Autovelox? No grazie!

In questi giorni le associazioni dei consumatori sono tutte prese dal suggerire “diffide” agli organi di polizia stradale basandosi su una recentissima sentenza della Corte Costituzionale (la n. 113 del 18 giugno 2015 – il numero sembra quasi una presa in giro), con la quale è stata dichiarata “l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.”.

Codacons4In parole povere, dopo ben 23 (ventitré!) anni dall’adozione del codice della strada, e quindi dopo che per anni e anni gli organi di polizia stradale hanno fatto attività di prevenzione, controllo e repressione utilizzando autovelox, telelaser, traffiphot e chi più ne ha più ne metta, ci si accorge che l’articolo del codice della strada sul quale si basano tutti i controlli di velocità che utilizzano strumentazioni è incostituzionale in quanto non prevede, per questi strumenti, verifiche periodiche e di taratura.

È una questione di lana caprina e, contemporaneamente, la pericolosa apertura di un vaso di Pandora.

Senza entrare in eccessivi tecnicismi si tratta di una questione di lana caprina perché prevedere la taratura (per taratura si intende la certificazione effettuata da un centro SIT - Servizio Italiano di Taratura – adesso LAT Laboratorio Accreditato di Taratura – “il processo di comparazione dell'accuratezza delle misure effettuate da uno strumento con standard di riferimento riconosciuti. Gli standard possono riferirsi a enti di certificazione nazionali o internazionali” ) per strumenti che devono misurare la velocità di un veicolo che, nella migliore delle ipotesi, va a 50 Km/h è qualcosa privo di senso, tanto più in relazione alla pericolosità del comportamento: due o tre chilometri all’ora di errore non cambierebbero niente, tanto più che il codice prevede già una tolleranza del 5% e, comunque, di almeno 5 Km/h.

In più la “taratura” ha un valore pratico per gli strumenti scientifici, le cui tolleranze devono essere minime, ma non ha davvero alcun senso per gli strumenti di controllo della velocità, che sono omologati dal competente Ministero e periodicamente revisionati dagli organi di polizia stradale.

Contemporaneamente si tratta dell’apertura del vaso di Pandora perché a questo punto non si vede perché il principio non si dovrebbe applicare anche per tutte le altre strumentazioni utilizzate nel campo dei controlli stradali, come per esempio gli etilometri; in questo caso un eventuale “taratura” scadrebbe nel ridicolo perché la misura del tasso alcolemico nel sangue avviene non per via diretta, ma per via indotta, usando l’aria alveolare espirata, nella quale è contenuto alcol in relazione all’alcol contenuto nel sangue.

La sentenza della Corte Costituzionale mentre ha messo in crisi tutti gli organi di polizia stradale (la Polizia Stradale, i Carabinieri, le Polizie Municipali e Provinciali) ha dato fiato al peggior giustizialismo al contrario.

Prima fra tutto CODACONS (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), e ADUSBEF (Associazione difesa utenti servizi bancari, finanziari, postali e assicurativi); verrebbe da chiedersi se chi contravviene alle norme del codice della strada, correndo e provocando incidenti mortali, sia qualcuno da difendere come “consumatore” (forse delle vite e dei diritti altrui?), o come “utente” di un servizio assicurativo.

Novelle Robin Hood le due associazioni usano la recente sentenza per un’azione che definire populistica e di cattivo gusto è dir poco; il CODACONS infatti proclamando che “i nostri legali, con estremo tempismo, hanno predisposto proprio una diffida …” sollecita poi un pagamento giustificato dal fatto che questi soldi andranno a favore dei malati oncologici.

Usare il senso di solidarietà (aiutare i bambini malati di cancro) per un fine diverso è già disgustoso di per sé; il sollecitare poi questo, sommando il senso di solidarietà al naturale livore che chi ha preso un verbale può sentire, per fare iscritti per l’associazione è ancora più disgustoso.

Il presidente di CODACONS, Carlo Rienzi, un avvocato, parla di “continuo salasso nei confronti degli automobilisti, anche a costo di imbrogliare”, sollecitando quindi nelle menti dei novelli Robin Hood l’idea che gli appartenenti agli organi di polizia stradale altro non siano che i pronipoti dello sceriffo di Nottingham.

