L’Europa a guida tedesca non sarà il “Quarto Reich”, ma ci somiglia molto

Chissà se Alexis Tsipras ha cambiato idea sulla Merkel dopo i fatti degli ultimi giorni. Tre mesi fa da Berlino nel corso di una delle sue visite aveva detto chiaro: "La Germania democratica di oggi non ha nulla a che fare con il terzo Reich". Tsipars diceva questo mentre la cancelliera Merkel auspicava che il paese ellenico “sia forte economicamente e che cresca”. Tsipras in quella occasione affermò che "né i greci sono pigri farabutti né sono da incolpare i tedeschi per i problemi della Grecia". Di conseguenza, disse, è necessario "lavorare per superare questi stereotipi". E anche Merkel invitò l'intera Europa a superare i luoghi comuni sulla presenza di membri buoni e cattivi dell'Eurozona.
Sono passati solo tre mesi e sia le affermazioni del primo che della seconda vacillano alla prova dei fatti. Insomma quanto sta accadendo sembra contraddire le affermazioni di bon ton dei due. Tsipras ha ragione, parlare di Terzo o Quarto Reich relativamente alla Germania del 21° secolo è anacronistico. Le differenze ci sono, per fortuna, e sono molte. Ma in realtà c'è un elemento che accomuna quell'era nefasta per l'Europa ed il Mondo all'attuale strapotere Tedesco ed è la filosofia di base sulla supremazia che sembra essere componente imprescindibile dall'essere teutonico. Nel 20° secolo venne imposta in punta di baionetta dalla Wermacht, oggi in punta di austerità dalla Bundesbank. Possiamo aggiungere che anche in era hitleriana buona parte delle responsabilità per l'ascesa del nazismo possono essere imputate all'inerzia iniziale del resto d'Europa, incapace di vedere la reale natura dell'ascesa hitleriana. Anche oggi c'è accondiscendenza di molta parte dell'Europa, mista anche ad una buona dose di cialtronesco servilismo nei confronti della cancelliera Merker. Ma guardiamo ancora più indietro nella storia, per oltre un secolo, da quando alla fine dell'Ottocento la Germania conseguì con Bismarck l'unità statale e politica, Berlino ha coltivato una volontà di egemonia nei confronti dell'Europa. Un progetto geopolitico che si è drammaticamente tradotto in due sanguinose guerre, la Prima guerra mondiale condotta dall'esercito imperiale austroungarico del Kaiser e la Seconda, scatenata da Hitler. Dopo la caduta del Terzo Reich, il problema tedesco sembrava definitivamente superato dalla storia, anche grazie alla costruzione della unità europea, ma ecco che riappare all'orizzonte. Quell'egemonia che la Germania non è riuscita a conquistare con la guerra sembra essere stata conseguita con l'arma economica, non meno devastante però. L'era della moneta unica europea, infatti, è diventata l'epoca della grande egemonia tedesca, dove Berlino prospera e gli altri popoli europei soffrono una recessione senza precedenti, con milioni di persone spinte verso il baratro della povertà.
La vicenda greca è la plastica e drammatica dimostrazione che da parte germanica c'è una volontà precisa di condizionare a proprio beneficio le politiche Ue. La prova, sempre che ci fosse bisogno, è data dall'ultimo colpo di scena, Angela Merker ed il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble hanno stoppato il timido tentativo di Tsipras di rimangiarsi il referendum, non gli è bastato neppure che Atene accettasse le proposte dei creditori, si è voluto girare il coltello nella piaga, sacrificare l'agnello al dio teutonico del denaro. La Merkel e Schaeuble sono stati chiari: avete voluto il referendum? Bene, fatelo. E.... pedalate. E' questa l'Europa solidale, democratica e aperta di cui si raccontava negli anni Novanta? E' questo quello che vogliono i popoli europei? A questo punto il dubbio che siamo dinnanzi alla costruzione del Quarto Reich, evocato oggi da molti editorialisti a livello internazionale, rischia drammaticamente di diventare una realtà. E l'ltalia? Quale è a posizione del nostro Paese? Matteo Renzi a parla a secondo dell'interlocutore che ha dinnanzi, ma comunque  finge di attaccare Berlino ma avalla le politiche del rigore. Il nostro premier in visita in terra teutonica ha definito il referendum di domenica prossima in Grecia "Un errore" schierandosi o meglio accodandosi alla posizione tedesca. Che la consultazione di Tsipras sia stata un azzardo è vero, annunciarla a stretto giro di una settimana e senza una possibile campagna elettorale ragionata e su un quesito che può avere diverse letture, non è la cosa migliore, ma si tratta pur sempre della più alta forma di democrazia: il popolo vota e decide del proprio futuro, ma evidentemente anche a Renzi la possibilità che il virus delle democrazia diretta si propaghi troppo non piace. Meglio quella rappresentativa e se poi la platea dei votanti è limitata è meglio ancora, più facile da gestire mediaticamente il consenso. Il dramma vero è che così facendo non solo si allontanano i cittadini dalle istituzioni e non solo da quelle Europee, ma si butta a mare l'idea di un Europa dei popoli. Se il voto referendario in Grecia dovesse far resistere Atene dai diktat dei falchi, il segnale per la Ue sarebbe, auspicabilmente e positivamente devastante e potrebbe determinare la svolta verso una nuova Europa e non necessariamente verso la sua dissoluzione. Lo hanno capito anche i tecnocrati di Bruxelles, attaccati al loro potere,   tanto che non non si era mai vista una così inaccettabile ingerenza esterna, mai si era vista una discesa in campo europea fin dentro le urne di un paese al voto.