Venti di guerra contro il califfato soffiano impetuosi. Possibile l’attivazione delle norme di difesa Nato e Ue che prevedono la reazione comune in caso di attacco a uno Stato membro

Nella notte scorsa si è avuta una  prima risposta militare di Parigi agli attacchi terroristici di venerdì notte, bombardamenti intensi di caccia francesi hanno martellato  Raqqa, la città siriana considerata il quartier generale dell'Is in Siria.  Almeno 30 raid in poche ore per colpire obiettivi che secondo il  ministero della Difesa di Parigi erano centri di addestramento e depositi di munizioni.  Ma al di là della inevitabile e necessaria risposta ritorsiva  francese c'è una questione che si sta dibattendo negli ambienti diplomatici e militari, se gli attacchi coordinati di Isis a Parigi che hanno lasciato a terra oltre 120 morti e centinaia di feriti, siano da considerasi alla stregua di un attacco militare, di una aggressione da parte di uno Stato, in questo caso l'Is o califfato, evenienza che farebbe scattare la clausola prevista dall'articolo 5 della Nato che prevede in caso di aggressione ad un Paese membro l'automatica difesa comune. La questione non è semplice dato che l'articolo era stato concepito in una logica di difesa nell'epoca della guerra fredda e non certo per l'evenienza di attacchi di natura terroristico-militare. In molti comunque invocano, in mancanza di una autorizzazione dell'Onu un intervento globale da parte degli Alleati della Francia contro il gruppo Stato Islamico, che ha rivendicato la responsabilità per gli attacchi. Lo stesso presidente Hollande ha già richiesto  agli altri Paesi dell'Unione europea di attivare, al di là della Nato,  l'articolo 42 del Trattato che prevede l'aiuto degli Stati membri al partner aggredito.  Mentre i leader mondiali hanno definito gli attacchi un “atto di guerra” e i media internazionali hanno parlato di Terza Guerra Mondiale, gli esperti di sicurezza hanno confermato che potrebbe esserci effettivamente l'attivazione delle clausole Nato e Ue di salvaguardia dalle aggressioni esterne, ovvero la clausola che dichiara che un attacco contro uno degli aderenti al Patto Atlantico o allaUe  debba essere ritenuto un attacco contro tutti gli altri. Il presidente francese Francois Hollande ha promesso una risposta “senza pietà” nei confronti dello Stato Islamico e ha detto che le forze di sicurezza della Francia sono state mobilitate “al più alto livello possibile” che vuol dire anche che gli attacchi dei Mirage francesi in Siria saranno intensificati. Ma la domanda adesso è se gli attacchi di venerdì scorso porteranno ad una risposta simile da parte dei 28 membri dell'Alleanza, un freno a questa evenienza viene tuttavia dal fatto che la Russia, pur d'accordo per un intervento contro il califfato non potrebbe accettare che sia la Nato a prendere in mano la situazione militare. La clausola di difesa presente nel trattato fondativo della NATO stabilisce che, se invocato, ognuno dei membri dovranno assistere la parte che è stata attaccata. Le risorse militari della NATO includono oltre 3 milioni di soldati, 25000 aerei e 800 navi da guerra, secondo Foreign Policy. L'unica volta che l'articolo 5 stato invocato è stato in seguito agli attacchi del 11 settembre 2001 contro le città di New York e Washington, che portarono alla partecipazione della NATO nelle missioni militari in Afghanistan. Nel caso in cui la Francia dovesse diventare il secondo paese ad invocare tale clausola, gli ambasciatori delle 28 nazioni dovrebbero iniziare consultazioni per determinare un piano d'azione. L'ultimo paese a richiedere una tale consultazione era stata la Turchia dopo gli attacchi dello Stato islamico nel 2014. Ma gli equilibri internazionali fanno pensare che sarà più probabile che venga trovato un accordo complessivo in sede Onu e che l'azione militare, anche di terra,vi sarà ma con una coalizione di “volenterosi” di cui farebbe parte anche la Russia, dato fra l'altro che un accordo sulla transizione del dopo Assad sarebbe stata già trovata fra Usa e Russia. Interessante è quanto arriva dagli ambienti militari, una dichiarazione di James Stavridis è stata pubblicata su Foreign Policy. Stavridis è ammiraglio della Marina in pensione ed ex comandante in capo della NATO in Europa, considerato grande conoscitore dei meccanismi della difesa: “C'è un tempo per utilizzare risposte morbide nell'affrontare la questione mediorientale, ma arrivano anche tempi in cui è necessaria usare la forza. È responsabilità della NATO riconoscere che in questo momento c'è bisogno della seconda. Lo Stato Islamico, ha aggiunto Stavridis, è un'organizzazione apocalittica destinata ad essere eradicata”. Un segnale che qualcosa davvero si muove è venuto anche dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg che a poche ore dagli attacchi alla Francia ha affermato che l'alleanza sarà al fianco della Francia e che resterà “forte e unita contro il terrorismo”. Sebbene la Francia non abbia annunciato per ora l'intenzione di invocare l'articolo 5, Stoltenberg ha detto al Wall Street Journal che i membri della NATO sono pronti a fornire assistenza. “La cosa importante è che noi saremo al fianco delle autorità francesi nella loro determinazione contro la minaccia terroristica” ha detto Stoltenberg. Come è noto sinora c'è stata molta riluttanza da parte degli Stati Uniti, soprattutto per ragioni di politica interna, ad inviare truppe in Siria o in Iraq, ma gli analisti ritengono che gli eventi che si sono scatenati negli ultimi tre giorni, gli attacchi a Parigi ma anche quello a Beirut, dove degli attacchi suicidi dello Stato Islamico hanno ucciso 43 persone e ne hanno lasciato ferite oltre 200, hanno mostrato che c'è bisogno di ben altro che gli attacchi aerei per stroncare la minaccia internazionale posta dal califfato.

Il testo del trattato atlantico