Venezuela: una storia di ingerenze già vista. Un non allineamento per l’Italia sarebbe una novità, a patto di diventare motore di dialogo

Cerchiamo per quanto possibile di fare chiarezza sulla situazione Venezuelana. Iniziamo con il dire che gli Usa e la loro politica estera, che un tempo si chiamava imperialista, è sempre la stessa. Di esempi negli ultimi settan'anni e perfino negli ultimi 10 anni ve ne sono moltissimi, ma per rimanere in ambito sudamericano ricordiamo il Cile. Certo Maduro non è Allende, ma non è neppure Pinochet come viene descritto oggi, così come,  non lo è “l'autoproclamato” Guaidò e, speriamo per il bene dei venezuelani, che nessuno dei due “presidenti” venezuelani assuma i comportamenti che furono del golpista massacratore cileno. Ricordiamo quindi quando avvenuto nel non tanto lontano 1973 quando, era l'11 settembre, Salvator Allende presidente del Cile legittimamente eletto ma di ispirazione socialista è quindi sgradito agli Usa, fu deposto con l'uso della forza tramite un golpe dell'esercito cileno, segretamente appoggiato dalla CIA e dall'allora amministrazione del Presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon. Il golpe arrivò dopo che  per quasi l'intero mandato di Allende, gli Usa s'impegnarono nel minare la stabilità del Paese, tramite l'utilizzo di considerevoli operazioni di boicottaggio economico più o meno legali e pagando profumatamente agitatori. Le similitudine con la situazione venezuelane di oggi ci sono e sono molte, al netto degli errori compiuti dalla politica venezuelana sia in epoca Chavez che poi in maggiore misura con l'avvento di Maduro. Ma la similitudine più eclatante è che esattamente come nel 1973 si cerca di imporre un presidente appoggiato dalla CIA e non più segretamente dall'amministrazione del Presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump. Il  typhoon  non cerca neppure di nascondere la sua tracotante ingerenza sventolando perfino l'opzione militare. Se la storia ha quindi qualcosa da insegnare, la prudenza in questa vicenda dovrebbe essere una linea guida imprescindibile e quindi, anche se per ragioni diverse e sicuramente meno solide, la posizione di non allineamento fino ad oggi assunta dall'Italia non è così folle come la narrazione mainstream vorrebbe far intendere. Consideriamo che da sempre la linea guida della politica internazionale a stelle e strisce è stata quella dell'America First, diventata slogan non solo per bocca di Donald Trump , ma già abbondantemente usata prima di lui dai presidenti degli Stati Uniti Woodrow Wilson e Warren G. Harding. Insomma Donald Trump non ha inventato nulla  se non la sua superbia applicata apertamente al governo del mondo,   senza contare che con sfumature diverse la politica estera Usa, anche in presenza di presidenti democratici, non è mai stata sostanzialmente diversa dal dopoguerra ad oggi. Ci si illude che Washinton voglia bene a qualcuno che non sia statunitense, tutto infatti gira intorno agli interessi geopolitici, economici e petroliferi Usa. Noi occidentali d'Europa ci illudiamo che gli “americani” ci vogliano bene. Certo in molte occasioni c'è stata coincidenza di interessi e l'alternativa geopolitica non è mai stata credibile,  ma bastava solo che si paventasse l'ipotesi di smarcamento atlantico che anche nel nostro paese, scattavano contromisure perfino di natura stragista, quando non ingerenze economiche e politiche. L'elenco sarebbe lunghissimo, dal finanziamento all'autonomismo siciliano per arrivare alle stragi di mafia e terrorismo e poi oltre.... Quindi questo coro internazionale pro-Guaidò ci doverebbe consigliare, per onestà intellettuale se non altro,  quantomeno prudenza non solo per la fretta con cui Trump ha riconosciuto nell'autoproclamato presidente l'uomo nuovo della provvidenza per il “bene” del popolo Venezuelano, ma anche perchè i principali paesi dell’Unione Europea hanno riconosciuto in maniera praticamente acritica la legittimità di Juan Guaidò sul quale si sta costruendo una gigantesca narrazione mediatica positiva, oscurando o minimizzando la realtà che vede il Venezuela fortemente diviso. I filmati delle adunanze di Guaidò si sprecano mentre le altrettanto numerose di Maduro non trovano che lo spazio di qualche frame in campo corto.  