La scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi “euro-presidente” fra luci e ombre

E’ morto all’età di 96 anni l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Volendo evitare di unirci al coro di santificazione, difficile da digerire completamente visto il suo ruolo di governatore della banca d’Italia, o al coro dei detrattori sguagliati, vorremmo tentare di ricostruire alcune fasi della sua storia durata quasi un secolo che si intrecciano inevitabilmente con le vicende italiane almeno dal dopoguerra in poi. Diciamo subito che vista la qualità espressa oggi dalla classe politica uomini come Ciampi sono dei giganti, si poteva non concordare con lui su molte cose, ma per capacità, preparazione, cultura e garbo era uno di quegli uomini politici inarrivabili per la classe dirigente odierna. Detto questo perù Ciampi è stato l’unico politico italiano ad aver occupato le più importanti posizioni istituzionali della Repubblica senza essere mai stato eletto neppure indirettamente dal popolo e già questo la dice lunga sulla qualità della nostra democrazia che le scelte costituzionali che si propongono rischiano addirittura di peggiorare. Ciampi, dopo un’iniziale militanza giovanile nel Partito d’Azione, non aveva più militato ufficialmente in nessun partito anche se alcune sue frequentazioni ne tradivano l’orientamento, ma ciò non solo non gli aveva impedito di diventare una sorta di jolly istituzionale, anzi questa sua presunta equidistanza in tempi dove gli schieramenti erano fin troppo definiti ne avevano fatto il classico “uomo buono per tutte le stagioni”.
E difatti quando nel 1993 in piena tangentopoli si avvertiva la necessità di dar vita ad un governo tecnico sganciato il più possibile dai partiti e sostenuto dalla più ampia base parlamentare per affrontare le emergenze economiche del Paese, il Presidente della Repubblica di allora Oscar Luigi Scalfaro si rivolse a lui, al potentissimo Governatore della Banca d’Italia conferendogli l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri ed inaugurando anche un nuovo modo di intendere il capo del Governo non più indicato dai partiti fra gli eletti ma incaricato al di fuori delle dinamiche politiche direttamente dal Presidente della Repubblica. Una serie di premier catapultati a palazzo Chigi, dopo di lui Monti, Letta e Renzi. Ma vediamo il suo curriculum nei passaggi più significativi. Ciampi era stato nell’ordine: Governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993, presidente del Consiglio dei Ministri (1993-1994), Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica prima dal 1996 al 1997 e poi dal 1998 al 1999. Primo presidente del Consiglio e primo capo dello Stato non parlamentare nella storia della Repubblica, Ciampi fu anche il secondo Presidente della Repubblica eletto dopo essere stato Governatore della Banca d’Italia, dopo Luigi Einaudi nel 1948. Fu eletto Capo nello Stato come detto nel 1999 alla prima ed unica votazione con una maggioranza bulgara frutto di un accordo fra Berlusconi e Veltroni, rivolto a bloccare l’ascesa al Quirinale di Franco Marini con la sponsorizzazione di D’Alema.
Eppure il centrodestra lo ha sempre accusato di partigianeria e di aver reso molto difficile la vita al Governo Berlusconi, non ratificando leggi (la Gasparri su tutte) e blindando in senso anti-berlusconiano la Corte Costituzionale.
Come presidente della Repubblica sarà probabilmente ricordato per il suo attaccamento allo spirito risorgimentale, alla riscoperta del patriottismo nazionale e del Tricolore, per la valorizzazione dell’inno nazionale, per il ripristino della festa nazionale del 2 Giugno con tanto di parata militare in precedenza abolita, per aver reso omaggio ai caduti di El-Alamein tentando anche di favorire un’autentica pacificazione nazionale chiudendo definitivamente le ferite seguite alla guerra civile italiana. Non cose di poco conto, visto quanto hanno combinato i suoi successori.
Pur non essendo stato iscritto a nessun partito è stato chiaro a tutti come il campo di azione di Ciampi fosse il centrosinistra che si palesò portandolo ad essere ministro nei governi di Prodi e D’Alema. Ma c’è anche un altro aspetto che divide su giudizio sulla sua personalità ed opera politica, non potrà non essere ricordato il suo ruolo giocato da Ministro dell’Economia nell’ingresso dell’Italia nell’Euro. Un traguardo per lui raggiungibile ad ogni costo e a qualsiasi prezzo nella convinzione, errata come in questi giorni si sta vedendo, che bastasse unificare la moneta per unificare i popoli d’Europa. Del resto ancora oggi si dibatte in merito alle condizioni accettate dall’Italia per adottare la moneta comune, con quel cambio che dire discutibile è un eufemismo. Negli ultimi anni era praticamente uscito di scena ma anche in tempi recenti, nonostante la malattia che lo stava consumando, non aveva mancato di intervenire per rivendicare la scelta dell’Euro di fronte alle sempre più crescenti richieste di uscita dalla moneta unica. Pur ammettendo che qualcosa non aveva forse funzionato, non volle in nessun modo riconoscere di aver sbagliato.