Non bastano gli occhiali prodotti a Safilo per salvare l’occupazione, piano da 700 esuberi e chiusura di Martignacco (UD)

Quasi un dipendente su quattro della Safilo diventa "esubero". In 700 perderanno il lavoro. Insomma non è certo un bel Natale quello che si avvicina per i 700 lavoratori della Safilo, 250 in Friuli, che da operai, persone, sono diventati “esuberi”. Non consola certo il fatto che la Borsa punisce le l'azienda Safilo, che è arrivata a perdere il 17% come reazione del “mercato” all’annuncio del nuovo piano industriale al 2024, che prevede un taglio degli obiettivi al 2020, a causa del venir meno delle licenze con Lvmh (tra cui Dior che vale 200 milioni di fatturato) e prevede l'espulsione di 700 lavoratori su 2.600 in Italia. Con la Safilo sono circa 160 le risi aziendali sui tavoli ministeriali. Ma tornando alla Safilo i lavoratori hanno accolto il piano del gruppo di occhialeria, fondato nel 1934 da Guglielmo Tabacchi e dal 2009 controllato dal fondo olandese Hal, dichiarando lo stato di agitazione in tutti gli stabilimenti del Gruppo Safilo, blocco immediato degli straordinari e di qualsiasi altra flessibilità oraria e sciopero generale indetto per venerdì prossimo 13 dicembre. Il piano dell’amministratore delegato Angelo Trocchia prevede la chiusura definitiva dello stabilimento di Martignacco (Udine, con 250 addetti), il dimezzamento dei dipendenti a Longarone, nel Bellunese (previsti 400 posti in meno) e l’uscita di 50 impiegati nella sede centrale di Padova. Colpito insomma il nordest. La fine «delle licenze del lusso Lvmh», inclusa quella con Dior, rende «necessario» un «piano di riorganizzazione e ristrutturazione industriale» con «conseguente riallineamento delle proprie strutture» al «nuovo scenario produttivo che l’azienda si troverà presto a dover gestire» si legge nel piano che ovviamente scarica sui lavoratori l'incapacità aziendale. Era infatti prevedibile che le licenze non sarebbero state rinnovate, il colosso del lusso francese Dior infatti produrrà direttamente i suoi occhiali attraverso Thelios, una joint-venture con Marcolin. Safilo non ha cercato alcuna alternativa per salvare i livelli occupazionali perchè per certa imprenditoria è facile usare la penna e bannare i nomi degli operai e impiegati tramutandoli in un lampo da risorsa umana in esuberi, rami secchi da portare e quale periodo è migliore se non quello natalizio per operare le potature. Ma in realtà la situazione è più complessa Safilo infatti accumula ininterrottamente perdite dal 2015 e l'azienda ha aperto un tavolo negoziale con i sindacati al fine di individuare tutti gli ammortizzatori sociali disponibili per limitare gli impatti sui dipendenti. «Nonostante il tentativo di far emergere soluzioni alternative» il piano ha «un impatto su un numero significativo di persone» ha ammesso l’ad Angelo Trocchia, in una conferenza telefonica, sottolineando che la decisione di tagliare tanti posti di lavoro non è stata «presa a cuor leggero», ma il taglio era inevitabile per garantire «altri 150 di storia» alla società e i profitti agli azionisti, aggiungiamo noi .
Safilo ha fatto i suoi conti e se trapela, tutto andrà nel verso giusto Safilo chiuderà il 2024 con ricavi intorno al miliardo di euro, con un tasso medio annuo di crescita tra l’1% e il 2%, a fine piano. Entro il 2024 la posizione finanziaria netta sarà «positiva» dopo aver spesato costi di ristrutturazione per 50 milioni e 120 milioni di investimenti, con un’incidenza sulle vendite in calo dall’attuale 3% al 2%. e aver però messo sulla strada centinaia di famiglie. Perchè il piano industriale lacrime e sangue tale sarà solo per i lavoratori. A pagare il prezzo più alto sarà lo stabilimento di Martignacco con i suoi 250 dipendenti, che non viene ridimensionato, chiuderà proprio e in tempi strettissimi, probabilmente a gennaio prossimo il tempo di compere gli atti burocratici previsti evtando magari uil licenziamneto via sms tanto di moda in alcune crisi aziendali. I sindacati hanno programmato per venerdì 13 dicembre uno sciopero generale in tutti gli stabilimenti, si fermeranno Martignacco, Longarone, dove sono previsti 400 esuberi, e Padova 50 ma anche Santa Maria di Sala, a Venezia che in realtà sarà l'unico stabilimento a non essere toccato, almeno secondo le previsioni.