Venti di tempesta e siluri in Rai

Sembrava solo gossip o peggio, delle mezze bufale lanciate nell’agorà dell’informazione per creare subbuglio e risvegliare vecchie polemiche. Ed invece ecco che la questione delle nomine Rai e dei conseguenti incarichi e palinsesti diventa una realtà. Un boccone aspro che rischia di diventare amaro per Matteo Renzi e per i suoi collaboratori, tanto che nella maggioranza di governo si cominciano a fare le prime ammissioni: «Sulla Rai ci siamo sbagliati, abbiamo nominato le persone sbagliate».
E anche se l’idea che non sia proprio tutto da buttare e nel mirino delle forze politiche che sostengono il governo Renzi non entreranno tutti i nominati, è pur vero che sui vertici aziendali si comincia a sentire un giro d’aria, non più degli spifferi, ma una brezza maligna e insistente che presto diventerà tempesta. Il primo spiffero è stata la bordata dell’Anac sulle 21 assunzioni esterne giudicate inopportune, un fuoco amico, quello di Cantone che probabilmente i guru della comunicazione renziani non si aspettavano. Gli altri spifferi sono poi venuti dal crollo generalizzato negli ascolti, dal fatto che i telespettatori si sono resi conto del pensiero unico imperante lasciando viale mazzini per la più pluralistica La7. C’è poi la notizia che arriva dall’agenzia delle entrate e dal mezzo flop del canone in bolletta che pare non stia portando nelle casse pubbliche i soldi sperati.
Insomma molti “spifferi” fanno giro d’aria e presto dall’uscio o dalla finestra potrebbero essere risucchiati in molti. Del resto che qualcuno stia già armando i siluri è molto chiaro tanto che il deputato del Pd Michele Anzaldi, considerato l’antenna trasmittente dei malumori di Palazzo Chigi nei confronti della tivù pubblica ha già tuonato e quando parla lui significa che le decisione ai vertici sono state prese e che si attende il momento giusto per colpire. Che il livello di guardia secondo Renzi è stato superato lo si legge chiaramente nelle parole di Anzaldi: «L’amministratore delegato della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, va commissariato» ha detto il membro della Commissione di Vigilanza sulla sulla Rai, «fa solo gaffe. Taglia conduttori e perde ascolti. Pasticcia su contratti. E si espone alla magistratura contabile. Non ne imbrocca una». «Gli sono state date le chiavi di casa e lui ha bruciato la casa», rincara la dose Anzaldi, «Renzi non c’entra, – afferma poi incurante del fatto che gli potrebbe crescere il naso -, Campo Dall’Orto non è un uomo del Pd, era solo quello con il miglior curriculum».
Insomma il capro espiatorio è già stato identificato, sue tutte le colpe, tesi che salverebbe anche Daria Bignardi che ha praticamente già scaricato Dall’Orto. La goccia che sta facendo traboccare il vaso sono le notizie sul “gradimento” della trasmissione Politcs incapace di superare il 3% di ascolti già dopo tre puntate, il programma del martedì sera che avrebbe dovuto far rimpiangere Ballarò del silurato Massimo Giannini (che ora gongola). Ma non solo il Martedì sera, a fare acqua è l’intera gestione della rete, con un crollo generalizzato dello share e la sostanziale altalena nel palinsesto, all’interno del quale è difficile trovare un anima che appassioni i telespettatori, un filo conduttore che invece sembra aver trovato la La7 che rischia di prendere il largo. La preoccupazione di Renzi &c è molto precisa ed è sempre legata alla madre di tutte le battaglie, il referendum. La7 sta offrendo alla sponda anti-renziana estromessa o marginalizzata di fatto dai palinsesti Rai, il margine per fidelizzare nuovi ascoltatori, svolgendo lei, rete privata che più privata non si può, il ruolo di servizio pubblico. Per tutto questo è partito in queste ore un attacco che non ha precedenti nella pluridecennale storia dei rapporti fra l’emittente di Stato e il suo azionista di riferimento pubblico. Bordate che passano attraverso la sconfessione di colui che è stato indicato proprio dal premier. Un segno tangibile di quanto Renzi abbia a cuore le sorti della Rai o meglio le sorti della consultazione referendaria.