Torna l’Afrika Korps in Libia? Italia e Germania fanno pressione per la formazione del nuovo governo a Tripoli. Gentiloni e von der Leyen: “se richiesto pronti a operazione militare”

Italia e Germania pronte a un operazione militare in Libia. La notizia che evoca tristissime vicende storiche, è di queste ore, ma è legata non più ad avventure coloniali ma alla stabilizzazione del paese nordafricano travagliato da una drammatica guerra civile. E' però chiaro che l'idea che una rinnovata “afrika korps” sbarchi a Tripoli e dintorni fa una certa impressione, anche se dovesse vestire le vesti delle nazioni unite. L'accelerazione dell'intervento di cui si parla da molte settimane, se non da mesi sarebbe reso necessario non solo dal permanere di una instabilità nel paese nostro dirimpettaio, ma dalla avanzata dell'Isis e di altre forse di matrice islamista come boko haram che cerca di farsi spazio nel caos libico. Un pericolo troppo grande per l'Europa si instaurino delle cellule jihadiste a poche miglia marine dalle frontiere europee ed italiane, tropo vulnerabili le centinaia di chilometri di coste del italiane che sono frontiera continentale. Così ieri il ministro degli esteri Gentiloni l'ha detto chiaramente: L'Italia è "pronta" a collaborare in eventuali operazioni militari in Libia, "se richiesto" ha aggiunto. L'affermazione in conferenza stampa a Bruxelles al termine del consiglio Affari esteri e facendo riferimento proprio alle dichiarazioni del ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen, che aveva poco prima annunciato che la Germania non ha escluso l'invio di soldati in Libia. Gentiloni ha spiegato che la ministra tedesca "ha usato un linguaggio che usiamo da settimane tra Paesi alleati sulla Libia", e cioè che "se ci verrà richiesto siamo pronti a dare un contributo e se questo sarà anche da parte della Germania, l'Italia ne sarà compiaciuta". Ad ogni modo, ha aggiunto, "abbiamo bisogno di un passo avanti ulteriore, in discussione in questo momento, con la nascita di un governo libico che possa rivolgersi alla comunità internazionale".
Ma invece il processo di costituzione di un esecutivo libico si è rallentato. É stato infatti rinviato l’annuncio della lista dei ministri del nuovo governo di unità nazionale per dissidi mai sopiti fra le varie fazioni che hanno sottoscritto un fragile accordo in Marocco qualche settimane fa. Un bel problema per la diplomazia mondiale, perché la nascita di un governo che ricomponga la frattura fra Tripoli e Tobruk che sinora ha spaccato la Libia post-Gheddafi è condizione indispensabile per contrastare l’Isis che ha messo radici nel golfo di Sirte. Il 17 gennaio scadeva il termine previsto per la presentazione della lista di governo, scadenza prevista dopo un mese dall'accordo politico per formare il governo di unità nazionale fra i rappresentanti dei due governi di Tripoli e Tobruk firmato a Skhirat, in Marocco.
Così, forse anche per fare pressione e rimettere i contendenti al tavolo delle trattative, da Berlino sono partite voci di un intervento nel Paese del Nord Africa dove il terrorismo dell’Isis ha messo radici e che per di più aggrava il flusso dei migranti verso l’Europa. Intollerabile in un momento in cui alcuni Paesi europei sospendono Schengen (Austria) e altri come la Germania sono alle prese con un acceso dibattito sulle necessità di dare accoglienza ai profughi dopo le aggressioni di massa nella notte di Capodanno a Colonia. Così, la Germania, fino a poco tempo fa molto prudente all'idea di utilizzare la forza in Libia non esclude un intervento militare per stabilizzare il Paese. Lo ha spiegato il ministro della Difesa Ursula von der Leyen in un intervista alla Bild. “La Germania non potrà tirarsi indietro dal dare il suo contributo” ha sostenuto, è fondamentale evitare che il terrorismo islamico istituisca un asse del terrore in Nord Africa. L'Isis cerca infatti delle connessioni con Boko Haram nel centro del continente e se vi riuscisse potrebbe destabilizzare altre parti dell'Africa. La preoccupazione del ministro tedesco è condivisa dall'intera Europa e dal rappresentante speciale Onu per la Libia, Martin Kobler che ha espresso “rammarico per la decisione del Consiglio presidenziale libico di posporre la formazione del Governo di accordo nazionale, perché, ha scritto su Twitter, la Libia non può più attendere”. Pe questo lo stesso Kobler ha chiesto ai due vicepresidenti del Consiglio di presidenza del governo di riconciliazione nazionale della Cirenaica due giorni di tempo, che scadono oggi, per valutare le richieste provenienti da Brega e dare assicurazioni all'esercito nazionale libico. Secondo quanto riporta infatti il sito web libico «Akhbar Libya 24», i due membri del consiglio di presidenza del governo di riconciliazione nazionale libico, Ali al Qatarani e Fathi al Mujbiri, hanno minacciato di autosospendersi dal consiglio a causa delle divergenze sorte nel governo sulle richieste di Brega e dell'esercito, in particolare i due politici chiedono l'aggiunta di un altro posto nel consiglio di presidenza del governo per un rappresentante della zona di Brega e garanzie sul futuro dell'esercito guidato dal generale Khalifa Haftar. Non si tratta come sembrerebbe solo di una questione di poltrone, ma di un riequilibro delle forze all'interno del nascente governo, per questo la situazione non è di facile risoluzione e per questo probabilmente l'Europa in grigioverde in questa occasione a trazione Italo-tedesca ha deciso di gonfiare i muscoli e minacciare l'intervento militare anche di terra, fatto non certo gradito a tutte le fazione libiche. Quanto sarà efficace la pressione o sia un bluff lo scopriremo nelle prossime ore.
Fabio Folisi