Tibet: È morto in prigione Tenzin Delek Rinpoche, Il lama buddhista ingiustamente all’ergastolo da 13 anni

Temiamo che la sua morte non troverà il clamore che meriterebbe. Scontentare la Cina dei grandi affari non è nelle corde di un occidente che bada al sodo, alla finanza e sempre meno ai popoli, perfino ai propri, immaginarsi se ci si potrà scomodare per la morte in carcere di Tenzin Delek Rinpoche, il lama buddhista che stava scontando da 13 anni una condanna all’ergastolo per un crimine mai commesso. Le sue condizioni di salute erano gravi da tempo, ma nessuno lo ha curato. I religioso tibetano Tenzin Delek Rinpoche era un simbolo della lotta per la liberazione del Tibet. Tenzin era stato condannato a morte nel dicembre del 2002 insieme all’attivista 28enne Lobsang Dhondup, per un attentato a Chengdu avvenuto nell’aprile dello stesso anno: l’esplosione di una bomba aveva ucciso una persona e ferito una seconda. I funzionari cinesi si sono sempre rifiutati di fare un processo a porte aperte (al contrario di quanto prevede la legge cinese) e di rilasciare il verdetto o gli atti d’accusa. Mentre Lobsang Dhondup era stato giustiziato nel gennaio 2003, la condanna di Tenzin era stata commutata in carcere a vita. In un rapporto pubblicato a due anni dalla fine del processo, l’Osservatorio per i diritti umani (Hrw) ha dichiarato che il procedimento dell’accusa è “errato dal punto di vista procedurale” e che Tenzin Delek Rinpoche è stato accusato per “ostacolare i suoi sforzi per promuovere il buddhismo tibetano e per sviluppare la società tibetana e le sue istituzioni culturali”. Riconosciuto negli anni’80 dal Dalai Lama come una lama reincarnato, Tenzin Delek Rinpoche è stato un leader della comunità tibetana e per decenni un sostenitore della preservazione dell’ambiente, della cultura, della religione e dello stile di vita tibetani. Secondo la International Campaign for Tibet (Ict) il monaco è stato incarcerato “per un crimine che non ha mai commesso”. Tenzin quindi stava scontando una pena ingiusta nella prigione di Mianyang, nella provincia di Sichuan. L'uomo 65enne soffriva da tempo di problemi cardiaci che, secondo gruppi per i diritti umani, non sono mai stati curati dai suoi carcerieri. Una fonte tibetana di Radio Free Asia, riferisce che “la polizia cinese ha informato i parenti delle sue condizioni di salute critiche, ma quando essi si sono precipitati a visitarlo gli è stato detto che era già morto”. Due parenti del religioso erano a Chengdu, capitale del Sichuan, da più di una settimana nella speranza di poter visitare il loro congiunto sofferente, ma le autorità della prigione non lo hanno permesso. Un’altra fonte afferma che il corpo del monaco non è stato reso alla famiglia dopo la morte. Per fomprendere quanto Tenzin Delek Rinpoche fosse temuto dalle autorità cinesi basti sapere che nel 2010 i tibetani avevano organizzato una giornata mondiale di mobilitazione per il rilascio del religioso, lanciando una petizione e raccogliendo 40mila firme in patria. Secondo la Ict (International Campaign for Tibet), “ciascuno dei 40mila firmatari – che hanno accompagnato la firma con la propria impronta digitale in inchiostro rosso – sa che rischia la sua libertà e forse la sua vita per aver parlato a favore di Tenzin Delek Rinpoche”.