Guardiamo la cronologia dei fatti: Juan Guaidò presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela lo scorso 23 gennaio si è autoproclamato leader del paese sudamericano a scapito del presidente Nicolas Maduro. Guaidò aveva in tempo reale ottenuto il riconoscimento degli Stati Uniti, mentre l’Europa aveva chiesto a Maduro di convocare entro una settimana delle elezioni democratiche. Una richiesta diventata ultimatum di 8 giorni, ormai scaduto facendo scattare il minacciato riconoscimento. Una posizione quella europea di grande ambiguità perchè non si può parlare di pace in punta di “ultimatum”, gli ultimatum in diplomazia sono da sempre azioni ostili e vengono sventolati quando non si vuole trovare alcuna mediazione se non la capitolazione dell'avversario. Una foglia di fico per coprire le “vergogne” di una decisione già presa. Che la gran parte dei paesi europei riconosca Guaidò come presidente costituzionale ad interim fino allo svolgimento di elezioni credibili non è quindi necessariamente una ragione per accodarsi. L’Italia ufficialmente non ha espresso una posizione, ma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato che “quella del Venezuela è una condizione particolarmente rilevante anche per l'Italia perché il legame tra Italia e Venezuela è strettissimo, per i tanti italiani che vivono in Venezuela e per i tanti venezuelani di origine italiana” e quindi“questa condizione ci richiede senso di responsabilità e chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e tutti i nostri partner dell'Unione europea. D’altronde nella scelta che si propone non vi può essere né incertezza né esitazione: la scelta tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato, e dall'altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile”. Insomma in assenza di una iniziativa governativa che vede il M5S e la Lega di Salvini divisi, ma non è una novità, è intervenuto su linea atlantica Sergio Mattarella i cui richiami sono spesso condivisibili, ma non questa volta. Anche se servirebbe maggior chiarezza questo atto di non allineamento dell'Italia marcava una differenza, il limite che rende la posizione debole e quindi attaccabile è che andava accompagnata da azioni concrete per favorire il dialogo in Venezuela e non lo scontro, ma è evidente che non vi sono nel governo giallo-verde figure autorevoli e di carisma internazionale in grado di mediare. Del resto in ossequio all'art. 11 della Costituzione si dovrebbe “lavorare per la pace e non per la guerra”, non si tratta di esprimere o meno apprezzamento verso il governo di Maduro ma di rispettare il diritto internazionale, la democrazia e l’indipendenza dei popoli. Il nostro paese in sostanza dovrebbe promuovere una diplomazia di pace, schierarsi contro le ingiuste sanzioni e il furto delle ricchezze perpetrato ai danni del Venezuela che è stato progressivamente strangolato dall'esterno, promuovendo invece il rispetto del diritto all’autodeterminazione ma senza ultimatum. L’Italia ad esempio dovrebbe promuovere la conferenza internazionale di Montevideo che Messico e Uruguay hanno convocato per giovedì prossimo per riunire "i principali paesi ed organizzazioni internazionali" che condividono con loro "una posizione neutrale" rispetto alla crisi in Venezuela. La conferenza era stata annunciata dal ministero degli Esteri uruguayano in un comunicato che però non ha trovato, guarda caso, grande eco sulla stampa italiana, tutta impegnata a perorare la causa di Guaidò anche con qualche intento di politica interna per dimostrare l'inadeguatezza del governo Lega M5s. Intendiamoci Guaidò potrebbe avere tutte le ragioni dalla sua parte e Maduro essere un arrogante incapace, ma oggi l'autoproclamato appare come uno strumento nelle mani di un orribile burattinaio dai capelli rossi e tanto basterebbe per essere prudenti.

Fabio Folisi