Italia Polonia, sodalizio millenario

pellegriniL'Associazione Polonik, della comunità Polacca della Regione Fvg, ha presentato le Giornate della Cultura Polacca che si terranno a Udine dal 13 al 18 marzo.

Per molti italiani la Polonia è un Paese lontano. In realtà la distanza tra Cracovia e Tarvisio è quasi la stessa che separa Udine da Napoli. Sulla strada un tempo denominata “via dell'Ambra”, che partiva da Aquileia per arrivare al baltico, si viaggia da più di due mila anni. Già la certe geografiche di Claudio Tolomeo, infatti, indicano sul territorio dell'odierna Polonia due abitati: Carodunum e Calisia, situati proprio lungo la strada che, collegando l'Adriatico al baltico, passava per Emona (oggi Lubiana), Scrabantia (oggi Szopron), Carnutun e Vindobona (Vienna). In merito ai viaggi intrapresi dai polacchi lungo questi percorsi, possiamo dire qualcosa soltanto a partire dalla fine del X secolo e l'inizio dell'XI, dato che solo nel 966 essi entrarono nella grande famiglia della cristianità di rito romano.
E' inoltre doveroso segnalare che, inizialmente, furono più numerosi gli italiani in viaggio per la Polonia che i polacchi per l'Italia; ne sono testimonianza non solo i primi monasteri di ordine benedettino diretti dagli eremiti ravennati, e fondati tra l'Oder e la Vistola, ma anche il primo martire della nuova Chiesa, arrivato da Roma, boemo di nascita ed educato sull'Avventino: santo Adalberto, o Wojciech, che lasciò tracce del suo culto anche a Cormòns. Si ipotizza che il primo cospicuo gruppo di pellegrini polacchi giunse a Roma per l'anno Santo 1300 e che tra loro si trovasse anche il principe di Cracovia, Ladislao Piast detto Lokietek (Gomitino) il quale, approfittando di quel viaggio, chiese aiuto al papa per riappropriarsi del principato finito nelle mani del re di Boemia. Egli, forse, fu il primo dei regnanti polacchi che vide i palazzi del laterano e le sette Chiese.
A partire dalla metà del XIII secolo, inoltre, è accertata la sempre più numerosa presenza di scolari polacchi, soprattutto a Bologna e a Padova. Tra questi, che si recavano a studiare anche a Ferrara, Pisa, Perugia, Roma o Salerno, spiccano nomi illustri quali, per esempio, Jaroslaw Bogoria Skotnicki, nel 1321 giovane “rettore dei giuristi” nella città felsinea e uno dei fondatori dell'Università di Cracovia, Giovanni Zamoyski, anch'egli rettore dei giuristi a Padova e poi gran cancelliere del regno di Polonia e Nicolò Copernico, recatosi a Roma nel 1499 per poi conseguire il dottorato in medicina a Ferrara dopo aver studiato sia a Padova che a Bologna. Ma sono solo alcuni dei personaggi più famosi che troviamo tra le migliaia di nomi conservati negli archivi degli atenei o in quelli delle nationes alle quali furono iscritti: quella Polona di Padova e Bologna e quella “Ultramontana” delle altre università.
La maggior parte di questi studenti passò per una via diventata ormai consueta a partire da metà del medioevo: da Cracovia, attraversando la Moravia fino a Vienna, proseguivano via Bruck, Graz, Villach e Tarvisio, fino a Padova, a Bologna o a Venezia per una visita.
Dalla prima metà del Cinquecento i rapporti tra Curia romana e regno di Polonia si arricchirono a tal punto che il viaggio per l'Italia divenne una cosa consueta, come anche la forte presenza italiana nelle città polacche.

