Uomini illustri nello studio del Duca

Giusto di Gand (Joos Van Wassenhove) - Pedro Berruguete (Paredes de Nava) San Tommaso d’Aquino

Giusto di Gand (Joos Van Wassenhove) - Pedro Berruguete (Paredes de Nava)
San Tommaso d’Aquino

Un ciclo di Uomini illustri effigiati da grandi maestri, una straordinaria raffigurazione ad intarsio di libri, armi, insegne, strumenti scientifici e musicali, un trionfo illusionistico mai visto prima tra rivestimenti parietali e soffitto: è lo Studiolo di Federico II da Montefeltro (Gubbio, 1422 – Ferrara, 1482) finalmente ricostruito nella sua interezza in una esposizione che si preannuncia di straordinario interesse, alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino e visibile fino al 12 luglio. L’evento, davvero eccezionale, si avvale di un catalogo altrettanto significativo, forte di alcune firme tra le più prestigiose nel campo degli studi storici e artistici.

Il luogo è Urbino e il personaggio Federico II Duca di Montefeltro: una corte e un uomo riconosciuti da tutti come tra i più rappresentativi del Rinascimento italiano. Straordinario uomo d’armi (si dice che la sua sola presenza sul campo di battaglia bastasse a terrorizzare gli avversari) stretto amico di Lorenzo de Medici, ma anche implicato nella congiura dei Pazzi, probabilmente non estraneo alla barbara uccisione del giovane fratellastro Oddantonio che gli aprì la strada verso il potere, estremamente religioso - fu affascinato e colpito dalla figura di San Bernardino da Siena, che conobbe e frequentò durante la permanenza di questi nelle sue terre - apprezzato ed onorato dai papi, ma non certo incline a sostenerne le mire espansionistiche, tanto che trovò la morte a Ferrara, ormai anziano, zoppo e orbo da un occhio, combattendo proprio contro le truppe papali e di Venezia, Federico II con le sue contraddizioni e le sue grandezze è un tipico esponente del suo tempo. Se di lui esiste ovviamente una vasta bibliografia, spesso incentrata sul ruolo di grande mecenate e appassionato d’arte che ricoprì in circostanze senz’altro favorevoli. Sono noti, in particolare, i suoi rapporti d’amicizia con Piero della Francesca: e proprio alla Galleria di Urbino appartengono alcuni straordinari capolavori dell’artista di Borgo di San Sepolcro. Oggi in questo superbo complesso viene ricomposta una delle testimonianze più rare e preziose del Rinascimento, per l’appunto lo Studiolo del Duca nella sua veste originaria, vale a dire prima dello smembramento dei dipinti avvenuto nel corso del Seicento. image 2(2)

Lo Studiolo ha rappresentato per secoli una tappa basilare per chiunque volesse studiare le grandi figure dell’epoca rinascimentale o rendersi conto del clima che si respirava sul versante artistico nello straordinario palazzo di un signore di grande prestigio, e di quali fossero i suoi gusti e i suoi ideali. Furono chiamati a dar forma ad esso artisti allora tra i primi per fama e maestria: le tarsie presero fisionomia grazie ai disegni e al lavoro di Botticelli, Bramante, Francesco di Giorgio, Benedetto e Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli; mentre i Ritratti di uomini illustri del passato e del presente disposti su due registri, furono eseguiti da Pedro Berruguete e Giusto di Gand, dal momento che “non trovando maestri a suo modo in Italia che sapessino colorire in tavole a olio, mandò infino in Fiandra per trovare uno maestro solenne e fello venire ad Urbino...”. Ma l’intero complesso è una realizzazione tra le più alte e tipiche del Rinascimento italiano, in linea con le idealità del tempo suggerite dai temi petrarcheschi e neo platonici incentrati sulla solitudine e la meditazione come stimolo per l’azione, ed ideato per esaltare il complesso di quei valori etici e morali di cui la figura del duca Federico doveva rappresentare l’immagine vivente.

Dante Alighieri

Dante Alighieri

La metà dei ritratti furono acquistati dallo stato italiano nel 1936, i restanti 14, attraverso varie vicende, entrarono a far parte delle collezioni del Louvre nel XIX secolo. E' la prima volta che essi ritornano in Italia e per l’occasione si offriranno allo sguardo degli addetti ai lavori e dei visitatori, che immaginiamo numerosissimi, posti nella loro posizione originale, grazie alla collaborazione tra tutte le istituzioni italiane interessate e lo stesso Museo del Louvre.