Ucraina e Brasile agli antipodi ma hanno gli stessi problemi

Strano, ma vero. Due Paesi agli antipodi del globo e che fino a poco tempo fa erano colossi dell'economia (l'Ucraina granaio dell'Europa e il Brasile emergente in America) hanno ora gli stessi problemi, anche se sono in parte diverse le cause che li hanno determinati. Unici punti in comune la corruzione che dilaga in entrambi e la recessione.
L'accordo stipulato con Putin in febbraio a Minsk ha 'congelato' il conflitto con le milizie separatiste dell'Est appoggiate dalle truppe di Mosca, ma l'Ucraina continua a vivere nel dramma di una guerra d'attrito che da allora ha causato oltre 150 morti fra i militari e molti altri tra i civili.
L'Europa, tutta intenta a seguire i pericoli della 'grexit' e l'emergenza-emigrazione, sembra essersene scordata, ma non è così a Kiev dove l'attuale stallo demoralizza la gente che sta voltando le spalle al Presidente Petro Poroshenko, eletto lo scorso anno col 54% dei voti e adesso precipitato sotto il 15.
Il crollo del sostegno alla leadership politica è dovuto al suo impaccio e alla sua lentezza nell'attuare le riforme promesse dopo la rivoluzione del 2014 e alla sua incapacità di porre freno alla corruzione.
Di questo si avvantaggia la Destra estrema del “Pravy Sektor” che si avvale di una milizia para-fascista. Giocano a suo favore anche la recessione a doppia cifra, l'inflazione al galoppo e la caduta libera della valuta nazionale.
Un salto oltre l'Atlantico per porre nel mirino le difficoltà del Brasile, fino a un anno fa tra le 'tigri' dell'economia mondiale e ora con il Pil fermo e in coda tra i Paesi più industrializzati (peggio fa soltanto la Russia, colpita dalle sanzioni occidentali per la crisi ucraina).
Molte colpe le ha la Presidentessa Dilma Rousseff, subentrata 4 anni e mezzo fa al carismatico e popolarissimo Lula. Ha fatto saltare la politica di rigore che era stata benefica per il Paese, ha aumentato l'intervento pubblico, la spesa e gli incentivi al consumo, ma ha attenuato il rigore fiscale e diminuito il controllo sull'inflazione.
E poi c'è la corruzione, talmente endemica in Brasile da impedire anche al più onesto dei politici locali di tenersene lontano. I casi più clamorosi sono quelli di un ex ministro in manette e le tangenti per l'azienda petrolifera pubblica.
L'economia in calo addirittura del 2,6% in un anno dopo il decennio d'oro induce molti osservatori a ipotizzare un clamoroso ritorno di Lula al timone del Paese. Visto che, altrimenti, sarebbe probabile la vittoria dell'opposizione conservatrice, l'ex Presidente si è detto disposto a candidarsi di nuovo nel 2018.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it