Gli organi di polizia stradale (nella maggioranza Polizia Stradale e Polizia Municipale) sono servitori dello Stato, e non imbroglioni, e applicano norme che certo non hanno fatto loro.

ADUSBEF e altre associazioni non sono da meno, con azioni che definire populistiche è poco.

Questi signori dovrebbero provare quello che si prova ad andare a comunicare ai genitori di un ragazzo morto che qualcuno ha travolto e ucciso il loro figlio perché correva su una strada e poi forse la smetterebbero di accusare gli organi di polizia stradale di essere dei vessatori; chi rispetta le regole non ha niente da temere, chi non le rispetta è giusto che sia punito.

La sentenza della Corte Costituzionale, al di là della squallida coreografia messa in atto da questi soggetti, preoccupa molti, interessati alla sicurezza stradale e a al fatto che sulle strade si muore, troppo spesso, a causa della velocità eccessiva.

Fra questi ASAPS (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale) che in recente articolo parla di “rischio di un verdetto tana, liberi tutti!”, lanciando un grido di allarme: “E come può esplicarsi una attività di prevenzione generale se gli strumenti di controllo vengono messi continuamente in discussione?”

La sentenza della Corte Costituzionale è una decisione cosiddetta “additiva”, un tipo di statuizione che si allontana marcatamente dal modello di giudice costituzionale previsto in funzione meramente annullatoria, con il rischio di sovrapposizione della Corte al legislatore; in pratica la Corte Costituzionale sembra inserirsi in un campo che le sarebbe precluso, quello di innovare anche in positivo l’ordinamento giuridico.

Con la sentenza su autovelox et similia la Corte Costituzionale sembra essersi appropriata quindi di una funzione nomogenica, peraltro incompatibile con il ruolo di “legislatore negativo” che dovrebbe avere secondo le varie teorie del diritto costituzionale; d’altro canto, piaccia o non piaccia, da qualche tempo la Corte ha assunto anche questo ruolo, purtroppo mettendo in difficoltà chi queste leggi deve applicare, in attesa degli interventi del legislatore, notoriamente tardivo a rimediare ai propri errori, anche quando sono ultraventennali come in questo caso.

Dal momento però che il comportamento omissivo del legislatore, rilevato dalla Corte Costituzionale riguardo l’articolo 45 del codice della strada, non si sostanzia in una mancanza totale di disciplina, si può parlare di una omissione relativa.

Si aggiunga che trattandosi di sentenza additiva non si può dedurre che la norma dell’articolo 45 non esiste più, ma semplicemente che vada opportunamente integrata secondo i dettami della Corte; da qui il fatto che, nel frattempo, al di là di tutte le interpretazioni populistiche e di parte che le varie associazioni andranno a dare, molte delle quali con il solo scopo di fare iscritti, rimane che gli organi di polizia stradale potranno (magari meno tranquillamente perché il battage dei mass media procura astio nei loro confronti) continuare il loro lavoro, applicando la norma esistente e quindi continuando a fare controlli di velocità con gli strumenti a loro disposizione, magari ponendo maggiore attenzione al regolare funzionamento degli stessi tramite periodiche revisioni.

Del resto la soluzione prospettata da alcuni autorevoli esponenti appartenenti agli organi di polizia stradale, e dunque di procedere comunque alla taratura, non è condivisibile: la Corte Costituzionale ha indicato una strada, ma non ha il potere legislativo per cui finché il Parlamento non modificherà il codice della strada, prevedendo, chissà come, la taratura degli strumenti, la norma rimane quella che è.

Esiste infatti un principio di stretta legalità; il potere amministrativo (e quindi anche gli organi di polizia stradale) applica il diritto oggettivo esistente e non quello in fieri.

Altrettanto non condivisibile è la versione, sempre proveniente da autorevoli esponenti degli organi di polizia stradale, di sospendere tutti i controlli sulla velocità in attesa di una nuova norma: equivarrebbe a proclamare l’anarchia sulle strade italiane, con conseguenze imprevedibili dal punto di vista della sicurezza stradale, tanto più in questo periodo estivo.

Sergio Bedessi

Presidente CEDUS – Centro Documentazione Sicurezza Urbana e Polizia Locale