Il coraggio di un editore “Illustrò” 90 anni di storia

pubblicitàNel 1875 nacque Emilio Treves editò “L'Illustrazione Italiana”, ma anche il “Corriere della sera” lo si deve alla “testa dura” del triestino.

Sono trascorsi 140 anni da quando in Italia fece la sua comparsa il periodico “L'illustrazione italiana”. Si trattò di un'impresa coraggiosa portata avanti dal triestino Emilio Treves, drammaturgo dilettante non particolarmente apprezzato dalla critica e, in seguito, avventuroso editore. All'età di 39 anni, infatti, Treves uscì il 14 dicembre 1873 con il primo numero di un progetto molto ambizioso: una rivista intitolata “Nuova illustrazione Universale”, un settimanale illustrato che, a detta dell'editore stesso doveva «essere degno di tale nome e della patria italiana resuscitata».
L'esperimento funzionò e il 1 novembre del 1875 Treves preferì cambiare la testata con un nome meno plateale e più patriotico: “Illustrazione italiana”.

Emilio Treves

Emilio Treves

Le parole che l'editore scrisse sul fondo per il “varo” del suo progetto editoriale, nel 1873, noi di e-paper ci sentiamo di farle nostre, perché rispecchiano la volontà di creare qualcosa nel rispetto dell'informazione puntando al coinvolgimento del pubblico. Scrisse infatti il triestino: «Il pubblico ignora cosa sia propriamente un giornale illustrato, e quali e quante difficoltà s'incontrino nel farlo. Non è un'impresa leggera quella a cui ci siamo accinti: altri prima di noi vi fece mala prova, e noi non speriamo di riuscirvi se non avendo dal pubblico aiuti e materiali che altri non ebbero...».
Ma guardiamo più da vicino la figura di questo editore al tempo apprezzato in tutta Italia, ma che i friulani poco conoscono. 3579836160_c268ee4777
Treves nacque a Trieste da colui che egli stesso definì «padre dotto e di bella elevazione spirituale», rabbino all'Università israelitica.
Il giovane futuro editore trovò il suo primo lavoro retribuito nella revisione dei “Classici del Lloyd”, oltre 600 volumi di autori greci, latini e italiani che, come lui ironicamente commentò «gli erano passati per le mani, gli occhi e il cervello».
Misteriosamente convinto dalla polizia a lasciare Trieste dove, a quanto pare, per lui non tirava aria buona, Treves si recò a Parigi dove insegnò lingua italiana. Da Parigi si trasferì a Udine e poi a Milano dove, lavorando come giornalista, non mancò di collezionare ulteriori dissensi: un suo articolo di fondo nel primo numero della “Gazzetta d'Italia”, infatti, ottenne che la censura di Vienna sopprimesse il muovo giornale prima ancora della pubblicazione.
Ecco che nel 1861 decise di istituire a Milano una piccola editoria in via Durini. Nel 1872 l'azienda si trasferì in via Solferino acquistando un nuovo socio, il fratello di Emilio, Giuseppe, in qualità di contabile. Tra le creazioni della tipografia di Treves segnaliamo il “Corriere di Milano” progenitore del “Corriere della sera”.
illustrazione1901_1Quando nel 1873 Treves uscì con il numero zero del suo grande progetto illustrato, nel suo articolo di fondo concluse: «...Un ultima osservazione, in risposta a qualche giornale che ha trovato troppo modico il prezzo d'abbonamento, e ha perciò posto in dubbio la riuscita del nostro tentativo: il nostro prezzo è la metà di quello del Monde illustré di Parigi, ma noi stampiamo otto sole pagine per settimana. Quando potremo, aumenteremo il numero delle pagine: per ora vogliamo che siano, come i famosi versi del Torti, “poche ma buone”».
L'ottimismo di Treves fu premiato e nel 1881, lo stabilimento tipografico dei due fratelli triestini, trasferitosi nel frattempo in via Palermo, dava lavoro a 250 persone: oltre ai redattori delle varie pubblicazioni, si contavano disegnatori con proprio ufficio, macchinisti e impiegati amministrativi.
“L'Illustrazione italiana” si conquistò immediatamente la fama di giornale serio con collaboratori di talento e spessore e questo anche grazie alla partecipazione di fotografi, cronisti e illustratori dall'estero. fedora
Il primo dei più illustri collaboratori che “L'Illustrazione” riuscì ad accaparrarsi, fu Edmondo De Amicis che, congedatosi dall'esercito, si rivelò subito uno scrittore grazie alle sue vivaci narrazioni dei viaggi e delle sue esperienze militari. La sua prima collaborazione con il giornale di Treves risale al 1873 e consiste nel racconto a puntate di un rocambolesco viaggio in Inghilterra.
Altri illustri collaboratori furono: Giosuè Carducci, Grazie Deledda, Luigi Pirandello, Giovanni Verga e Gabriele D'Annunzio.

La pubblicità.

333_003Il ricorrere da parte dell'editoria alla pubblicità per sopravvivere è usanza molto antica. E anche “L'Illustrazione Italiana” non poté esimersi dal farlo anche se con una certa riluttanza. Nel trafiletto sotto al titolo “Le nostre inserzioni”, nel maggio del 1877, l'editore spiega come da un paio di settimane abbia cominciato a dedicare una pagina agli avvisi. E quasi si scusa con i lettori per l'innovazione, cercando giustificazioni e appellandosi ai giornali illustrati stranieri già molto “progrediti” in questo settore. L'editore fa inoltre notare, quasi fosse a consolazione, che “L'Illustrazione” «vanta fra gli inserzionisti la clientela più scelta d'Italia».
Trascorse un quarto di secolo; giornalisti, poeti, narratori, scienziati, umoristi, disegnatori, pittori, tutti i collaboratori de' “L'Illustrazione italiana”, alla fine del XIX secolo erano una vera folla rimarcando l'importanza del settimanale. Nel frattempo il giornalismo subì grandi trasformazioni, i mezzi d'informazione erano sempre più ricchi e pronti, e il telefono stava per sostituire i dispacci postali e il telegrafo.
La mezzanotte del 31 dicembre 1900, segnò l'inizio di una nuova era. Tutti, al tempo, festeggiarono l'avvenimento facendo in modo che restasse indimenticabile. Nel primo numero del secolo, “L'Illustrazione” con un fondo di Treves tentò un bilancio affettuoso del secolo appena trascorso, sottolineando le speranze per il secolo appena nato. Un'epoca tramontava in mezzo all'ottimismo di tutti, ma appena 14 anni dopo, il mondò andò in fiamme.

Enrico Mattei

Enrico Mattei

Treves morì nel 1916, dopo di lui furono molti i direttori che si susseguirono, perché il periodico sopravvisse fino al 1962, occupandosi anche di frivolezze, di moda e benessere; ma mai trascurò la sua vocazione iniziale, scrivendo sui più grandi esponenti della cultura, dell'economia e della politica italiana. Erano altri tempi e di nomi autorevoli di cui parlare ce n'erano a bizzeffe.