Matteo e Mattia, facce della stessa medaglia

Analizzando a freddo quanto avvenuto il primo maggio a Milano viene spontaneo accostare l'analisi fatta da Matteo Renzi e quella fatta da Mattia Sangermano il ragazzo che con candida, ma pericolosa idiozia, ha ammesso di aver partecipato più o meno di persona alle devastazioni attuate dai black bloc a Milano senza però farne parte, ma trascinato dall'emozione del momento. Quella di Matteo Renzi e Mattia Sangermano sono in realtà due facce dello stesso modo di intendere la società, il primo, Matteo cavalca le nuove dinamiche sociali per ottenere il consenso e per farlo ha iniziato una stagione di frettolose “riforme” sulla cui pessima qualità si sono espressi in molti, un consenso fatto di vuoti “selfi”, falsi amici facebook e tweet che stanno riducendo l'agorà politico ad un libricino zeppo di pensierini, che neanche i remigini di antica memoria partorivano (remigini: gli scolari di prima elementare che andavano a scuola il primo di ottobre nel giorno di San Remigio ndr) nonostante fossero, come il sottoscritto, non nativi digitali. Il secondo Mattia è proprio l'emblema dell'opposizione idiota e fine a se stessa, ma che consente indebolendo e rendendo vana la protesta sociale, a Renzi e alle forze che rappresenta, di agire e nello stesso tempo di governare con il beneplacito di una maggioranza silente più che silenziosa. Il premier, Matteo Renzi non ha usato mezzi termini, riferendosi al gruppo di violenti che ha incendiato auto e rotto vetrine in una analisi sociologica non degna neppure del calendario di Barbanera (utilissimo fra l'altro se devi coltivare l'orto): "Quattro teppistelli figli di papà, ha chiosato il premier, non riusciranno a rovinare Expo. E Milano è molto più forte come spirito e determinazione di quello che questi signori pensano". E se in effetti i black bloc fossero tutti come Mattia il premier potrebbe avere ragione, ma sappiamo che dietro al fenomeno dei violenti che si spostano da una nazione all'altra, da una manifestazione all'altra, con pianificazione militare delle loro azioni, c'è ben altro. Fa male il capo del Governo a minimizzare i sintomi con lo scopo di difendere coriandoli e lustrini colorati di un Expo che, siamo d'accordo  è bene sposare perchè è in gioco la residua credibilità dell'Italia, ma senza cadere però nel ridicolo di nasconderne limiti e magagne in un tripudio del finto bello a tutti i costi che genera nausea. Fra l'altro fossero davvero 4 o 400 teppistelli si dovrebbe dimettere non solo il ministro degli interni Angelino Alfano, come chiedono strumentalmente dalle opposizioni, ma gli interi vertici delle forze dell'ordine italiane ed europee. Ma purtroppo non è così. Quello dei black bloc è un fenomeno complesso, che utilizza anche una manovalanza ebete rappresentata dai tanti Mattia che oggi sono in piazza, domani allo stadio e nei giorni feriali, senza alcuna coscienza politica o sindacale, sono pronti ad ogni lecchinaggio per pietire un posticino di precario o per fare le scarpe a un altro disperato come lui. Perfino i black bloc sono l'effetto e non la causa del malessere profondo che ovviamente non giustifica il loro comportamento distruttivo, una risposta sbagliata, insensata a problemi reali delle nuove generazioni. Problemi drammaticamente di un'intera generazione di persone che sono state relegate dalle folli poliche europee nel limbo del non lavoro, della percezione dello studio come inutile, relegati nel girone dell'infelicità, perchè i valori che sono stati messi in cima alla piramide non sono quelli di ideali di etica e moralità del bene comune,  ma sono materialmente e drammaticamente legati all'arricchimento fine a se stesso, alla ricerca del denaro in una competizione del singolo contro tutti senza alcuno scrupolo che non lascia spazio, se non marginale, perfino ai sentimenti. Quei quattro teppistelli sono la manifestazione minoritaria e strumentalizzata,  della moltitudine di persone alle quali stiamo negando la felicità, il lavoro, la possibilità di crearsi stabilità e sicurezza. Come meravigliarsi che alcuni di loro possano perdere equilibrio e sensatezza ed identifichino una station wagon usata per un simbolo del capitalismo o la vetrina di una agenzia di viaggi come un pericoloso totem del potere finanziario e delle multinazionali solo perchè era presente un adesivo che promozionava l'Expo? Caro Matteo, ascolta le parole del tuo quasi omonimo Mattia e forse leggerai fra le cose dette e fra quelle non dette e solo farfugliate, il disagio di quelle generazioni che non puoi sempre pensare di agganciare con un selfie.

Fabio Folisi