Dl semplificazioni, via libera del governo ma condizionato dalla formula “salvo intese”

Dopo una discussione lunga sei ore il Consiglio dei ministri, approva ma "salvo intese" il via libera al decreto semplificazioni. Si tratta della classica forma dietro cui si nascondano divisioni ancora profonde. Non sono bastate infatti settimane di trattative. I nodi non sciolti sono sempre gli stessi, le deroghe alle norme sugli appalti innanzitutto ma anche la vicenda opere pubbliche "emergenziali" da affidare a commissari per bypassare norme di controllo che non si ha il coraggio di modificare e si preferisce aggirare. C'è poi l'abuso d'ufficio, su cui soprattutto Renzi esprime la sua riserva. Ovviamente si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno e fonti di governo parlano di nodi importanti che vengono sciolti minimizzando il "salvo intese" che secondo loro riguarda pochi aspetti "tecnici e nonno di politici". In realtà non è proprio così, certo è prevalsa l'idea di non scassare tutto, ma la discussione sulle opere da sbloccare non è un dettaglio e sembra destinata a lasciare Conte sul filo del rasoio. Comunque il Cdm notturno alla fine è un concreto passo avanti dato che dà il via libera al Programma nazionale di riforma identificando le direttrici che il governo seguirà nei prossimi mesi anche relativamente al ddl di assestamento di bilancio e al rendiconto dello Stato. In realtà però il ventre molle della discussione era il dl semplificazioni, quasi una cinquantina di articoli e, come nella tradizione (pessima) del legislatore italiano lungo quasi 100 pagine. Il disegno di legge è stato discusso articolo su articolo, parola per parola. Il premier Giuseppe Conte lo considera "la madre di tutte le riforme" anche se l'atroce dubbio è che dietro la facciata vi sia una bella confezione da illustrare ai partner europei nei contatti in vista del Consiglio Ue sul Recovery fund e dintorni, dato che la sostanza finirà per essere triturata nella discussione parlamentare che inevitabilmente dovrà riaprirsi nei prossimi mesi. In sostanza il dl semplificazione come verrà annunciato è solo la chiusura del primo round di un match dove è facile pensare verranno sferrati colpi bassi. In particolare troppo distati sembrano le posizioni su alcuni temi soprattutto sul tema appalti dove si contano i distinguo. Restano infatti intatte le perplessità di Pd e Leu sulle deroghe, introdotte sul "modello Genova" in particolare sulla possibilità non solo per i commissari ma anche per le stazioni appaltanti di agire, per far fronte agli effetti negativi dell'emergenza Covid, in deroga a tutte le norme, tranne quelle penali, antimafia e quelle sulla sicurezza sul lavoro. Viene stralciata anche, su richiesta di Roberto Speranza di Leu, la norma che aumentava le percentuali di subappalti e che avrebbe aperto ad un ulteriore deregulation del mercato del lavoro. L'intesa in realtà per ora riguarda solo l'elenco delle grandi opere considerate prioritarie e che saranno affidate a commissari ma, ha dimostrare quanto profonde siano le divergenze, la lista non entra nel testo del decreto ma nel cosiddetto "piano Italia veloce" del ministero delle Infrastrutture, che è un allegato al Programma nazionale delle riforme. Le nomine dei commissari fra l'altro dovrebbe esserci tempo fino al 31 dicembre. Divisiva anche la modifica del reato di abuso d'ufficio, l'intesa arriva nonostante Iv metta a verbale la sua riserva. In sostanza le attuali norme prevedono che incorre nell'abuso d'ufficio chi si procuri un vantaggio violando "norme di legge o di regolamento". Con la nuova formulazione si inasprisce la situazione e sarà punibile chi violi "specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali residuino margini di discrezionalità". Una frasetta che potrebbe avere effetti devastanti sulla pubblica amministrazione...