liberty (ormai in buona parte abbattuto!) è rimasto udinese .
Udine ha, quindi, una storia diversa dal Friuli?
No, in molti campi anticipatrice, non diversa. Le scuole superiori erano soltanto udinesi fino a settant'anni fa, oggi sono diffuse sul territorio friulano.
C'è qualcosa di tipicamente udinese?
Sì, la via del Mercato vecchio, definita da Francesco Tentori “uno degli spazi urbani più belli e armoniosi dell'intera penisola” dopo il Campo di Siena, la Madonna delle Grazie … e la violetta doppia di Udine!
Uno dei capitoli più belli è intitolato “Il porto sepolto”: vogliamo leggerne un passo?
Volentieri: “(...) le poesie de “Il porto sepolto” furono stampate fra le mura della mia città, penso mentre sotto i portici del Mercato vecchio mi dirigo verso la Biblioteca Comunale “Vincenzo Joppi”, la miniera culturale del Friuli, ed è un grande onore per Udine aver visto fiorire dai piombi di un’oscura tipografia le ottanta copie della prima edizione (…).
Perché andare alla biblioteca civica “Joppi” se anche nella mia casa c’è un’edizione del Porto sepolto?
Perché spero di poter guardare e toccare una delle ottanta copie dell’editio princeps, che naturalmente è esclusa dal prestito e anche dalla consultazione in sala, mi dice Marzia Di Donato, la responsabile della “Sezione Friuli”, “ma credo che il Direttore, in questo caso, farà un’eccezione”.
Così è, infatti, perché Romano Vecchiet, cortesissimo, apre un armadio chiuso a chiave e dal faldone di una miscellanea estrae un esile fascicoletto stampato su povera carta che ben conserva l’impressione a piombo di quelle parole-grovigli di emozioni: è come se il Poeta avesse usato un pantografo, scrivendo poche, talvolta pochissime sillabe sulla carta (ma dove? In trincea? Dietro sacchi di sabbia? Al riparo di un muro sbrecciato? Mi domando con emozione), che disegnano ampie dilatate figure e paesaggi, ora tragici ora rasserenanti, nella mia mente. (...)
Anche il titolo appare in tutta la sua genialità: Il porto sepolto. Non affondato per bradisismo, come quello antico di Alessandria d’Egitto, luogo di nascita del Poeta, ma proprio sepolto, interrato; non più luogo di approdi e partenze, o di archeoforme sul fondo di liquide trasparenze, bensì sede di sepolcrale immobilità.
A questo penso mentre ripercorro i portici a ritroso e passo davanti a quello che, fra il maggio 1915 e l’ottobre 1917, fu il luogo della retorica: l’Offelleria Caffè Dorta, detta “il Trincerone”, oggi negozio di magliette e blue-jeans… Qui, penso, Ungaretti non c’è mai stato. Era riservato agli alti ufficiali, non ai fanti delle trincee. Non c'è traccia del Dorta nel Porto sepolto. Non c'è traccia di ori e specchi, greche e alamari, nastrini e sciabole. Era la guerra combattuta fra le aride pietraie del Carso il correlativo oggettivo della sua anima…
Così nacque quasi un secolo fa, sul Carso e a Udine, la silloge poetica che avrebbe cambiato la letteratura in Italia”.
In Via di Prampero, dopo un recente restauro, è apparsa su un muro la scritta “Stabilimento Tipografico Friulano”? Crede che il Comune farà affiggere una targa per ricordare ai passanti che fra quelle mura fu stampato “Il porto sepolto”, esattamente il 16 dicembre 1916?
Me lo auguro. Del resto la città dà quello che ha, ed è ormai troppo piccola per pensare in grande.
A quando il secondo volume? Qualche anticipazione?
Sì, con piacere: ci saranno anche sorprese, o meglio ricordi dimenticati, nell'uovo di Pasqua (questa è la data prevista): il Governo Militare Alleato, le lotte per l'autonomia regionale, il neorealismo, nuove testate giornalistiche, il dibattito storiografico suscitato dal Millenario del Castello, il Premio Europa 71 a Strasburgo e altro, molto altro, e uno straordinario inserto fotografico.