Le ex colonie italiane fucine del terrorismo

AOI è una sigla che oggigiorno si trova soltanto sulla “Settimana enigmistica”. Ai tempi del fascismo indicava le nostre colonie nell’Africa orientale e comprendeva Somalia ed Etiopia, che però dopo la guerra mondiale subì la secessione dell’Eritrea. Tra i nostri ex possedimenti va poi citata la Libia, sul Mediterraneo. Purtroppo tutte vanno considerate le fucine del terrorismo islamico.
SOMALIA: è la più pericolosa da quando è finita la presidenza di Siad Barre come dimostra il recente, sanguinoso attentato suicida nel confinante Kenya. Barre, analfabeta, figlio di un pastore, era molto noto in Italia per la sua amicizia con Craxi, accolto come un re nella sua visita nella capitale Mogadiscio. Gli forniva anche armamenti, seppur spesso di bassa qualità.
Il dopo-regime di Barre segnò l’avvio della guerra civile : da una parte il Governo provvisorio sostenuto dall’Etiopia, dall’altra le milizie jihadiste che presero il potere. Da lì nacque al-Shabaad (“I giovani”) sviluppato specialmente nel Sud del Paese, da dove partono le missioni suicide in Kenya e Uganda. Alleato con i nigeriani di Boko Haram. Il riferimento ideologico è Al Qaeda di al-Zahawiri, successore di bin Laden.
L’appoggiano Egitto, Iran e Libia. I terroristi somali si finanziano con le scorrerie dei pirati, possono contare su molti stranieri (in particolare afghani, pakistani e yemeniti) addestrati nel campo di Chisimao, nel Sud del Paese. Su molti dei suoi capi pendono taglie milionarie messe a disposizione dagli Usa.
ETIOPIA: del negus Hailé Selassié, dei suoi ras e delle sanzioni della comunità internazionale contro l’invasione mussoliniana resta soltanto un pallido ricordo.
Adesso il ‘punto caldo’ è l’Ogaden, regione abitata da una popolazione di etnìa somala e di religione musulmana. Da molti anni è al centro di aspri combattimenti che mettono in serio pericolo la sopravvivenza dello Stato unitario.
Dopo 13 anni di occupazione inglese, tornò all’Etiopia nel 1954. Nessun risultato definitivo è emerso dal conflitto scoppiato alla fine degli Anni Settanta. Inutili i tentativi di pacificazione compiuti dall’Unione africana in questo pezzo di Corno d’Africa. Soltanto pochi mesi di tregua, poi ogni volta nuova guerra.
A resistere a ogni accordo con il Governo di Addis Abeba è il Fronte nazionale di liberazione dell’Ogaden che, come l’Eritrea, vuole la secessione dall’Etiopia, accusata di dispotismo, di stupri e massacri. Cerca sostegni in molte capitali europee. Il fatto è che l’Ogaden è profondamente somalo e questo l’Etiopia non l’accetterà mai dati anche i pericoli di terrorismo che potrebbero derivarle dal Paese vicino.
ERITREA: indipendente dall’Etiopia dal 1991, multilingue, di religione metà ortodossa e metà islamica sunnita. Ha Asmara per capitale. Retta da un regìme presidenziale dittatoriale che ne fa la ‘prigione d’Africa’. Due elementi, collegati tra loro, la caratterizzano: una povertà senza limiti e quindi un esodo infinito verso Sudan, Israele, ma soprattutto Libia per poi raggiungere l’Italia e il Nord Europa.
LIBIA: da re Idris detronizzato da Gheddafi all’uccisione del raìs dopo l’ingiustificabile attacco militare franco-inglese (con l’appoggio italiano) e ora due Governi tra loro nemici, l’anarchia dovuta alle tante bande armate, il terrorismo e l’allargamento d’influenza dell’Isis, il sostegno al mercimonio dei trafficanti di esseri umani. Ma questa è cronaca di oggi.
Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it