Dal Paesaggio al non luogo: la civiltà a rischio di implosione

“Nuovi Luoghi Comuni - Dal territorio al non-luogo”: la personale del fotografo Giacomo Cattaruzzi aprirà i battenti sabato 7 marzo alle 18 alla Galleria “Tina Modotti” di Udine.

«L'insieme degli elementi su cui oggettivamente si intesse il territorio – scrisse il fotografo Eugenio Tutti – è come la tastiera del pianoforte, che spetterà ai costruttori di paesaggio di suonare in un certo modo, accordandosi, o meno, all'ordine intravisto dalla natura».

Giacomo Cattaruzzi

Giacomo Cattaruzzi

Il paesaggio è memoria. E' il fondamento dell'identità di una comunità. E in esso si possono leggere i mutamenti delle civiltà. Anzì. Esso è, la civiltà, come una sorta di genoma tutt'attorno a noi.

Fino alla compiuta realizzazione della rivoluzione industriale, il territorio è stato, più che sfondo, soprattutto l'unico alimento della civiltà, e il risultato più immediato e tangibile della Storia è la profonda trasformazione dello spazio fisico, la sua diffusa umanizzazione e la possibilità di parlarne con il linguaggio dell'arte e della cultura.

Quando si parla di forme del paesaggio, dunque, non si può prescindere dall'uomo. Protagonista o semplice comparsa, contadino, architetto o ingegnere, l'uomo è, al fine, costruttore o distruttore del Paesaggio e lo si può trovare nascosto nella sua struttura invisibile. Dietro le forme dei luoghi circostanti, infatti, vivono saperi formali, come le conoscenze tecniche, le leggi e le istituzioni, assieme a quelli informali, un magma dove si fondono fedi, credi, magia, esperienza, consuetudini, buon senso e, perfino, superstizioni.
Soltanto indagando tutto questo è possibile dare un senso alle strutture fisiche del paesaggio, un disegno condiviso da tutti.
Ed è quello che, molto spesso nella stroia, hanno voluto fotografare, o semplicemente cogliere, gli obiettivi di tanti fotografi. Il Friuli Venezia Giulia ha dato i natali a molti di questi sensibili reporter, e per quanto riguarda i mutamenti del paesaggio a cavallo dei tempi, ci vengono in mente anche le fotografie di Giovanni Borghesan, Aldo Beltrame e Carmine Dileno, che impressionarono nella pellicola e nella memoria, quel Friuli della Terza Italia fatto da operai con i campi nel cuore.

Foto di Cattaruzzi

Foto di Cattaruzzi

Il fotografo Cattaruzzi che espone una 40 immagini realizzate nella nostra regione, ma non solo, dal 2012 ad oggi. «Immagini - ci informano i curatori dell'evento - che propongono allo spettatore il cambiamento di un territorio, spesso vissuto con distrazione ed indifferenza, e della nuova geografia fotografica del paesaggio. Dei “nuovi luoghi comuni” che parlano il linguaggio del presente, dove la mondializzazione e la perdita di identità geografica stanno per cancellare la memoria dei luoghi della natura e della tradizione».

Per comprendere tutto questo allora, bisogna fare un passo indietro. Anzi, forse più d'uno per arrivare almeno agli anni Sessanta, in un Friuli agricolo e timidamente industriale. Quegli anni furono la fine di un periodaccio, fatto da un'Italia strozzata dalla crisi con 4 milioni di disoccupati che rivendicavano fabbriche e bonifiche. E con la Cgil e il Pc che aprofittavano per recuperare credibilità.

Il Friuli, rispetto al resto del Paese, era di una arretratezza gravissima. Terra ai margini, si fondava

Foto di Aldo Beltrame

Foto di Aldo Beltrame

ancora su un'economia contadina, indebolita da un'endemica emigrazione. Inoltre, i rari fenomeni di indutrializzazione in atto, rappresentavano fattori negativi, perché disgreganti sul tessuto rurale preesistente. Si diceva che il contadino friulano, antifascista per tradizione, si sentisse vicino alla classe operaia, ma nonostante le buone intenzioni, il profondo divario tra la condizione contadina e proletaria diventò enorme. I giovani sottopagati, che dopo il lavoro in fabbrica tornavano a casa per aiutare i genitori nei campi, impossibilitati a farsi una cultura e incapaci di organizzarsi, caddero ben presto nella frustrazione e nell'insicurezza. Dall'euforia dei primi cambiamenti, dunque, subentrò la rabbia della sconfitta. Ma le risorse economiche erano scarse per garantire il sostentamento della regione e l'industria crebbe, seppur lenta, portando a ulteriore disssoluzione. Insomma, l'irrompere di una civiltà moderna con la sua cultura urbana e industriale in questa così detta “Terza Italia” legata a forme di vita arcaica e rurali, compromise la struttura artigianale, contadina e paesana, mettendo in crisi antichi costumi, annullando solidarietà e precedenti modelli di comportamento.

Foto di Aldo Beltrame

Foto di Aldo Beltrame

Con l'avvicendarsi delle civiltà, infatti, il modus del mutamento si è continuamente evoluto in direzioni non sempre univoche, condizionate da vincoli naturali, geologici, ecologici, tecnologici e culturali. Dalle prime piante coltivate per sopravvivenza fino ai campi arati a monoculture, dal “Paradiso” di Dario, ai giardini di babilonia fino alla tradizione italiana rinascimentale, dal romanticismo inglese al razionalismo urbanistico, dalle case fanfani, ai capannoni industriali selvaggi e inquinanti, oggi siamo chiamati a nuovi e difficili impegni. Se nel corso dei secoli ogni regione ha saputo utilizzare il territorio modellandolo sulla conformazione naturale e geologica dell'ambiente, facendogli assumere caratteri originali, oggi abbiamo il dovere non solo di tutelare quest'eredità di valenza storica, culturale e identitaria, già fin troppo compromessa e quasi sempre in modo irreparabile, ma anche di trasformarla sulla base dei nuovi accadimenti: trasformazione sociale, ambientale ed economica, il fenomeno della globalizzazione, i cambiamenti climatici, le politiche energetiche mondiali e le politiche agricole. Tutto questo sta avendo grande influenza sul paesaggio che, se gestito in modo appropriato, potrà giocare ancora un ruolo di prim'ordine su più fronti, uno per tutti quello agro-energetico. La vera sfida per il futuro, dunque, quella per la sopravvivenza con nuove fonti sostenibili, inizia ancora dal paesaggio e sul paesaggio metterà nuove radici.

Foto di Giuliano Borghesan

Foto di Giuliano Borghesan

Cattaruzzi, fotografo, ma anche uomo di scienza, si è dimostrato quindi sensibile come il suo obiettivo, orientando il suo interesse e la sua indagine fotografica al tema del paesaggio contemporaneo per ricordare, citando le sue stesse parole, «come la bellezza in fotografia non risieda soltanto nelle meraviglie della natura, ma come i suoi incostanti sprazzi si mostrino, agli occhi di chi voglia cercarli ed ascoltarli, nei paesaggi e nelle visioni del quotidiano, del presente, della tangibile realtà dell’oggi».

La mostra, infine, realizzata in collaborazione con il Comune di Udine, i Civici Musei e il Fai, resterà aperta fino al 6 aprile.

Foto di Giacomo Cattaruzzi

Foto di Giacomo Cattaruzzi