Compravendita Castello di Narni, ex vescovo di Terni Vincenzo Paglia indagato per associazione a delinquere

Papa Francesco non è di certo contento del coinvolgimento della diocesi di Terni-Narni-Amelia e di alcuni suoi esponenti religiosi e laici nell'inchiesta della procura della repubblica di Terni relativamente alla compravendita del Castello di San Girolamo di Narni, oggi sarà sicuramente ancora di più irritato, conoscendo la sua dichiarata allergia per un chiesa affaristica, visto che la procura umbra ha chiuso le indagini coinvolgendo l'ex vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia, attuale presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Al prelato e agli altri nove indagati, tra cui il vicario episcopale Francesco De Santis e il presidente dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero, Giampaolo Cianchetta, è stato o lo sarà nelle prossime ore, notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Le accuse, a vario titolo, vanno dall'associazione a delinquere alla turbativa d'asta, alla truffa. al riciclaggio. L'indagine e' stata condotta dal sostituto procuratore Elisabetta Massini. Non si tratta quindi di accuse lievi, l'associazione a delinquere sarebbe infatti stata finalizzata all'appropriazione indebita e alla turbata libertà degli incanti per l'irregolarità della gara pubblica. Dal canto suo l'ex vescovo di Terni Vincenzo Paglia ha subito fatto sapere di non aver ricevuto nulla dalla procura: “Sino a questa sera non ho ricevuto alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari – ha dichiarato Paglia al quotidiano Avvenire – ed è singolare vedere notificato tutto ciò alla stampa prima che al sottoscritto. Poiché le informazioni pervenute in queste ore precedono tutti gli atti garantiti, ritengo necessario tutelare fin da ora la mia immagine nelle opportune sedi sia civili che penali. Ovviamente resto a disposizione dell'autorità inquirente e confido totalmente anche nella giustizia terrena”. Alla base della vicenda e sotto la lente degli inquirenti vi sono diverse operazioni finanziarie e immobiliari realizzate con fondi provenienti dai conti correnti della diocesi umbra. Operazioni che gli investigatori definiscono disinvolte avrebbero determinato nel corso degli anni un ammanco nelle casse di 25 milioni di euro. Le indagini sono iniziate due anni fa, a seguito dell'acquisto, avvenuto nel 2012 per un milione e 760 mila euro del castello di San Girolamo, di proprietà del Comune di Narni, da parte della società privata Iniziative Immobiliari di Luca Galletti e Paolo Zappelli, rispettivamente all'epoca presidente dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero ed economo dell'ente Diocesi di Terni-Narni-Amelia. Gli acquirenti versarono una rata di 600 mila euro, mentre un milione e 60mila euro fu pagati dall'Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Nel luglio 2013 Galletti e Zappelli furono arrestati insieme al dirigente dell'ufficio Urbanistica del Comune di Narni Antonio Zitti. Secondo il pm Elisabetta Massini che come accennato ha coordinato le indagini, compiute dalla Questura di Terni e dal Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, il castello venne acquisito in maniera opaca con i soldi della Diocesi. La situazione debitoria della diocesi accumulata negli anni è stata, ma solo in parte, sanata grazie a un prestito dello Ior, fondi milionari che dovranno essere restituiti in dieci anni, altri denari per tapare il buco che avrebbe trascinato la Diocesi in tribunale sono stati elargiti come anticipo da parte della Cei relativamente ai fondi di ripartizione spettanti alla diocesi. In sostanza le strutture finanziarie vaticane si sono di fatto accollate gran parte dei debiti per evitare ulteriori danni di immagine e non solo. Quella della diocesi di Terni come è noto non è l'unica indagine in corso sulla propensione di alcune diocesi a compiere azioni economico-finanziarie che nella migliore delle ipotesi si possono definire spregiudicate. Il problema principale, ammettono a mezza voce n ambienti ecclesiastici, è che al di là del ruolo sicuramente poco cristiano di alcuni prelati, vi sono molti faccendieri senza scrupoli che si sono avvicinati al mondo economico della Chiesa e non certo per farne gli interessi. Se aggiungiamo a questo una certa di ingenuità si comprende come spesso settori economici delle attività economiche delle diocesi finiscano poi nel mirino delle procure.