ALLA FONDAZIONE BENETTON LE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDIO SUL PAESAGGIO

La tredicesima edizione delle Giornate internazionali di studio sul paesaggio, organizzate dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, si svolgerà giovedì 16 e venerdì 17 febbraio negli spazi Bomben di Treviso.
La discussione di quest’anno si concentra intorno alla parola “prato” inteso come luogo, e alle diverse declinazioni – prato, pré, prado, green, common... – che questo luogo assume nella storia della città.
Come anticipa Luigi Latini che con Simonetta Zanon cura le giornate di studio “le parole usate per questi luoghi speciali della città saranno il punto di partenza per un’indagine che intende evocare, al di là di ogni specifica classificazione, il senso della lunga storia urbana e sociale che ce li ha consegnati e l’importante ruolo che il paesaggio esercita nella loro vita, spesso incerta, tra abbandono e esperienze progettuali innovative. Si proporrà una riflessione aggiornata sul rapporto tra città, paesaggio e luoghi collettivi, mettendo a confronto sia contributi di natura storica e culturale, sia esperienze e progetti, compiuti o in corso, orientati alla ricerca di nuove accezioni di spazio comune nella dimensione urbana contemporanea”.
Quello che in prima battuta può apparire il dominio di un colore (il verde?), uno spazio misurabile dal punto di vista ambientale, funzionale, urbanistico, oppure una “scoperta” per chi guarda alla storia del paesaggio urbano nei suoi aspetti meno appariscenti, risulta essere, invece, un terreno scomodo ma promettente, denso di interrogativi per discutere sul valore degli spazi pubblici, del loro significato attuale in relazione alla cultura e alla pratica del paesaggio.
Dispersi nelle frange di vecchie e nuove periferie urbane, i prati – i “nuovi prati”, così come saranno chiamati nel corso delle giornate – sono oggi spazi in attesa che ci interrogano sul valore della socialità, sul senso del bene comune, sulla necessità di abitare un tessuto connettivo che ha bisogno di uno sguardo di sintesi, oltre le diverse visioni disciplinari.
I prati sono stati storicamente luoghi delle fiere, dei mercati, di intensi scambi leciti e illeciti, fino a quando una diversa struttura urbana e sociale ne ha ridisegnato i confini, ha modificato la loro percezione fino a riconoscere anche nell’abbandono una potenzialità. La natura di questi luoghi, caratterizzati da dimensioni estese, assenza di un disegno strutturato, multifunzionalità più o meno voluta, sollecita uno sguardo paesaggistico, capace di cogliere il senso della loro interezza.
La grande spianata dei musei di Amsterdam – il Museumplein, progettato dal paesaggista Sven-Ingvar Andersson – sarà in questo senso un punto di riferimento alto, come è stato nel 2008, quando il luogo venne insignito del Premio Carlo Scarpa per il Giardino. Questo esempio si pone a cavallo tra la storia dei “prati” fuori porta e la lunga stagione, ancora in corso, delle molte spianate e degli spazi che l’abbandono di attività industriali e infrastrutture consegna alla città contemporanea. In questi luoghi si gioca la scommessa di un nuovo paesaggio che guarda, per esempio, al “ritorno” di comunità di piante spontanee come questione progettuale, così come alla diffusione delle molte “azioni dal basso” con le quali altre comunità, quelle cittadine, mettono in gioco nuove forme di uso, di socialità, di pratiche paesaggistiche.
Il programma delle giornate prevede una successione di quattro sessioni che partono dai “prati” nella storia e nella cultura del paesaggio, per passare ai modi in cui la cultura urbanistica e architettonica ha pensato al ruolo e all’immagine di tali spazi. La struttura del paesaggio urbano, l’interazione dell’uomo con la vegetazione “spontanea”, il progetto occupano la terza sessione, mentre nell’ultima si svolgerà un confronto tra esperienze che operano in un campo pervaso da molte angolazioni, tutte orientate a un nuovo modo di pensare il progetto, “informale”, così come sono i prati sin dalla loro nascita.
Questi e altri temi attraverseranno le due giornate, senza dimenticare l’apporto di letture diverse come quelle offerte dalla cinematografia, dove gli spazi urbani non edificati diventano luoghi elettivi per comprendere la mutabilità dell’idea di rappresentazione e “nuovi prati” polisemici lasciano intravvedere un mondo e una città nuovi.
Con il tema di quest’anno la Fondazione prosegue la discussione già avviata nel 2016 con uno dei suoi workshop, quello sul “Prato della Fiera. Treviso, il Sile e il paesaggio di un grande spazio pubblico”, organizzato in collaborazione con il Comune di Treviso, un’esperienza svolta sul campo che ha rappresentato un momento di approfondimento su un vasto vuoto urbano sedimentato nella storia della città.