Voto del nuovo Iran: ma adesso più libertà

Con il voto di ieri, venerdì 26 febbraio, l'Iran ha scritto il secondo atto del suo nuovo corso. Il primo, i cui effetti sono ancora agli inizi, si è avuto in luglio con la revoca delle sanzioni, grazie alla mediazione di Papa Francesco, decretata dalle Grandi Potenze dopo la promessa di Teheran di limitare lo sviluppo del nucleare a soli scopi civili.
Ciò ha permesso all'Iran di ricominciare a esportare il petrolio e trattare investimenti con tutto il mondo. Buone le prospettive anche per l'Italia, e in particolare per la nostra regione, come testimonia la recente visita di Deborah Serracchiani.
Ma il Paese, dopo tante promesse non mantenute, non si fida (non tanto delle aperture dell'Occidente, quanto di quelle all'Occidente) e infatti i partiti riformisti han sudato le proverbiali sette camicie per chiamare alle urne gli elettori, specialmente i giovani che sono la stragrande maggioranza in questo Stato a enorme sviluppo demografico. Il popolo è infatti alle prese con due urgenze: l'elevato costo della vita e l'alta disoccupazione.
La mobilitazione delle piazze chiesta dai partiti riformisti ha inalberato lo slogan “Adesso più libertà”, ma resta il fatto che il vero arbitro della situazione resta il successore di Khomeini, l'ayatollah Alì Khamenei.
Lo era ai tempi del 'duro' Ahmadinejad e del moderato Khatami, ora scomparso dalla scena politica, e lo è anche adesso che al vertice c'è il Presidente religioso e riformista Hassan Rohani, che questo voto ha comunque rafforzato in vista della rielezione l'anno prossimo, alla scadenza del suo quadriennio.
Ieri si è votato per rinnovare per 4 anni il Parlamento (il decimo dalla caduta dello Scià), attualmente dominato dal blocco conservatore. Ancor più decisiva per il futuro del Paese è la composizione della potente Assemblea degli esperti: agli 86 membri scelti tra i 166 candidati ammessi dai Guardiani della Costituzione, anche loro a forte maggioranza conservatrice, spetterebbe il compito di scegliere l'erede della Guida Suprema nel caso morisse durante gli 8 anni del loro mandato.
Come accennato, tutto ruota attorno alla figura di Alì Khamenei che ha 76 anni e resta depositario dell'ultima parola su qualsiasi decisione nazionale.

Augusto Dell’Angelo
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