Sigismondo I

Sigismondo I

Ciò avvenne soprattutto grazie al matrimonio di Bona Sforza con il re Sigismondo I. Dopo la morte del vecchio re, Roma iniziò a preoccuparsi seriamente per la sorte religiosa della repubblica delle Due nazioni, come venne chiamato quel regno dai tempi di Lublino, che confederò il Gran Ducato di Lituania con il regno di Polonia. Il giovane Sigismondo Augusto, infatti, nutriva forti simpatie per la Riforma e, dopo la sua morte, il cancelliere Zamoyski fece rimodellare lo Stato ad imitationen della Serenissima Repubblica di Venezia, facendosi paladino sia della democrazia nobiliare, sia della tolleranza religiosa.
Dal 1573, cioè dall'arrivo di Enrico III di Valois a Cracovia, i legami tra Venezia e i territori polacchi si strinsero ulteriormente. I viaggi, allora, divennero più facili grazie anche all'istituzione del regolare servizio postale tra Cracovia e la città lagunare.
La prima guida tascabile di Roma in lingua polacca, che in realtà non fu altro che la semplice traduzione del libretto intitolato “L'antichità di Roma di messer Andrea palladio, raccolta brevemente dalli autori antichi et moderni (1554)” edita a Cracovia nel 1614 e chiamata con enfasi: “Il pellegrino italiano, ovvero descrizione breve di Roma e delle più importanti città italiane” , vista la destinazione ai viaggiatori, traccia con precisione la strada che da Cracovia, via Vienna, conduceva a Venezia e poi a Roma. E sul territorio dell'odierno Friuli Venezia Giulia, indica le stazioni postali con le relative distanze nella versione toponomastica polacca, talvolta curiosamente storpiate in base al suono della lingua locale. Tarvisio, per esempio, viene chiamato Treviseto, distante da Ponteva (Pontebba) 3 miglia tedesche; da quest'ultima, dato che le indicazioni proseguono in miglia italiane, troviamo Wenzone (Venzone) e 18 miglia e Spilimbergo a 20. Dopo 10 santa Vogada, dopo altre 10 Sacil (Sacile), a 10 miglia Koniglian (Conegliano), a 15 Treviso e, infine, dopo 12 miglia, Marghera, dove appare l'indicazione “per Venezia via acqua 5 miglia”. Padova viene indicata a 18 miglia dalla riva della laguna, dopo lo sbarco a Lucefusina. La guida, inoltre, indica con precisione le tappe possibili nell'arco di una giornata di viaggio a piedi, o con vetturino. Sappiamo infatti che, al tempo, per raggiungere Roma per la Pasqua ed essere presenti alla benedizione Urbi et Orbi, ed ottenere l'indulgenza, bisognava partire dalla Polonia in pieno inverno, verso la Calendora.
Esiste sul nostro territorio, il Friuli Venezia Giulia, un'importante testimonianza di questi passaggi e, cioè, nomi polacchi incisi sulle pareti dell'antica ancona di Tauriano, nei pressi di Spilimbergo. Verso la metà del Cinquecento, infatti, passarono di qua personaggi quali da Mielec, Andrea da Lublino, Andrea Moskalik, Stefano Rystajowski scultore, Pietro de Kozlie, Adamo Brzeznicki e molti altri, i cui nomi non è più possibile decifrare.
Sono queste le più rudimentali testimonianze del loro passaggio per le nostre terre, anche se non le più antiche. Tra migliaia di viaggiatori infatti, pochissimi tennero un diario per annotare le loro impressioni o scrivere le memorie. Per la gran parte di loro il viaggio stesso rappresentò una dura prova, faticoso e talmente rischioso che, una volta giunti alla meta, si limitarono a scrivere lettere ai familiari senza trovare la voglia o la forza di appuntare null'altro. Così, tra decine di manoscritti che documentano simili viaggi prima della metà del Settecento, rileviamo che soltanto alcuni si preoccuparono di trasmettere qualcosa di più oltre la semplice documentazione dei costi sostenuti o la topografia dell'impresa. Questo riguarda sia la maggior parte dei pellegrini, spesso analfabeti, sia la maggior parte degli scolari, soprattutto quelli che viaggiavano accompagnati da adulti, cioè da parenti o precettori. La letteratura polacca del Cinquecento dispone di un testo che rappresenta una fonte eccezionale per la conoscenza della mentalità di chi, all'epoca, accompagnava i ragazzi in Italia; si tratta dei Libri delle peregrinazioni di un tale Mattia Rywocki, recatosi per la prima volta in Spagna e poi in Italia in coincidenza con l'anno santo 1575. Egli accompagnò in un lungo Gran Tour, tra il 1548 e il 1597, i due figli del senatore del regno polacco Stanislaw Kryski.
Ma a proposito di testimonianze e viaggi di personaggi illustri della storia polacca, esiste al proposito una recente raccolta edita dall'Università di Udine (Forum Editore) scritta da Lucia Burello ed Andrzej Litwornia dal titolo: “La porta d'Italia. Diari di viaggiatori polacchi in Friuli Venezia Giulia dal XVI al XIX secolo”. Si tratta di trenta diari tradotti da originali manoscritti di viaggiatori in viaggio attraverso le nostre terre, una preziosa testimonianza di come venisse letto e vissuto il primo territorio italiano da chi, provenendo da Nord-Est, si dirigeva alla volta delle città storiche della penisola. Il saggio è unico nel suo genere, perché mai fino ad oggi, nel vasto panorama italiano della saggistica e della letteratura di viaggio, sono stati pubblicati diari epistolari di viaggiatori polacchi fornendo, di rimando, la prova di un secolare legame tra l'Italia e la Polonia.

Per info programma delle Giornate: www.polonik.org