Tagli alla sanità nel Def, fondi a rischio nel mirino prevenzione e vaccinazioni

Ci sono due notizie che oggi dovrebbero preoccupate non poco gli italiani che in realtà sono figlie dello stesso padre governativo. La necessità di nuovo denaro per le voraci casse dello stato, se infatti da un lato la decisione di Renzi di fissare il rapporto deficit-Pil del prossimo anno al 2,3 o 2,4 rende più semplice la strada per l'esecutivo sarà comunque necessario scavare nelel tasche degli italiani se pur apparentemente in maniera indiretta. Nel mirino i soliti noti, almeno 7 miliardi da trovare nei comparti della sanità e dei beni e servizi. Ma ci potrebbero essere delle new entry, nuove risorse dalle partecipate ma anche da nuove entrate come il rientro dei capitali-bis, la lotta all'evasione dell'Iva, giochi e frequenze. Ne sapremo di più domani dato che oggi il Consiglio dei ministri previsto si occuperà della data del referendum e quindi la riunione per l'aggiornamento del Def vedrà la luce martedì 27. In realtà però che a rischio siano fondi peer la sanità è altissimo, addirittura si parla già di tagli mirati ad esempio ai fondi per le campagne vaccinali. Un bell'esempio di politica di prevenzione.
Varicella, meningite, pneumococco e zoster potrebbero essere solo alcune delle vaccinazioni gratuite che, con gli interventi che il governo farà sulla sanità nei prossimi giorni, rischiano di saltare. Già a partire, di fatto, dai saldi fissati dalla nota di aggiornamento del Def. La partita dei livelli essenziali di assistenza (Lea), non riguarda infatti soltanto l’aumento dei ticket. Tema su cui, tra l’altro, si è espressa ieri il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha ribadito di essere «favorevole alla compartecipazione» alle spese sanitarie da parte dei cittadini: «Ne stiamo discutendo nell’ambito del Patto per la salute», senza dimenticare «le nuove povertà» e «le famiglie con molti figli, che vanno agevolate». «C’è un problema di accesso al Servizio sanitario con una parte della popolazione che non vi si rivolge perché non ce la fa», ha ammesso. Insomma senza proseguire la volontà riformatrice dello Stato vista in senzo moderno, chi avrà soldi si curerà o farà prevenzione. Il dramma è che pare che la mano sinistra non sappia quello che fa la mano destra, così mentre si tolgono i fondi, scatta un nuovo piano di vaccinazioni, particolarmente ambizioso ma che rischia di morire prima di veder la luce. I quasi 220 milioni di euro che servono per finanziarlo, infatti, sarebbero da reperire nelle pieghe del Fondo sanitario nazionale che, per le Regioni, dovrà essere confermato a quota 113 miliardi nel 2017 e portato a 115 miliardi nel 2018.
Altrimenti, dicono gli esperti, l'idea delle nuove forme di assistenza rischia di saltare. Il perimetro finanziario dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza (LEA) che sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente) è fissato a 800 milioni di euro, prelevati dal Fondo sanitario nazionale, senza risorse aggiuntive. «In pratica i costi aggiuntivi dei Lea – secondo quanto afferma la Cgil – vanno a gravare sul finanziamento esistente, già pesantemente ridotto per effetto delle ultime leggi di Stabilità». Tra le prestazioni chiave c’è appunto il piano vaccini, dal valore di circa 220 milioni di euro, studiato nei suoi dettagli in relazioni tecniche del ministero della Salute che poi lo ucciderà per esigenze di bilancio. Nel piano che potrebbe restare teoria, ci sono una serie di nuove vaccinazioni gratuite su scala nazionale: varicella, rotavirus e meningococco B nei primi anni di vita, l’anti-papillomavirus e il meningococco tetravalente nei maschi undicenni, pneumococco e zoster per gli anziani. Il costo di questo piano è di 303 milioni di euro, con picchi in Lombardia (51 milioni), Campania (30 milioni), Lazio (29 milioni), Emilia-Romagna (22 milioni), Piemonte (21 milioni), Toscana (18 milioni). Alcune Regioni, però, hanno già anticipato la riforma, investendo una quota di queste risorse: tra le più attive ci sono Sicilia, Puglia e Toscana. In totale, allora, al conto di 303 milioni ne vanno tolti circa 87, con il risultato che la novità, su base annua, costerebbe ben 216 milioni. Questa cifra così grande andrà garantita «a parità di finanziamento complessivo». Con il rischio che i conti non tornino se il Fondo sanitario dovesse essere rivisto. Non è un caso, spiegano dalla Cgil che, approvando i nuovi Lea, le Regioni abbiano voluto inserire un riferimento all’accordo trovato con l’esecutivo sul Fondo sanitario nazionale: in caso di riduzione delle cifre pattuite per 2017 e 2018 (rispettivamente 113 e 115 miliardi), i nuovi livelli di assistenza rischiano di saltare, a partire proprio dai vaccini che, ancora una volta, gli stessi governatori citano nel documento come una delle novità più impegnative.