Trieste Airport. Fedriga spiega quali clausole di salvaguardia vorrebbe imporre agli acquirenti. Intanto si riaffaccia l’ipotesi Save la società che gestisce Venezia e Treviso

Anche se è evidente che annunciare la nuova gara di vendita dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari in prossimità di Ferragosto era un puerile tentativo di far passare inosservata o quasi la questione, qualcuno, FriuliSera in testa, si è accorto che la vicenda evolveva in maniera quantomeno semplicistica con un rischio reale di svendita di un patrimonio pubblico. Così dopo l'approvazione all’unanimità delle linee guida per la creazione del nuovo documento sulla base della proposta fatta dall’assessore alle Infrastrutture, Graziano Pizzimenti ad intervenire si è visto costretto il governatore, Massimiliano Fedriga che ha spiegato le ragioni della scelta: «puntiamo ad un partner che voglia sviluppare il traffico e i vettori, dando un servizio alle imprese e ai cittadini per garantire la mobilità e gli investimenti». Fedriga ha poi spiegato che nella visione della Regione, che oggi detiene il 100% delle azioni e che poi ne deterrà solo il 45%, siederà al tavolo del Consiglio di amministrazione e che le scelte strategiche «dovranno essere approvate all’unanimità. Se non verranno raggiunti gli obiettivi – aggiunge Fedriga – ci saranno prima delle penalizzazioni di carattere economico e poi la possibilità per l’ente di ricomprare ad un prezzo ridotto le azioni. Dobbiamo puntare a un milione e 200 mila passeggeri entro quattro anni». Insomma contrariamente ad ogni meccanismo societario che prevede che chi ha la maggioranza comandi, la Regione vorrebbe introdurre dei limiti alla potestà dei privati. Spiega Fedriga: “le scelte strategiche dovranno essere approvate all’unanimità. Se non verranno raggiunti gli obiettivi – aggiunge Fedriga – ci saranno prima delle penalizzazioni di carattere economico e poi la possibilità per l’ente di ricomprare ad un prezzo ridotto le azioni. Dobbiamo puntare a un milione e 200 mila passeggeri entro quattro anni”. C'è da ritenere che se fosse davvero così, difficilmente i privati entreranno davvero in gioco, a meno che, come è probabile, i vincoli sbandierati da Fedriga, si palesassero per quello che probabilmente potrebbero essere, facilmente aggirabili, perchè rispetto alla legge che regola in generale i rapporti societari non ci sono clausole contrattuali che tengono. Intanto c'è da registrare un certo “fermento” nel settore ed un possibile rientro in gioco della società Save, il concessionario che gestisce l'aeroporto di Venezia-Tessera e Treviso, azionista di riferimento del Catullo di Verona che dal vecchio bando si era tenuto lontano. Inutile dire che sono molti gli interessi “convergenti” con quella società anche dal punto di vista politico. Non a caso infatti oggi il quotidiano Il Piccolo ha chiesto ad Enrico Marchi, presidente di Save la sua opinione ricevendo una ovvia risposta dilatoria «Prima di esprimerci in qualsiasi modo, è necessario per noi valutare il nuovo bando». Il quotidiano triestino interpreta la frase di Marchi come una possibile apertura in considerazione, spiega il Piccolo, che “il 55% del pacchetto significa un notevole passo avanti. Cade, infatti, uno dei due paletti principali che avevano tenuto lontana Save da Trieste. Le condizioni che Marchi ha più volte espresso negli ultimi mesi (e che da quando ha iniziato ad interessarsi all'aeroporto friul giuliano ormai quasi cinque anni fa) erano sulla possibilità di incidere sulla governance dello scalo e quindi esprimere il management e riguardano, paletto che bisogna capire se cadrà, la valorizzazione di Aeroporti Fvg”. Insomma i suggerimenti per la stesura del documento base per la nuova gara arrivano anche via stampa, non solo quello sulla governance, ma anche quello sulla valutazione del valore dello scalo. Spiega ancora il Piccolo: “La valutazione a 70 milioni che comprendeva anche i contributi regionali, che come tali sono sottoposti a logiche politiche prima che industriali, avevano tenuto lontano Marchi. Abbassare il prezzo è, con il quadro politico attuale poco friendly nei confronti delle infrastrutture, è oggi ancor più una discriminante. Dopo che la gara per la cessione della minoranza, pari al 45% per un valore di 40,4 milioni di euro, era andata deserta, Marchi è dunque pronto a guardare le carte. Con mille cautele e una certezza: il prezzo dovrà essere più basso e questa è una condizione imprescindibile”. Insomma la vicenda dello scalo friul-giuliano è tutt'altro che conclusa, in Regione fra l'altro c'è chi spera che l'operazione possa in qualche modo essere resa collaterale con altre vicende infrastrutturali ancora aperte in regione, non tanto in una logica di integrazione relativa all'area trasporti, ma più banalmente relativa all'area finanziaria. Perchè è noto, più è grande la torta, più grosse sono le briciole che cadono dal tavolo quando la si taglia.